Medellin - La città dei contrasti

14 - 15 Settembre 2019

Sapevamo che il viaggio da Cartagena a Medellin sarebbe stato lungo, ma non avevamo idea sarebbe stato cosi terribile. Non tanto per i sedili che sono abbastanza comodi, ne per i vicini che non sono né rumorosi né di stomaco debole. Ma per la dannata aria condizionata impostata su ghiaccio polare. Il nostro errore è stato quello di non portarci i piumini che l’ultima volta sono stati inutili. Questa volta il freddo è così intenso che l’unico modo per non morire assiderati è abbracciarsi stretti. Ma comunque le parti che rimangono scoperte si congelano letteralmente.

Erika va a chiedere se è possibile alzare di un poco la temperatura ma il guidatore dice che questa è la policy della compagnia e lui non può cambiarla. Erika è ovviamente furiosa. Proviamo a resistere battendo i denti fino alle 3 di notte quando, durante una sosta un po’ più lunga, ci concedono di farci accedere almeno ai bagagli per prendere qualcosa di pesante.
Da li in avanti è stata una nottata decente, ma non con molte ore di sonno. Alle 7 ci fermiamo per la colazione e alle 10 arriviamo a Medellin. Ci appuntiamo mentalmente un paio di lezioni che questo lungo spostamento ci ha insegnato: mai comperare biglietti degli autobus in anticipo, mai arrivare in stazione troppo a ridosso della partenza e portare SEMPRE il piumino.

Medellin ci accoglie nella sua valle con un clima mite. La prima cosa che salta agli occhi sono le montagne verdi che la incorniciano e i quartieri più poveri che si adagiano su di esse come immense coperte color mattone. I famigerati barrios dove le bande di narcotrafficanti avevano (e hanno) i loro centri e da cui seminavano morte nella città che, negli anni 90, era quella con più omicidi al mondo. Ora, come scopriremo, la situazione è notevolmente migliorata, ma non cosi tanto come molti giovani di Medellin vorrebbero.

Medellin barrios
I barrios di Medellin

Ci dirigiamo subito verso Laureles, uno dei quartieri più sicuri di Medellin, dove verremo ospitati da una famiglia colombiana. Ci facciamo una bella doccia che ne abbiamo bisogno e poi andiamo a scoprire il quartiere, con la sua famosa Carrera 70 come protagonista della vita notturna di questa città. La passeggiata non ci stupisce molto e neanche il pranzo a base di carne asada. Probabilmente questa zona da il meglio di se la sera. Non vogliamo andare però in centro perché abbiamo prenotato per domani un giro guidato della città promosso da dei ragazzi che frequentano l’università di storia e filosofia. Un ottimo modo, pensiamo, per avere una finestra nel mondo di questi giovani.

Medellin Laureles
La miglior attrazione di Laureles…

Troviamo però su di un sito che stasera alle 18.30 al teatro Lido, in centro, c’è uno spettacolo di danze tradizionali che ci sembra super interessante. Torniamo quindi in stanza a riposarci un po’ prima di uscire di nuovo stasera. Prima però facendo un po’ di spesa ci spariamo una fantastica insalata di yogurt e frutta dentro un supermercato (qui infatti ci sono i tavolini e si possono mangiare i prodotti in vendita direttamente sul luogo).

Verso le 17.30 facciamo per uscire e proprio sulla porta incontriamo Anayensy e Carmen, la figlia e la mamma che ci ospitano. Gli diciamo cosa abbiamo in programma per la serata e cogliamo uno sguardo interrogativo della ragazza. Ci chiede dove sarebbe questo spettacolo e quando gli diciamo che è in centro ci dice rilassata “ah peccato che adesso è troppo tardi per andare”. Ora siamo noi che abbiamo lo sguardo interrogativo. In che senso è tardi? lo spettacolo è alle 18.30. “si ma adesso non potete andare in centro, è troppo tardi, è pericoloso”. Ah. La tranquillità e la sicurezza con cui lo dice, come se fosse un dato di fatto e non ci fosse nulla di strano in questo, ci spiazza. Neanche se andiamo in metro? “In metro non vi succede nulla, ma dalla metro al teatro dovete camminare per buoni 10 minuti in centro. Meglio di no...prendete un taxi fino li davanti piuttosto”. La sua faccia dice tutto quello che le sue parole non fanno. Capito, cambiamo programmi. Ci rode un po’ ad essere onesti, ma seguiamo il consiglio. Anche se non abbiamo nulla di importante con noi dietro e anche se sono sicuro che le probabilità sono basse, essere scippati è sempre una brutta esperienza. La rimandiamo volentieri.

Ci dirigiamo quindi verso la metro per andare al Poblado, l’altra zona turisticamente sicura di Medellin di sera. Come ci immettiamo nella carrera 70 però vediamo che la festa è tutta qui. Complice lo stadio vicino e la squadra di casa che gioca stasera, la via è invasa di ragazzi e (molte) ragazze, tutti rigorosamente con la casacca verde bianco del Nacionales. Questo è il pre-party, la vera festa si celebrerà probabilmente nel dopo partita.

Prendiamo la metro e, come anticipato dalla nostra amica, ci sentiamo molto sicuri. Anche quando cambiamo per l’altra metro, in centro, buttando un occhio sulle strade sottostanti (qui la metro è sopraelevata) l’atmosfera sembra tutt’altro che un coprifuoco. Le vie sono piene di gente. Teatro ideale per piccoli furterelli, ma penso niente di più.
Procediamo comunque con il nostro piano originario e in una mezz’ora siamo al Poblado. Dalla metro occorre camminare per buoni 10 minuti per arrivare al centro della vita, e qui si che siamo su una strada isolata.
La via principale della zona rosa non ci entusiasma. In giro non c’è quasi nessuno e gran parte dei locali sono chiusi. Forse è presto, ma comunque non rimaniamo impressionati. Quasi per caso scopriamo poi una piazzetta laterale che sembra avere il mood giusto. Anche troppo forse. Un bel parchetto al centro, una zona pedonale, file di luci sulle vie e molti locali di ogni genere sui lati. Abbiamo però già fatto una cenetta un po’ più costosa questa settimana, quindi vorremo qualcosa più low-profile stasera. Qui tutti sembrano posizionati su prezzi per gringos (stranieri).
Continuiamo a passeggiare fino a che non troviamo un fast-food, o comida rapida, colombiano e ci fermiamo a prendere un riso vegetariano e un cono di polpettine di carne in salsa piccante.
Quando torniamo nel nostro quartiere la musica pompa dalle casse a tutto volume, quasi a voler fare a gara tra un locale e l’altro. Senza quasi, sono sicuro che la gara era in pieno svolgimento. Ma in parte per la caviglia di Erika e in parte per la stanchezza dovuta al viaggio notturno, più che assistere alla festa non riusciamo a fare. Dopo un po’ andiamo a dormire accennando qualche sculettamento a ritmo di musica.

Il giorno seguente abbiamo appuntamento alle 10.30 con Marialuz, la ragazza universitaria che ci accompagnerà per Medellin. Arriviamo con una decina di minuti di anticipo al luogo dell’appuntamento e veniamo abbordati da un ragazzo che inizia a parlarci con un inglese impeccabile. Ci racconta che è un cecoslovacco che vive da 20 anni in Canada, dove ha un bel business, ma anche dove non riesce a trovare una ragazza. “Sono troppo indipendenti lassù. Se cucinano pretendono che io lavi i piatti”, “La società di oggi sta femminizzando l’uomo”, “L’uomo non deve fare della donna il centro del suo mondo”, “Sono biondo, occhi azzurri, faccio bei soldi, faccio tutte le faccende da uomo in casa, ho il six-pack, ma le donne in Canada fanno la vita troppo bella, gli uomini non gli servono”. Queste alcune delle sue perle. Ci consiglia anche dei video di Youtube da vedere per migliorare la nostra relazione che evidentemente lui vede già fallata dal principio. Cercheremo di evitarli accuratamente.

Nel frattempo arriva Marialuz a salvarci e, insieme a un altro simpatico ometto, iniziamo il nostro giro. La prima cosa che ci tiene a mettere in chiaro la nostra “guida” è che questo non sarà un tour dedicato a Pablo Escobar. Piuttosto riguarderà la storia di questa città nel suo complesso. Ovviamente toccherà anche il periodo del narcotraffico, ma se stiamo cercando un Narco tour come quelli che ora vengono pubblicizzati ovunque non siamo nel posto giusto. Ci piace questa determinazione e orgoglio nel difendere la storia di questa città, che non può e non deve essere solo associata a droga e omicidi. Vedo nei suoi occhi la fierezza di chi ama la propria città e vuole cambiare le cose. Siamo stati fortunati a trovarla. Senza pensarci due volte, visto che era proprio quello che volevamo, chiariamo che siamo assolutamente d’accordo e continuiamo il giro.

Siamo nel centro di Medellin, quello che la sera era apparentemente off-limits per gli stranieri, e effettivamente la miseria e le differenze di classe, che sono una piaga della società colombiana odierna, fanno ampia mostra di sé ad ogni angolo. La prima sosta è alla prima chiesa costruita quando Medellin ancora non era altro che una piazza e tre case. Mariluz ci spiega che la chiesa è ancora una parte fortissima della vita degli abitanti della Colombia. Provo a chiedergli se non sentono la religione cattolica come una cosa esterna a loro, visto che gli è stata importata dagli Europei durante l’invasione, ma non capisce la domanda. Mi risponde che è qualcosa di prioritario per loro ed è una cosa che vivono molto profondamente. Probabilmente il mio spagnolo stentato ha contribuito a non far passare il concetto al 100%, ma ho l’impressione che ci sia dell’altro. Mi sembra che questo dell’invasione europea non sia sentito come una cicatrice e che quindi non risuoni immediatamente ad ogni velato riferimento, come accade fin troppo frequentemente in Australia per esempio.

Medellin’s first church
La prima Chiesa di Medellin

Ci mostra poi la calle del porno, proprio accanto alla chiesa, nata come protesta per i preti che benedicevano le armi dei sicari negli anni ’80. Poi ci porta di fronte ad un lunghissimo murales, che rappresenta per immagini tutta la storia di Medellin e qui ci accompagna con un racconto attraverso i pilastri che servono a comprendere la Colombia di oggi. Dall’inizio basato sullo sfruttamento degli Inca per l’estrazione dei metalli preziosi, passando per l’agricoltura e poi il commercio con l’Europa. Fino ad arrivare alle lotte sociali e le rivoluzioni scientifiche dei giorni nostri. Noto una rumorosa assenza di ogni rifermento alla guerra di liberazione nazionale. Quando glielo chiedo mi risponde che non tutti i colombiani e (a suo dire) indigeni videro di buon occhio la liberazione. Questo perché prima venivano sfruttati ma almeno il pane quotidiano non mancava a nessuno. Dopo la liberazione, invece, la situazione per alcuni è peggiorata. Anche questa risposta mi spiazza, ma per il momento la tengo li.

Medellin murales
La storia di Medellin

Passiamo poi per piazza Botero, dove il grande artista ha lasciato delle opere d’arte a cielo aperto.

Medellin
Piazza botero

La presenza di questa arte così in primo piano è particolarmente importante specialmente qui, in una piazza dove non era possibile passare negli anni quando Medellin era la città con più omicidi al mondo. Era infatti il teatro di scontri tra bande ad ogni ora del giorno e della notte. Oggi invece, in una calda domenica, famiglie e turisti insieme fanno a gara per farsi le foto vicino ai monumenti cosi particolari. L’arte, insieme a una massiccia presenza della polizia in ogni angolo del paese, dà alla persone la motivazione e la possibilità di occupare pacificamente la città.

Medellin Botero sculptures
Che ci fa Erika qui? :P

Facciamo, a questo punto, una sosta per una cerveza in un bar molto particolare, il cafe de Malaga. Qui ballerini di tango si danno alla loro passione per tutto il giorno fino a notte inoltrata. Il locale è molto pittoresco e dà l’idea di un vecchio bar dell’alta borghesia con finiture in legno e oggettistica vintage alle pareti. Fanno anche bella mostra di sé una quantità infinita di foto e ritratti di personaggi famosi legati al ballo. Nel tempo che noi siamo lì alternano il tango con alcune canzoni di Cumbia colombiana. Marialuz non riesce a trattenersi a questo ritmo e inizia a seguire la musica battendo il tempo sul tavolo e contemporaneamente ondeggiare la testa e la parte superiore del corpo. Ci racconterà poi che suona la batteria e un altro strumento. Tutto questo trasporto è contagiante ma non ci azzardiamo ad alzarci per ballare. Qui sono tutti professionisti e noi non sappiamo neanche il passo base!

Medellin tango
I tangeri!

Visto che oggi è domenica e nessuno di noi è di fretta Marialuz decide di portarci a fare un giro su una delle cabinovie che servono e sorvolano uno dei barrios più esterni. Qui ci spiega un po’ le profonde divisioni in classi che ancora ci sono nella società colombiana e la conseguente criminalità che ne trae vantaggio. Il governo con queste opere come le cabinovie sta cercando di includere e uniformare sempre di più le possibilità degli abitanti più poveri ma altri problemi ancora rimangono. Come la corruzione a tutti i livelli da parte dei narcotrafficanti che, apparentemente, ancora sono attivi, anche se più silenziosi di un tempo. L’altra grande piaga che colpisce la Colombia da molti anni è la guerra civile contro le forze armate rivoluzionarie. I colombiani delle campagne sono così attaccati alle proprie terre che danno filo da torcere ai guerriglieri, ma talvolta sono lasciati soli a combattere questa battaglia. Il risultato sono morti, sparizioni e allontanamenti forzati dalle proprie terre. Ora ci dovrebbe essere una sorta di armistizio in atto, ma le cicatrici sono ancora vive. La nostra guida amica ha avuto due fratelli uccisi, uno nella polizia contro il narcotraffico, uno come militare, non abbiamo capito su quale fronte (ed è onestamente poco importante). Ci indica anche il barrio Pablo Escobar, costruito dal capo del cartello negli anni 80 e dove è ancora osannato come un benefattore. Il processo per una analisi critica della storia recente è ancora lungo apparentemente.

Finiamo il giro quasi alle 3 invece che alle 1.30 e lasciamo una bella mancia a Mariluz (il tour è infatti basato su donazioni volontarie). Ci ha conquistato il suo spirito e la sua passione!
In tutto ciò non abbiamo pranzato ma non abbiamo troppa fame. Ci fermiamo poco prima di rincasare a un forno dove mangiamo un rotolo di pasta sfoglia con il prosciutto e una quesadillas con formaggio e arequipe. A me questo contrasto dolce salato fa impazzire, per Erika è ok.

Torniamo a casa per far riposare un po’ la caviglia di Erika e poi riusciamo per cena. Il piatto tipico di Medellin è la Bandeja Paisa ma, oltre ad averla inconsapevolmente mangiata la prima sera a Bogotá, è decisamente troppo pesante per noi. Optiamo per delle versioni più piccole e senza salsicce, polpettine e fegatini. I fagioli e la pancetta arrosto ci conquistano!!

Other versions of bandeja paisa
Saranno davvero più leggeri?

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