Gorakpur - Uno schiaffo e una carezza

18 - 19 Agosto 2016

Non ci crediamo, non è vero, non è possibile che ce l’abbiamo fatta. Il grosso arco della dogana con la bandiera color zafferano, bianco e verde si allontana sempre di più alle nostre spalle mentre noi ci addentriamo in questo sconfinato subcontinente. La dogana appena passata è la più bizzarra di quelle passate fin’ora, con i controlli ridotti all’osso, pochissimi funzionari, zero filo spinato e neanche l’ombra di un militare. Probabilmente tra Nepal e India ci sono ottimi rapporti, quasi come tra madre e figlia. Se l’attraversamento del confine non si percepisce dalle lunghe formalità doganali è invece reso lampante dalla straripante caotica umanità che brulica appena passata la frontiera.
La botta è forte: sei sommerso di persone, di colori, di odori, di animali, di macchine, di tutto. Ecco forse la sensazione che più si prova arrivando in India è il sentirsi sommerso da tutto. Percorrendo a piedi la via che ci porta all’ufficio per il timbro di ingresso (si... è posto a 500metri dalla confine) tutto ti assale.

Arriviamo alla polizia di frontiera tra lo scosso e l’eccitato, ma soprattutto siamo stanchi. Erika, che ha sempre vissuto con apprensione l’arrivo in India, è preoccupata di non farcela a sopportare tutto questo per 2 mesi e mezzo. Io cerco di fargli forza anche se con scarso successo. I poliziotti, gentilissimi, ci dicono che poco più in giù lungo la strada c’è una guesthouse oppure possiamo prendere l’ultimo autobus per Gorakpur che parte alle 17e30 e arriva alle 20e30. Andiamo a vedere la guesthouse e, oltre al prezzo esagerato che potremmo facilmente trattare, la struttura non ci piace proprio. Abbiamo bisogno di un posto carino per riprenderci dal lungo viaggio e dall’impatto con questa terra. Così, nonostante siamo entrambi distrutti, prendiamo l’autobus governativo per Gorakpur. Fortunatamente il “controllore” è gentilissimo, il prezzo del biglietto è molto basso e in più facciamo amicizia con una simpatica signora, accompagnata da tutta la famiglia, seduta di fronte a noi. In spezzoni di inglese, indi e italiano ma soprattutto a gesti scambiamo due parole. Loro stanno tornando a casa dopo aver visitato Lumbini, città natale di Buddha. Ci offrono anche dei deliziosi dolcetti che ci rimettono in pace con il mondo e con l’India. Santa donna!! Nel tragitto anche io mi accorgo di essere provato dall’esperienza e per esorcizzarla scrivo due righe sul telefono:

”In India non ci si entra, è l’India che ti assale. E ti spiazza. Prima ti colpisce con un pugno sullo stomaco con i cumuli di rifiuti che non ti fanno respirare, i mendicanti in ogni dove e il caldo torrido che ti taglia le gambe. Poi ti sorride con la donna in sari che vuole sapere tutto di te, i vicini di posto in autobus che ti aiutano a sistemare il bagaglio o il controllore che NON ti vuole fregare. Poi ti fa sorridere quando vedi la completa casualità che domina queste strade: tre uomini lavorano su una macchina smontata vicino ad una bancarella di frutta, occupando mezza corsia della strada mentre una mucca rumina placida nell’altra metà bloccando di fatto completamente il traffico. Infine ti incanta con i suoi colori, il suo disordine primordiale e i suoi profumi (quando la puzza non copre tutto…). Non ci di può preparare all’India. Neanche dopo 7 mesi di viaggio via terra.”



Nepal-India border
Il caotico benvenuto dell’India

Ci fermiamo lungo il tragitto per una sosta toilette che per i maschi veri è contro il muro della strada. Fortunatamente c’è anche l’opzione bagno della stazione di servizio un po’ più in la, di cui Erika approfitta, rischiando però di essere lasciata li dall’autista. Per il resto sono tre ore di strombazzamenti e curve prese a velocità smodata, ma alle 20e30 in punto siamo di fronte alla stazione ferroviaria di Gorakpur. Che dire: se la cittadina di confine ci aveva scosso Gorakpur non può che traumatizzarci definitivamente. Tutto il peggio che una grande città indiana può avere è racchiuso in questa via, mentre tutto il meglio della cultura di questa meravigliosa civiltà è lontano anni luce. Noi sappiamo che ancora dobbiamo arrivare alla vera India, quella da cartolina, quella che ti fa innamorare. Ma non riusciamo a razionalizzare il momento e ci demoralizziamo un po’. Entriamo in quello che sembra l’hotel tenuto meglio della via, quello per i grandi manager indiani che devono passare qui la notte dopo un viaggio in treno; non proprio un hotel di lusso comunque. Ci fanno vedere una stanza con finestra ma, visto che questa da sulla strada, da cui proviene un frastuono incredibile, ne prendiamo un’altra senza finestre ma più silenziosa. Usciamo per fare due passi e mangiare qualcosa ma non c’è un posto che ci ispiri minimamente fiducia (sono appena guarito e non voglio ricascarci subito). Ci sono un’infinità di bancarelle che, bruciando cacca di mucca secca, preparano quelle che sembrano pagnottelle di pane ma oggi non mi sembra il caso. Alla fine sfidiamo la sorte in un locale sotto l’albergo. Andiamo a dormire distrutti sperando di trovare l’indomani un mezzo per andarcene da qui il più velocemente possibile.
La mattina, dopo la colazione in hotel, anzi in camera visto che i prezzi non sono diversi da quelli dei ristoranti che abbiamo visto ieri sera, andiamo alla stazione per tentare di fare il biglietto per Agra. Le stazioni indiane in generale e quella di Gorakpur in particolare sono provanti per il corpo e lo spirito. Le persone sono ovunque: decine e decine in fila agli sportelli per i biglietti, ovunque sdraiate per terra con sotto solo un sottilissimo telo e le valigie come cuscini, centinaia in attesa dei treni sui binari, spesso sedute per terra in gruppi familiari. Rari spazzini tentano di tenere puliti i saloni facendo lo slalom tra le persone ma alzando più polvere di quella che riescono a portar via. Ogni tanto arrivano delle ondate di puzza dai bagni o dagli stessi binari, entrambe latrine a cielo aperto. Il caos è totale per chi non ha ancora capito come muoversi in questi ambienti. Tra le varie scritte in indi finalmente scorgiamo una scritta “tourist information” sul retro degli sportelli per le biglietterie. Bussiamo e ci apre una donna che squadrandoci ci dice “wait” e se ne va. Apposto siamo. Dopo poco torna e ci chiede, con poco savoir-faire, cosa vogliamo. Neanche facciamo in tempo a dirgli la destinazione per cui volevamo il biglietto che dice di andare al tourist ticket office 200metri sulla destra. Ci incamminiamo ma arriviamo alla fine della stazione e non vediamo nulla. Tornando indietro e chiedendo a chiunque abbia una qualche uniforme alla fine riusciamo a trovare questo benedetto sportello senza il minimo segno identificativo. Chiediamo quindi un biglietto per Agra per il giorno stesso ma il ragazzo ci dice che il sistema ora è fuori uso…dobbiamo aspettare mezz’ora. Ok, intanto andiamo a ritirare.
Anche questa si rivela un impresa niente male. Il primo ATM, di fronte alla stazione, è pieno di persone; ci mettiamo quindi in fila ma a tre persone da noi la macchina va fuori uso. Calma e sangue freddo (che co sto caldo asfissiante non è facile). Usciamo dalla stazione e chiediamo ad un agenzia dove sono altri ATM e ci dicono che ce ne sono 2 più avanti lungo la strada. Ci facciamo questa passeggiata sotto il sole per scoprire che sono entrambi spenti. Di ritirare oggi non se ne parla. Entriamo in una agenzia per chiedere se possono cambiare dei soldi e ci fanno un tasso da mezzi strozzini, ma alla fine paragonabile alle commissioni della carta di credito e quindi contro voglia accettiamo. Almeno un problema lo abbiamo risolto.
Torniamo dal nostro amico dei biglietti che ci accoglie subito con una buona notizia: il sistema ora va, ha controllato e non ci sono posti disponibili per Agra neanche sul tetto per oggi. Abbiamo letto che nei treni è presente una quota di porti per turisti a prezzi maggiorati, gli chiediamo numi ma ci dice che su questo treno non è disponibile. Ma che abbiamo fatto un torto a qualche divinità hindu uno de sti giorni?!?
Vogliamo andarcene il prima possibile di qui quindi cambiamo velocemente i nostri piani e gli chiediamo di controllare per Delhi se c’è qualcosa. Finalmente ci dice che stasera c’è posto, in Sleeper Class. Io ingenuamente penso “Alla grande! Pure la cuccetta!”, poi mi giro verso Erika che ha una faccia da funerale: mi spiega che la Sleeper è la più bassa tra le classi per i treni notturni: senza aria condizionata, finestrini sempre aperti, lenzuoli e cuscini neanche a parlarne e tanta, tanta umanità. E’ infatti la classe che usano gli indiani poco abbienti (per usare un eufemismo) per spostarsi. Sembra non ci sia modo di abituarsi all’India gradualmente, tutto ci sta assalendo. Faccio forza a Erika, gli dico che farò di tutto per cercare di riservarci uno spazietto vivibile durante il viaggio, non so se sarà possibile ma ci proverò. Sono sicuro che abbiamo fatto viaggi peggiori di questo ma ora siamo provati mentalmente e tutto ci sembra difficile da superare: che sia la crisi del 7 mese (di viaggio)? No secondo noi è semplicemente il benvenuto dell’India. Acquistiamo i biglietti con una procedura alquanto ridicola, in quanto ogni comunicazione con il ragazzo allo sportello deve passare per la compilazione di un form: ma non possiamo semplicemente parlarci? Comunque usciamo con i nostri biglietti in mano per le 18 di stasera.
Gorakpur non offre di certo nessuna meraviglia e noi abbiamo bisogno di riposare quindi aspettiamo in hotel l’ora della partenza.
Andiamo in stazione mezz’ora prima e ci sediamo al binario in attesa del treno. Con questa luce calante la stazione assume quasi un aspetto affascinante, tra i colori dei sari delle tante donne, gli arancioni delle vesti di alcuni uomini, i bambini che giocano seminudi e i tanti treni in attesa con le persone stipate all’interno. Mi sembra di essere in una delle tante foto dell’india che si vedono alle mostre fotografiche. Il nostro umore è migliorato e siamo pronti a tutto quello che ci potrà attendere.

India train
Posti liberi? Sul tetto forse!

Nel frattempo il nostro treno, con una decina di minuti di ritardo, arriva. Una piccola folla si raduna di fronte alla porta di ingresso della carrozza aspettando che le persone sul treno scendano. Avendo letto Shantaram ci prepariamo a una strenua lotta per salire, ma anni e anni di autobus romani ci fanno sembrare queste scaramucce come banali formalità: qualche bella spallata la assestiamo ma riusciamo ad arrivare ai nostri posti. Con un deciso cenno della mano faccio sloggiare gli occupanti facendomi largo tra le persone in piedi: tutti spingono, tutti tentano di farsi largo, tutti cercano di trovare posto anche per il bagaglio, tutti cercano di assicurarsi un posto a sedere (che poi devo capire come in una carrozza con posti numerati sia possibile che ci siano così tante persone in più). La frenesia è palpabile. I QUATTRO che sono sui nostri DUE posti sulla panca si stanno alzando che io già mi sfilo lo zaino e lo inizio ad infilare sotto al sedile. Prendo anche quello di Erika e lo metto accanto al mio. Nel frattempo i quattro scavalcandomi, perché non è che sto a perder tempo con le buone maniere di lasciargli il passo mentre assicuro i bagagli, si disperdono tra la folla nel corridoio e noi ci sediamo. Ci siamo, ce l’abbiamo fatta, almeno i posti a sedere e per i bagagli li abbiamo. Tutti intorno a noi ora sono tranquilli e sorridenti, le lotte di poco fa fanno parte di un lontano passato. Ora si tratta solo di capire come funziona per la notte.

India train
Ce la faremo??

Praticamente la carrozza è divisa in scompartimenti, senza porte ne tendine, ognuno da sei cuccette, tre per ogni lato. Di giorno il letto di mezzo è tirato giù e il letto inferiore funge da sedile per i tre occupanti delle cuccette di quel lato. Inspiegabilmente sul nostro sedile siamo in quattro e su quello di fronte in cinque: miracoli della matematica indiana. Un ragazzo di fronte a noi ci spiega che alle 21 è possibile fare i letti e distendersi; mi chiedo a quel punto dove andranno tutte le persone in sovrannumero ma ho il presentimento di sapere già la risposta.
Ogni tanto passano con il chai o con bevande fresche e talvolta ne approfittiamo. Tutti ci fissano in un modo che in occidente verrebbe bollato come “stalckeraggio” ma che qui sappiamo essere normale. Le ore passano discretamente come immaginavamo: abbiamo fatto viaggi peggiori. Il fresco che entra dai finestrini è anche piacevole e il caldo non è torrido. Erika è molto stanca e si appoggia a me per dormire.

India train
Quattro chiacchiere per loro, un po’ di musica per me

Poco prima delle 21 il treno si ferma ad una stazione intermedia e le due persone accanto a noi sul sedile si alzano per scendere. Il ragazzo di fronte a noi vedendo la stanchezza di Erika ci fa cenno di sbrigarci ad alzare la cuccetta di mezzo in modo da poterci stendere. Noi infatti abbiamo il letto inferiore e quello mediano. Sapendo dei numerosi furti che avvengono nei treni notturni indiani decidiamo di metter anche gli zaini grandi come cuscini, anche se questo riduce di un bel po’ la lunghezza del letto. Erika poi stende il sacco a pelo sulla cuccetta di mezzo e si mette a dormire. Io mi stendo sulla cuccetta bassa e mi metto a sentire un po’ di musica che mi concilia sempre il sonno nei lunghi viaggi in treno. Questo mio non addormentarmi subito mi permette di essere spettatore delle sistemazioni notturne dei presenti non aventi (inspiegabilmente) posti prenotati. Le donne si mettono sdraiano per terra occupando ogni centimetro quadro utile, gli uomini si siedono in fondo alle cuccette altrui, compresa la mia, va be, poco male. Una delle donne tira fuori anche la cena in delle buste di plastica, unte a livelli inenarrabili, e usa lo spazio tra le mie gambe e il bordo del letto come tavolino. Quando ha gentilmente finito cerco di pulire con un calzino in modo da non insudiciarmi i pantaloni. Una volta che tutti sembrano aver preso il loro posto ed esaurito tutte le attività prendo sonno anche io, alla fine queste cuccette non sono così scomode. Dopo un paio d’ore credo, un’altra fermata fa entrare altre persone che cercano un posto dove mettersi. Un donnone avvolto in un bel toppino e un sari che gli copre poco di tutta la ciccia in bella mostra decide che il nostro scompartimento è ancora troppo vuoto, quindi si fa largo e si siede (perché stendersi era veramente impossibile anche per gli standard indiani) all’altezza della mia testa. Poggia un suo pesante braccio su un mio zaino e la testa sulla cuccetta di fronte: meglio del letto di casa!! Io mi giro e mi riaddormento, non sono troppo preoccupato che possa frugarmi nello zaino, sembra innocua.
Nell’ultima immagine che ho di questo viaggio notturno ci sono io che apro gli occhi di soprassalto sentendo qualcosa di ruvido che sfrega sulla mia testa e vedo il capoccione della signora, addormentata profondamente, spalmato sul mio zaino a due centimetri dal mio viso: al che grido “eh no dai!!”, mi scanso, il capoccione perde l’appoggio e cade, la signora si sveglia (avendo pure il coraggio di fare la faccia scocciata) e si riappoggia sull’altra cuccetta. Posso dire di aver diviso il mio cuscino con una bella ciaciona indiana….UAU!!

India train
La mattina freschi e riposati

 

India train
E tutti i nostri nuovi amici

 

 

Clicca qui per tutte le foto dell’India del Nord