Khiva: mille matrimoni e un minareto

07 - 09 Febbraio 2016

Arriviamo di buon mattino in frontiera dopo essere scesi dal treno e aver contrattato con l’ennesimo tassista per l’ “Uzbekistan Border”. Come potevamo aspettarci dal lato turkmeno ci controllano anche le mutande, aprendoci tutte le borse possibili e facendo le domande sempre con quell’aria strafottente tipica di queste zone. Ma oramai ci siamo abituati. Vediamo anche un ragazzo giapponese seduto in un angolo; ci spiegano che non ha rispettato la frontiera di uscita riportata nel suo visto di transito. E’ molto giovane, ci dicono che ha 22 anni (viva la privacy comunque), ed ha un visetto tenerissimo. Spero veramente che non facciano troppo… i turkmeni.

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Ciao Iran: gli ultimi giorni di riposo...

02 - 04 Febbraio 2016

I giorni seguenti sono stati dei trasferimenti e delle pause di ristoro. Ma innanzi tutto si doveva tornare a Teheran per il ritiro del nostro visto turkmeno…sempre che ce lo abbiano fatto! Arriviamo nella capitale molto presto, troppo presto come al solito! Aspettiamo le 7e30 e poi ci incamminiamo. Dopo 40 minuti di metro e 2km a piedi raggiungiamo l’ambasciata. L’ufficio visti è incredibilmente aperto un quarto d’ora prima dell’orario ufficiale, gli diamo subito i nostri passaporti e dopo un quarto d’ora interminabile ci vengono restituiti con il visto applicato!!

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Yazd: torri del vento tra i minareti

27 - 28 Gennaio 2016

La notte in autobus passa bene anche se l’autobus a 40 km da Yazd si rompe. Io neanche mi accorgo di nulla, mi ricordo solo di aver provato un’improvvisa pace nel non sentire più il rombo del motore. Arriviamo con mezz’ora di ritardo ma che per noi si traduce in mezz’ora di sonno in più: quasi una benedizione!
La sera prima al terminal di Shiraz avevamo scambiato un paio di battute con due ragazzi, che tra loro parlavano inglese ma che non erano di certo madrelingua e che prendevano il nostro stesso autobus. All’arrivo a Yazd ci chiedono se vogliamo prendere un taxi con loro per il tour dei villaggi nelle vicinanze. Noi non avevamo letto nulla di tutto ciò ma, nell’ottica di prendere tutto come viene, decidiamo di accettare…oramai questo Iran ci ha insegnato ad essere degli “Yes-man”!!

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Ashgabat: un "tripping" tutto bianco

05 - 07 Febbraio 2016

Stamani ci siamo alzati di buon mattino e abbiamo lasciato il nostro alberghetto di Quchan per affrontare la frontiera turkmena. In giro c’è poco movimento, iniziamo a chiedere i prezzi dei taxi ma tutti ci dicono di prendere un savari, alla fine troviamo un “tassista professionista” che dopo averci sparato 600000 rial abbassa a 200000. Accettiamo e partiamo ma prima facciamo tappa a casa sua dove la figlia, che parla inglese, ci dice che siccome non ci saranno altri clienti per andare al confine in realtà ci chiede 400000 rial, ma appena facciamo per uscire dalla macchina il prezzo ritorna a 200000, anche se lui continua a borbottare per tutto il tragitto!!

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Esfahan: "we are a family now"

29 Gennaio - 01 Febbraio 2016

Abbiamo appuntamento con Rasool e Nasibe al terminal degli autobus. Ci hanno offerto ospitalità per 2 giorni tramite couchsurfing. Siamo un po’ diffidenti: cosa può spingere qualcuno a darti ospitalità senza ricevere nulla in cambio? Purtroppo il nostro metro di giudizio all’occidentale ci fa nascere questi dubbi. Comunque non ci facciamo scoraggiare e decidiamo di viverci fino in fondo questa avventura. Dopo poco i nostri dubbi vengono fugati. Già all’arrivo ci portano dell’ottimo pane con feta, pomodori e cetrioli (da loro denominata “bread with flag” per la somiglianza degli ingredienti con i colori della loro bandiera) per rifocillarci e appena a casa ci dicono di rilassarci nella nostra stanza privata con bagno.

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Shiraz: fiori, arance e...vino!

24 - 26 Gennaio 2016

Nel terminal dove ci buttiamo per dormire qualche ora notiamo la presenza di una stanza separata che capiamo poi essere per le donne sole. La sensazione non è quella del ghetto o di qualche forma di segregazione ma più di protezione, allo stesso modo della carrozza della metro riservata. Qui le donne che lo desiderano possono trovare “rifugio” e trovarsi in un ambiente protetto. Ovviamente c’è il rovescio della medaglia perché la nostra sensazione è che se una donna non usufruisce di questi spazi riservati e non utilizza lo chador (il lungo soprabito nero che copre completamente il corpo) è come se desse all’uomo il consenso a spingersi un po’ oltre il consentito (non a tutti ovviamente, ma alle solite mele marce che ci sono in qualsiasi popolo o società) .

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