Cordoba - Ascoltando jazz a "ritmo" di mate

15 - 16 Novembre 2019

Arriviamo alla stazione degli autobus alle 9 invece delle 7e30 previste. Ci sentiamo un po’ in colpa perchè a Ckari, il ragazzo che ci ospiterà grazie a couchsurfing, avevamo detto saremmo arrivati presto. Per arrivare a casa sua dobbiamo prendere un mezzo pubblico e dobbiamo quindi comprare e ricaricare la tessera dei trasporti, unico modo per usufruire degli autobus cittadini. La cosa piuttosto assurda è che però nessuno vende questa carta, nè nel terminal, né fuori. Perdiamo così un’altra mezz’ora buona, fino a che anche Ckari non ci suggerisce di salire con i soldi in mano e chiedere se qualcuno può pagarci il biglietto con la propria carta. Così facciamo e, nonostante le poche persone presenti, riusciamo a trovare facilmente chi ci dà una mano. Evidentemente è una pratica piuttosto usuale. 

Dopo mezz’ora scendiamo dal bus e troviamo Ckari che ci aspetta alla fermata. Si vede subito che è un ragazzo buono, ha gli occhi dolci e un sorriso mite. Ci ricorda in qualche modo Rasool, anche per l’aspetto un po’ trasandato. Ci accompagna fino a casa della madre. Di fronte a questa, in una abitazione recentemente ristrutturata, lui e la sua famiglia stanno cercando di far decollare un Airbnb. Ora però una delle stanze è vuota e possiamo quindi fermarci a dormire gratuitamente. Incontriamo anche la mamma, una donnina pelle e ossa, piuttosto eccentrica e chiacchierona. Ci prende subito in simpatia e ci mette a nostro agio.  Ci facciamo una doccia e poi andiamo a fare due chiacchiere con Ckari. Ci raccontiamo un po’ delle nostre vite. Lui è ancora alla ricerca del suo posto nel mondo. E’ in una fase di attesa in cui non sta facendo nè cercando niente, vuole solo dedicarsi a se stesso e, forse, aspettare una ispirazione per il futuro. Anche lui si sente stretto nella catena studio-laurea-lavoro-pensione. Gli diciamo che per ora la nostra ricetta è avere dei breaks a questa routine, ma non sappiamo quanto potrà durare. Infine ci diamo appuntamento per la sera a un festival jazz in piazza. Usciamo per andare in centro mentre lui va a casa a cucinare per stasera, ci dice. Non capiamo ma va bene così. 

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Una via del centro

  Arriviamo in centro che è quasi ora di pranzo e ci mettiamo a cercare un posto dove mangiare. Nel frattempo facciamo quattro passi e cerchiamo un posto dove comprare la carta dei trasporti. Dopo aver chiesto invano a una dozzina di chioschi, finalmente troviamo uno che le vende e le ricarica. Ma come fa a essere così complicato!! La città ci sembra carina ma niente di straordinario. A pranzo ci fermiamo in un ristorante raccomandato dalla lonely planet dove mangiamo empanadas e proviamo il Locro, una zuppa di zucca, mais, fagioli, patate e vari tipi di carne.

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La zuppa puzzolente

  A me piace molto, mentre ad Erika il sapore forte di parti di animale poco nobili da un po’ la nausea. Ckari poi ci dirà che probabilmente il motivo è che lo abbiamo mangiato in un ristorante economico, altrimenti anche la carne che mettono dentro è di prima scelta.  Il pomeriggio continuiamo a girare in centro ma non troviamo ispirazione in questa città. Ci fermiamo in un bar a prendere uno zuccheratissimo smoothie, ma almeno stiamo un po’ al riparo dal caldo torrido che c’è fuori.  Poco prima delle 6 ci incamminiamo verso il luogo del concerto. Arriviamo che un gruppo sta suonando ma c’è ancora poca gente seduta ad ascoltare. Ci mettiamo seduti per terra di fronte al palco. La musica non è esattamente come ce l’aspettavamo: sembra un pop ricercato più che jazz. 

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Jazz a Cordoba

  Dopo poco arriva anche Ckari che si siede vicino a noi. Tira fuori l’immancabile mate e una brownie vegano cucinato nel pomeriggio. Ci confessa che aveva preparato un po’  di delizie da vendere qui al concerto ma poi la pigrizia ha vinto e ha deciso solo di venire a godersi la musica. 

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Noi e il nostro amico Ckari

  Passiamo una serata veramente serena. La musica con i gruppi successivi sale di qualità e anche la confidenza tra di noi si fa sempre meno arrugginita. Chiacchieriamo del più e del meno, alternando mate e birra, e ascoltiamo il jazz che viene dal palco per lunghi periodi, senza che il silenzio tra di noi pesi come imbarazzante. Ad un certo punto ci dice anche che se vogliamo fumare una canna, di chiedere pure senza problemi a sua madre domani. Per l’eroina invece a chi chiediamo? A Nonna?

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Il primo mate in compagnia!

  Poco prima delle 10e30 ci salutiamo per tornare a casa. Con i trasporti pubblici ci vuole più di mezz’ora mentre lui è in bici. In realtà il tragitto per noi è anche più lungo dovendo anche aspettare il bus per buoni venti minuti. Quando arriviamo a casa, una sovraeccitata famiglia argentina ci accoglie che ha appena finito di cenare con arrosto e vino. Ci offrono qualsiasi cosa hanno sul piatto e ci sommergono letteralmente di domande. Noi siamo stanchi morti e decisamente rintronati dopo un’ora di viaggio dal centro. Non vediamo l’ora di andare a dormire e fortunatamente, dopo una bella lotta, capiscono che non ne abbiamo più e ci lasciano andare. La mattina seguente ce la prendiamo proprio comoda visto che poi il poi il pomeriggio dovremo aspettare da qualche parte fino a tardi l’orario di partenza del bus notturno. Ci alziamo verso le 9 e scendiamo a fare colazione. Poi ci facciamo una doccia e prepariamo con calma gli zaini.  La mamma di Ckari ci chiede se possiamo lasciarli in casa sua invece che in camera visto che ci saranno degli ospiti più tardi. Liberata l’abitazione secondaria lasciamo casa per andare di nuovo a fare un giro in centro.  Scendiamo dal bus un po’ prima del solito e imbocchiamo una larga via con un fiume al centro, il Rio Cañada. I grandi alberi al lato del corso d’acqua creano una piacevole ombra per passeggiare con questo caldo. 

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Un po’ di riparo dal sole inclemente

  Abbiamo una fame incredibile, come al solito, e cerchiamo quindi un posto dove mangiare. Sembra tutto chiuso, ma poi troviamo una sorta di fast food che vende wraps molto buoni e non troppo grassi. Soddisfatti della scelta! Con la pancia piena continuiamo a camminare e dopo un po’ arriviamo al quartiere degli artisti, dove ci dovrebbe essere un mercatino. In realtà questo, durante l’estate, comincia alle 5 di sera, perché prima, ovviamente, è da pazzi stare in giro. Ci facciamo quindi due passi per la via colorata di bar e locali che passa vicino al mercatino. Anche qui è però tutto chiuso e quindi non possiamo far altro che incamminarci verso il centro.

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Forse dovevamo venirci di sera!

  Io vorrei andare a vedere il museo della memoria, una esposizione permanente sul periodo di dittatura militare in Argentina. Siccome non ne sapevo niente volevo approfondire l’argomento. Ma pure questo scopriamo essere chiuso oggi che è sabato! 

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Il palazzo della memoria

  Siamo stanchi, fa un caldo boia, non sappiamo che fare in questa città e il weekend sembra che gli argentini non si muovano da casa. Decidiamo che l’unica cosa saggia da fare è tornare a prendere gli zaini, stare lì una mezz’ora e poi andare alla stazione degli autobus così da aspettare in un ambiente un po’ vivo.  Quando torniamo a casa la “mamma” ci fa accomodare in casa per riposarci un po’. Ci sentiamo quasi a disagio dal clima di confidenza che si è creato. Sembra che ci conosciamo da secoli. Però la canna non gliela chiediamo. Magari la prossima volta.  Quando ci salutiamo, ci scambiamo grandi abbracci e baci manco stessimo salutando nostra nonna. Ci augura tanta fortuna per la nostra vita e tanto ci basta. Arriviamo alla stazione del bus alle 6e30 e ci rifugiamo in un bar aperto dove ci prendiamo qualcosa da bere mentre lavoriamo un poco alle nostre memorie. Visto che nessuno ci rompe le scatole e siamo comodi, ordiniamo la cena e continuiamo a stare.  Alle 9e30 saliamo sul bus. Dietro a noi, un bambino piccolo strilla indemoniato perché la mamma lo ha lasciato solo con il papà. Il problema è che la mamma non si è allontanata un attimo, ma è proprio scesa. Questo si trasforma in un dramma che ci accompagna per una mezz’ora di strilli disperati del bambino e di altrettanto disperati tentativi di calmarlo da parte del padre. Noi ci mettiamo le cuffie, che un poco attutiscono, ma con il cuore siamo con il pover uomo che sta combattendo una battaglia più grande di lui. Erika dopo un po’ esaurisce la comprensione e inizia con gli improperi, ma senza mai arrivare a dirglieli in faccia. Fortunatamente dopo un po’ la stanchezza vince sulla disperazione e il bambino si addormenta. Anche tutto il bus può, quindi, addormentarsi.

 

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