Jaisalmer - Una indiana a palazzo

13 - 15 Settembre 2016

La nostra seconda tappa nel Rajasthan è Jaisalmer, la città dorata. Ai confini del deserto, questa cittadina è famosa per i tour sui cammelli e per uno dei più bei palazzi, simile più ad una cittadella fortificata che ad una lussuosa residenza. Arriviamo alla stazione che il sole è sorto da poco e l’aria ancora è fresca. Sono meno di due kilometri per il centro quindi ce li facciamo a piedi. Proviamo a chiedere in un paio di posti prima di arrivare sulla via che Erika ha individuato come quella più propizia, ma nessuno ci convince tanto da interrompere la camminata. Veniamo anche tampinati da procacciatori che offrono stanze doppie a 200 rupie ma abbiamo letto di questa sorta di truffe: sei poi obbligato a prenotare un costoso giro sul cammello nella loro agenzia vanificando il risparmio. Ce li portiamo dietro uno stuolo fino a che non si stancano di non ricevere risposte.

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La città si inizia a svegliare

Camminiamo tutto intorno la fortezza che alle prime luci del mattino è veramente affascinante: dalle enormi mura perfettamente levigate fuoriescono la sagoma irregolare dei piccoli edifici interni con le tante terrazze affacciate sulla città. Tutto intorno a noi è color sabbia, da qui il soprannome di città dorata. Con un po’ di fatica raggiungiamo la prima guesthouse, leggermente nascosta in una parallela della via principale. Bussiamo alla porta ma non riceviamo risposta, poi un signore attempato che ci vede da poco lontano ci dice di entrare. Viene anche lui e sveglia il ragazzo alla reception in malo modo, probabilmente è il padre o il padrone. Questi visibilmente rintronato dalla sveglia irruenta ci fa vedere solo due camere, una magnifica ma ad un prezzo eccessivo e una orrenda ad un prezzo basso. Gli diciamo che il nostro budget è intermedio ma ancora il suo cervello non collabora e resta muto, così decidiamo di proseguire. Ne vediamo un'altra con un simpatico signore che quasi ci convince ma non avendo aria condizionata proviamo a cercare qualcosa di meglio, casomai torneremo. Arriviamo infine all’ultimo indirizzo noto e la caratura della guesthouse cambia decisamente. Sembra di entrare in una casa tradizionale “Rajasthana”, tutto è elegantemente rifinito e le stanze sembrano nuove di pacca. Già ci prepariamo ad andarcene per i prezzi esorbitanti quando ci si presenta un ragazzo molto spigliato ed accogliente che ha già pronte per noi un paio di soluzioni perfette. Ci fa vedere le stanze e in quattro e quattr’otto siamo già a compilare i moduli per il check-in. Ci chiede perché non ci siamo fermati alla prima guesthouse dove ci ha visto entrare e noi gli spieghiamo che non c’era il compromesso che cercavamo e sorvoliamo fortunatamente sul receptionist rincoglionito. Ci dice che anche quella è una guesthouse di famiglia gestita dal fratello (il rintronato) e quindi voleva avere un feedback sul perché avevamo preferito proseguire. Ora capiamo anche come faceva a sapere perfettamente le nostre esigenze in termini di prezzo, effettivamente ora che ci pensiamo sulla guida c’era scritto che alcuni di questi alloggi erano gestiti da una sola famiglia. A noi è andata di lusso: ottima sistemazione al giusto prezzo e pure con un ristorante sul tetto con vista sulla fortezza da mille e una notte. Ci riposiamo un po’ e poi pranziamo nella sala climatizzata del ristorante cercando di evitare le ore più calde per andare in giro.

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Bambini che giocano tra le case dorate

Nel pomeriggio facciamo due passi per la cittadina al di fuori della fortezza e cerchiamo informazioni per tour nel deserto (senza cammello che abbiamo già dato) e autobus notturno per il prossimo spostamento. Quest’ultimo lo troviamo facilmente e lo prenotiamo per dopodomani mentre per il tour niente ci convince. Leggiamo sulla guida che l’ufficio turistico organizza dei pulmini al tramonto per la duna più inflazionata ad un prezzo ridicolo. Proviamo a dirigerci là (tutta a piedi, maledetta avversione per i tuk-tuk) ma troviamo tutto chiuso: viaggiare in bassa stagione ha anche degli svantaggi a volte.

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La lunga (e rovente) passeggiata verso l’ufficio turistico

Tornando verso il centro città incontriamo dei noleggi di moto e proviamo a chiedere anche qui. Effettivamente ci fanno dei prezzi abbordabili e tra tutte ci pare la soluzione più appetibile. Il fatto è che non siamo troppo convinti di voler fare tutto di fretta per andare a vedere il deserto da una duna turistica. Abbiamo già fatto in Cina un’esperienza simile (anzi molto più unica data la bassissima stagione) e non ci va di ripeterla tale e quale. Il deserto poi lo affronteremo in un altro viaggio in maniera diversa.
Passiamo per il bazar che sta lentamente riprendendo vita dopo la siesta delle ore roventi della giornata. Erika si blocca quasi subito di fronte a un negozio di vestiti. È un po’ di tempo infatti che sta provando a comprare un abito indiano ma l’operazione risulta tutt’altro che semplice, principalmente perché non ha un’idea precisa in testa e qui invece i commessi non sono molto prodighi di aiuti: vogliono sapere modello, taglia e colore e anche velocemente. Noi a malapena sappiamo cos’è un sari, figurarsi i nomi di tutti i modelli di vestiti indiani; che poi anche a saperli vattelapesca come vestono, bisognerebbe provarli tutti!! Insomma una bella gatta da pelare, anche per me che condivido questa ricerca. Fatto sta che entriamo in questa piccola bottega che non ha ovviamente niente di esposto. Però il tipo sembra proattivo. Ci inizia a tirare fuori tutte le tipologie di vestito che ha e diversi colori per ognuno. Permette ad Erika di provarseli così da poter scegliere quello più adatto. Ci ascolta nelle richieste anche se magari un po’ strampalate alle sue orecchie ma comunque alla fine ci trova un outfit che ci convince. Erika sembra una bellissima indiana!!

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L’indiana e i fantastici sarti!

Di certo non stiamo comprando un vestito raffinato ma questo lo sappiamo e vogliamo proprio così per due ragioni: perché le indiane nella vita di tutti i giorni vestono così e poi perché siamo consci che in occidente non verrà più usato quindi non vogliamo spenderci una follia. Addirittura in quel piccolo negozietto c’è un sarto che velocemente stringe il vestito per adattarlo al corpo di Erika e il risultato è fantastico. Non tiriamo neanche sul prezzo perché la disponibilità e il prezioso aiuto per districarsi da una situazione spinosa va ripagato e usciamo soddisfatti. Erika neanche si rimette i vestiti da occidentale; ora manca solo il tika. il pallino rosso sulla fronte, di cui siamo forniti ma che è in guesthouse e poi quasi non le chiederanno più il passaporto!

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Perfetta per Vogue India

Rientriamo in camera per prepararci per la serata. Abbiamo deciso per una cenetta in un ristorante sulle mura e quindi ci vestiamo bene per l’occasione: ovviamente Erika con il suo nuovo “punjabi dress”.

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La mia principessa sulla terrazza della guesthouse

Prima però ci facciamo un romantico aperitivo in terrazza sul tetto della guesthouse ammirando le mura dorate della cittadella diventare rosse e poi sempre più scure mano a mano che il sole scompare all’orizzonte.

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Alla faccia dell’aperitivo!

 

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Il forte di Jaisalmer al tramonto

La serata passa ottimamente anche se la scelta del ristorante non è delle più azzeccate: cibo buono, vista incantevole e ventolino fresco fanno però dimenticare le piccole mancanze. Rientriamo stanchi alla luce dei flash dei telefoni per uno dei tanti blackout tipici indiani e ci buttiamo a letto pronti per il giorno successivo.
La mattina seguente decidiamo che di deserto ne abbiamo visto abbastanza e il tramonto da una duna superturistica niente avrebbe aggiunto al viaggio come oramai lo intendiamo. Quindi oggi la giornata è dedicata interamente alla cittadella dentro le mura. Questa infatti è una delle ultime qui nel Rajasthan ancora abitata. Il palazzo reale copre solo una piccolissima parte all’interno della cinta e il resto sono vicoletti strettissimi con edifici antichi che tanto assomigliano ai nostri borghi medievali.

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Drappi multicolore all’ingresso del forte

 

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All’uscita del tempio

Prima di tutto visitiamo il palazzo del Maharaja la cui peculiarità sono le meravigliose lavorazioni della pietra sulle colonne ma soprattutto sulle finestre e balconi.

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“Ricami” sulle infinite colonne del palazzo

 

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Particolare delle lavorazioni dei balconi di pietra

Seguiamo tutto il percorso dell’audioguida e di tanto in tanto finiamo in delle terrazze dalla vista mozzafiato su questa città del deserto.

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Solo in lontananza…il deserto

 

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Archi arabeggianti come se piovesse

Vista la pietra con la quale è costruito, questo edificio, sembra un’enorme castello di sabbia, quasi labirintico, con infiniti livelli che probabilmente seguono le irregolarità del terreno. Ci colpisce anche una bellissima stanza dei ricevimenti, non troppo grande ma con vetrate colorate che rendono l’ambiente incantevole.

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Erika presa d’assalto per una foto come una diva

Impieghiamo per la visita un bel po’ tanto che uscendo è già ora di pranzo. Ci dirigiamo verso le mura per un pranzetto economico ma con una bella vista e approdiamo in un grazioso ristorante con cuscini in terra e copertura per il sole. Erika scivola anche una delle tante cacche di mucca per la strada e strilla sonoramente; a me vien tanto da ridere ma lei è un po’ schifata. Ma dai che è tutta fortuna! Mi manda a cagare.
Mangiamo e bighelloniamo un po’ godendoci l’ombra per cercare di evitare il sole a picco. Il pomeriggio andiamo a vedere i grandi templi che sono dentro le mura. Soprattutto quello gianseista ci sorprende per le sculture di cui sono ricoperte le sue torri. Purtroppo riusciamo a capire pochissimo dalla scarsa audioguida che ci forniscono e dopo poco desistiamo girovagando a caso e lasciandoci sorprendere solo dalla vista di queste architetture cosi insolite.

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L’interno del tempio gianseista…

 

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…e un particolare dell’esterno

Usciamo poi dalla cittadella e ci andiamo a rifugiare in guesthouse: oggi stare sotto il sole tutto il giorno ci ha veramente provato.
Stasera dobbiamo festeggiare il nostro ottavo mese di viaggio e quale posto migliore se non il rooftop del nostro albergo per farlo? Ci vestiamo quindi di nuovo eleganti (per gli standard di un viaggio zainoinspalla) e saliamo all’ora del tramonto per goderci un aperitivo con la luce rossastra che si riflette sulle mura per poi passare ad una romantica cena a lume di candela.

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I piccioncini

Il giorno successivo è tempo di fare il check-out dal nostro amato rifugio e posiamo quindi gli zaini in reception prima di uscire. Facciamo due passi nel bazar ancora deserto e non riusciamo ancora a capire come in un posto così caldo la vita non possa iniziare prestissimo; va detto però che si protrae fino a sera tardi. Troviamo fortunatamente una piccola botteguccia di pasticceria aperta con nel bancone un piccolo assortimento di dolciumi al burro e zucchero. Ne prendiamo una manciata e un succo di frutta e riusciamo a fare colazione con qualche decina di rupie.
Ci dirigiamo poi verso l’ultima delle attrazioni che vogliamo vedere qui a Jesailmer: le famose Haveli, le case tradizionali di ricchi mercanti. La prima in cui ci imbattiamo quasi per caso è visitabile solo al pian terreno dove l’ampia corte interna è stata trasformata in un insieme di negozi di souvenir. Al piano superiore la famiglia abita ancora e si rimane un po’ sorpresi a vedere ad esempio una donna sbattere uno straccio fuori dalla finestra rifinita come quelle del palazzo reale; ma restituisce anche una prospettiva diversa, nella quale l’opera è utilizzata nella vita di tutti giorni come era pensata originariamente e non imbalsamata a mo’ di museo.

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Esempi di un artigianato irripetibile

La seconda è invece una vera e propria attrazione con tanto di biglietto di ingresso. Veniamo accalappiati da una guida che ci fa un prezzo troppo stracciato perché non ci sia sotto qualcosa e quindi decliniamo: siamo stufi di essere così sospettosi ma 8 mesi di viaggio ci hanno insegnato che chi lavora nel turismo qui molto spesso è interessato unicamente a spillarti soldi in modo poco chiaro.
La visita alla casa è molto interessante e riserva delle sorprese anche per la descrizione degli utensili utilizzati nella vita di tutti i giorni, tipo i ventilatori a olio. Le decorazioni sono, come al solito, strabilianti e anche la collezione di turbanti coloratissimi è un bello spaccato della vita del Rajasthan.

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Gli specchi decorativi

 

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“Vuole un chai signore?”

Usciamo soddisfatti e non abbiamo quindi voglia di vedere le altre case tradizionali nelle vicinanze. Ci incamminiamo nuovamente per le viuzze di Jesailmer fino a tornare in guesthouse dove pranziamo e poi ci rifugiamo per le ore più calde. Verso le 16 è tempo di incamminarsi verso il piazzale da cui partono gli autobus. Dopo una bella sfacchinata arriviamo proprio mentre il nostro bus sta parcheggiando.

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Inusuali abitanti di Jaisalmer

È uno sleeper con aria condizionata che detto così sembrerebbe quindi un lusso sfrenato, invece si rivela una delle peggiori notti mai trascorse in viaggio: non ci sono cuscini, le sospensioni sono scoppiate nel 1984, e l’aria condizionata è debolissima. Passiamo tutta la notte come in un frullatore, sballottati dalle peripezie dell’autista e contando ogni singola buca nell’asfalto. Se si conta che poi, la mattina seguente, il mio zaino era in mezzo al corridoio fradicio di succo d’arancia si ha un quadro perfetto di questo trasferimento: da dimenticare!

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Un ultimo saluto al maestoso forte

 

 

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