Huaraz - Un compleanno con la testa tra le nuvole e la coca

05 - 08 Ottobre 2019

I due bus, uno notturno e uno diurno, che ci portano da Mancora a Huaraz sono sorprendentemente comodi e sicuri. Il primo ci regala un sonno difficile da ottenere durante uno spostamento e il secondo ci regala paesaggi mozzafiato ad una velocità di assoluta sicurezza. Dopo tutto quello che avevamo letto sulla pericolosità dei viaggi in bus peruviani, tutto questo ci sembra strano. 
Rimaniamo sorpresi anche da quello che vediamo fuori dal finestrino. La costa del Perù è una striscia di deserto interrotta solo da zone di verde negli estuari dei fiumi che vengono dalle montagne. Salendo sulle prime “Sierre” è ancora il clima arido a farne da padrone, tant’è che la tipica vegetazione sono cactus. E’ la prima volta che li vedo da vicino e gli faccio tante foto. Successivamente è la volta delle Ande o, più precisamente della cordigliera bianca.

Una lunga fila di creste bianche, ghiacciai, si apre di fronte a noi come iniziamo a scendere verso Huaraz. Sono tutte vette di più di 6000 metri. Spettacolo.
Arrivati ad Huaraz tempo 10 minuti e la signora della guesthouse già ci ha venduto due tour per domani (quando noi volevamo riposarci) e dopodomani. Forse sarà stato il “mate di coca” (tè alle foglie di coca) che ci ha offerto appena arrivati a casa che ha abbassato le nostre capacità di giudizio (soprattutto le mie). A parte gli scherzi, ci ha convinto con le previsioni del tempo che sembrano essere promettenti, e poi domani dovrebbe essere solo una mezz’ora di camminata, giusto per acclimatarci. Erika non è molto convinta ma accetta per regalarmi un compleanno tra i monti. 
Dopo una bella doccia calda usciamo per procacciarci la cena e qualche snack per i prossimi giorni. Siamo contenti di sgranchirci le gambe dopo quasi 24 ore di autobus. 
Troviamo un supermarket ben rifornito e compriamo la colazione per domani, della frutta, cioccolata e noccioline. Per domani siamo apposto. A cena troviamo invece un ristorantino peruviano che a prezzi da “almuerzo” ci da una zuppa e una trota alla griglia. Da bere prendiamo di nuovo il “mate de coca”, che ci piace molto (sarà già la dipendenza??). D’altronde dovrebbe fare molto bene contro il mal di montagna e chi siamo noi per contraddire ciò?

Dopo cena ci trasciniamo di nuovo in ostello per provare a dormire il più possibile.  Mi sveglio con le prime luci dell’alba e il mio amore è già pronto per farmi gli auguri e abbracciarmi fortissimo. Già mi sento fortunato a passare un compleanno così.

Alle 8 un furgoncino ci viene a prendere per il primo tour giornaliero. Il cielo è nuvoloso e le vette con i ghiacciai sono quasi interamente coperte da nuvole. Su vette così alte è abbastanza usuale e non ci facciamo abbattere, passare una giornata nella natura sarà comunque bellissimo. Peccato che avevo decisamente sottostimato le 3 ore di strada per andare e altrettante per tornare. 
La prima destinazione è la laguna Paron. La guida è molto simpatica e lungo la strada ci spiega la derivazione di vari nomi in Quechua, la lingua degli inca, e ci indica alcune delle montagne più alte sotto cui passiamo. Sta poi anche mezz’ora a farci tutta una filippica sul logo della Paramount Picture che, nella sua ultima versione, è una delle montagne della cordigliera bianca. Ma ci ha anche fatto la storia del logo negli ultimi 70 anni!! 

Huaraz
Le colorate signore peruviane

  Ci fermiamo in uno dei paesini della valle a mangiare il gelato che è una specialità del luogo. Infatti in tempi antichi, blocchi di ghiaccio venivano staccati dal ghiacciaio e portati a valle per farne il gelato. E la guida ci dice che la gelateria dove andremo ancora fa così, con il ghiaccio di ghiacciaio. Ora, noi non siamo gelatai, ma non credo che il gelato si faccia con il ghiaccio. Infatti quando arriviamo, nella piazza di fronte alla gelateria c’è anche una signora anziana che fa, con il blocco di ghiaccio, una sorta di grattachecca con diversi sciroppi. Questo sono sicuro che è quello che la guida avrebbe dovuto raccontarci se non avesse dovuto venderci il gelato del negozio! Che comunque è veramente buono, per dire buono, ma allora, perchè raccontarci fregnacce?? Bha.

Huaraz
La venditrice di ghiaccio

  Dopo questa sosta iniziamo a salire per una strada bianca che si inerpica per una delle forre che spaccano la linea delle creste della cordigliera. Prima si passa per una comunità locale di contadini, ognuno con la sua casa di fango, i suoi animali e il campo coltivato, poi, quando il terreno diventa più impervio, l’umanizzazione lascia il posto a una natura selvaggia di montagna. 

Huaraz
I primi effetti della coca iniziano a farsi sentire

  Alte pareti di roccia sovrastano la valle che stiamo risalendo e la vegetazione si fa sempre più rada, solo un tipo albero resiste a queste altitutdini, prossime ai 4000m, la polylepis. Arriviamo finalmente al lago verso mezzogiorno e mezza con un timido sole che fa capolino tra le nubi e che accende l’azzurro accecante del lago.

Huaraz
La nostra prima laguna!

  Da qui l’attività di oggi prevede di salire a un punto di osservazione rialzato con una passeggiata di mezz’ora.
Arranchiamo per la salita con il cuore che ogni tanto parte all’impazzata per l’assenza di ossigeno. La vista dal punto panoramico non è niente di stravolgente e fa anche un freddo polare ora che le nuvole hanno chiuso il cielo.

Huaraz
Un particolare della laguna Paron

  Vediamo in lontananza quello che ci sembra un fronte di pioggia e decidiamo che è meglio mangiare a valle. Tra l’altro c’è un rifugio che cucina cose calde e vorremmo provarne alcune. Torniamo al punto di partenza velocemente e iniziamo il teatrino per cercare di farci considerare dalla signora che sta cucinando su dei carboni ardenti. Prima vengono i peruviani, poi, se non ti sei stancato di aspettare, forse, è il turno dei gringos. Erika per evitare di strangolare la signora e farla a porchetta sul fuoco, si prende la prima cosa disponibile: pannocchia di mais e formaggio. Io non desisto perchè voglio i Chicharron, letteralmente “pezzetti”, che possono essere di qualsiasi animale e cucinati in qualsiasi modo, ma in questo caso sono pezzetti di manzo ripassati in padella. Purtroppo sono appena finiti e la signora li sta rifacendo. La situazione è ancora più complicata dal fatto che ci sono altri peruviani che vogliono i Chicharron appena saranno pronti. Tutti gli ripetono ogni trenta secondi “Chicharron, chicharron!” e quindi anche io devo fare altrettanto. Mi piazzo a un centimetro dal fuoco facendo in modo che ogni volta che la signora si giri mi veda e io gli possa ripetere “Chicharron!”. Ovviamente sono sempre dietro a tutti i peruviani, ma alla fine, con una bella dose di tigna, riesco ad ottenere il pranzo.

Huaraz
La mia soddisfazione nel mangiare finalmente i Chicharron

  Nel frattempo inizia a piovere ma noi siamo al coperto; invece la maggior parte dei ragazzi del nostro gruppo sta ancora scendendo e arriva al rifugio fradicia. 

Riprendiamo il nostro autobus alle 14e30 e ripercorriamo tutta la strada fatta all’andata, pure con una sosta identica a quella della mattina, in un villaggio diverso ma sempre con una gelateria in piazza. Che fantasia! 
Arriviamo distrutti ma dobbiamo ancora cenare. Andiamo a fare la spesa e poi ci rifugiamo in un ristorante cinese sulla via di casa. Perchè mangiare in un ristorante cinese in Perù direte voi? ce lo chiediamo anche noi. I piatti sono non sono un granchè (ma almeno mangiamo qualcosa di diverso), mentre il servizio è un incrocio tra l’indifferenza cinese e la flemma peruviana. Potremmo essere finiti nel peggior posto di Huaraz ma a noi non ci frega nulla perchè festeggiamo il mio compleanno tra le montagne e siamo felici così.

Huaraz
Buon Compleanno!

  Torniamo a casa con un taxi e ci mettiamo subito a preparare i panini per domani. Ci buttiamo poi a letto presto che domani ci si deve svegliare prima che il sole sorga!

Alle 4 suona la sveglia e in qualche modo ci trasciniamo fuori dal letto. Alle 4e40 mettiamo il muso fuori dall’ostello e accompagnati dalla proprietaria, nella fredda notte Huaraziana (non so come si dice ma va bene lo stesso) ci incamminiamo a prendere il bus. Siamo sollevati nel vedere che almeno questo è più grande di quello di ieri e quindi più confortevole.

Huaraz
Riusciremo a dormire un po’?

  Per modo di dire, però riusciamo a sonnecchiare un po’ nelle tre ore che ci separano dall’inizio del trek. Ci fermiamo a fare colazione in un ristorante per turisti dove ci rimpinziamo di carboidrati per la salita. 
Nella parte finale l’autobus abbandona la strada asfaltata e si inerpica di nuovo in una serie di tornanti in una canyon dalle pareti altissime. Quando finalmente superiamo la parete quasi verticale, di fronte a noi si apre una sorta di altipiano tra picchi innevati che appaiono e scompaiono tra le nuvole. Un lago di montagna, dall’acqua di un azzurro surreale, occupa la maggior parte di questo altipiano. Ci fermiamo a far delle foto al gioco di colori creato dall’acqua,dalla corteccia rossa degli alberi tipici di queste altitudini e al verde scuro delle montagne. Ripartiamo però quasi subito e verso le 9 siamo all’imbocco del sentiero. 

Huaraz
L’unico albero che resiste a queste altitudini

 

Huaraz
Ancora freschi prima dell’ascesa

La guida ci prega di stare nei tempi stabiliti: tre ore per salire, un'ora per godersi il lago e due ore per scendere. Dice che sono tempi per persone mediamente allenate ma la salita può essere una sfida a volte troppo grande per chiunque. Ci invita a non spingersi troppo oltre i nostri limiti perché oltre i 4000 metri può essere pericoloso. 
Con questa iniezione di ottimismo ci mettiamo in cammino. Il sentiero inizia in una ampia valle con un torrente serpeggiante nel centro. Sul fondo, un anfiteatro di roccia sarà il teatro della nostra ascesa. Ci mettiamo un po' per trovare il setup perfetto di salita: o abbiamo troppo freddo o troppo caldo. Alla fine troviamo il giusto equilibrio esattamente quando la valle finisce e la vera salita inizia di fronte a noi. Impostiamo il nostro passo regolare e, a testa bassa, maciniamo metri e metri di fronte a noi. Passiamo vicino a una cascata e un'altra è esattamente di fronte a noi. Anche oggi è nuvoloso ma, di tanto in tanto, una cresta bianca appare tra le nuvole, dandoci la sensazione di immensità che questo luogo dovrebbe suscitare in un giorno di sole pieno.

Huaraz
La valle su cui si snoda il sentiero

  Arriviamo affannosamente alla fine della salita e di fronte a noi si apre un largo altopiano, perfettamente livellato. Nella parte più vicina a noi, un laghetto tendente a pozzanghera si estende per qualche decina di metri con la sua acqua marroncina. Non sappiamo se sperare che questa sia la laguna 69, e quindi le nostre pene sarebbero terminate, o se sperare che sia ancora più su, più bella di questa acqua paludosa, ma con la prospettiva di arrivarci distrutti. Le nostre elucubrazioni vengono spazzate via da un cartello con su scritto "Laguna 69, 1 hora". Gambe in spalla attraversiamo tutto l'altipiano e ci troviamo sotto un'altra parete di roccia. Mangiamo una banana e iniziamo a salire implacabili. Questo è il tratto più duro, un po' perché sono già due ore che saliamo e un po' per l'assenza di ossigeno. Mastichiamo le amare foglie di coca o succhiamo le più dolci caramelle con lo stesso principio attivo per limitare gli effetti dell'altura. La testa fa un po' male ugualmente ma non così tanto da dover tornare indietro. Una fila quasi ininterrotta di persone giace seduta sui massi lungo il sentiero tentando di riprendere fiato per il prossimo sprint. Il nostro stile è più quello di tenere un passo lento ma regolare, cercando di non fermarci. Alla fine ansimanti ma felici, scavalliamo l'ultimo scalino di roccia di fronte a noi e, in lontananza, vediamo un angolino di azzurro celestiale in un bacino roccioso. Le nuvole coprono la parte più alta dei picchi ma estesi ghiacciai si pretendono fino a quasi le sponde del lago. Ci avviciniamo e la bellezza e la pace di questo luogo, anche con molte persone sulle sponde, ci incantano.

Huaraz
La Laguna 69!!

  Complici anche le nuvole, sembra di essere entrati in un tempio della natura, un luogo sacro dove riconnettersi con la madre terra (quella che poi scopriremo essere la pachamama).

Ci allontaniamo un po' da dove tutti so fermano e ci troviamo un angolino isolato. Tiriamo fuori tutto il cibo che abbiamo e ce lo ricordiamo letteralmente. La vicinanza dei ghiacciai rende l'aria gelida e ci vestiamo con tutti gli strati possibili. Contempliamo lo spettacolo per una mezz'ora ma poi il freddo ci entra nelle ossa e dobbiamo muoverci. Diciamo alla nostra guida, che è appena arrivata con gli ultimi del gruppo, che noi avremmo iniziato a scendere e ci incamminiamo. 

Huaraz
Pronti a scendere…ma prima un selfie di orgoglio!

  Tremo dal freddo e anche il mal di testa non accenna a diminuire. Credo sia anche dovuto alla sveglia presto di stamattina.
Tornando verso valle i panorami sono più ampi perché aperti nelle valli sottostanti. Altri picchi innevati si scoprono alternativamente dalle nuvole e ghiacciai si mostrano nella loro gelida imponenza. 

Arriviamo al nostro autobus mezz'ora prima del limite massimo delle 3 imposto dalla nostra guida. Ci chiediamo come sia possibile che gli altri del gruppo possano farcela in tempo. 
I nostri dubbi si rivelano fondati e mentre noi dormiamo, riprendendoci dall'impresa della giornata, alla spicciolata arrivano i nostri compagni di viaggio. La guida, che chiude la fila arriva alle 4 visibilmente provato/scocciato dall'esperienza. Ora non ci resta che ripercorrere di nuovo le 3 ore che ci separano da Huaraz. Avrei quasi preferito aver da fare un'altra ora di salita che questa tortura, ma tant'è. Arriviamo distrutti, io con ancora mal di testa, brividi e mal di gambe. Facciamo spesa per la sera (perché abbiamo deciso anche di cucinarci da soli da bravi masochisti) e poi ci dirigiamo veloci in ostello.
Ci cuciniamo una zuppa pronta che ci scalda nel profondo, ma io, dopo pochi bocconi, non riesco più a resistere e mi devo mettere a letto.
Passo proprio una nottataccia, prima sentendo un freddo insostenibile e poi, dopo essermi vestito pesante, un caldo innaturale. 

Mi sveglio la mattina e mi sento molto meglio. Probabilmente stanotte ho avuto una sfebbrata dovuto a non so cosa (altura? Freddo? Virus?) ma sembra tutto passato. Ci rilassiamo in camera fino a un minuto prima del check out alle 11; avevamo proprio bisogno di riprenderci. Oggi splende un sole meraviglioso e il cielo è azzurro su tutta la valle. I picchi ghiacciati, compreso l'Hauascar, il più alto e imponente di tutti, danno mostra di se, incorniciando i confini della città. 
Andiamo a fare due passi in centro e, cercando souvenir, troviamo invece la parte più autentica della città. Non solo, assistiamo anche a alcuni festeggiamenti di cui non capiamo la ragione: una banda suona, fiori vengono distribuiti e birra scorre a fiumi.

Huaraz
La banda in un momento di pausa

  Proseguiamo per il mercato dove facciamo alcune compere di un tessuto particolare e di qualche bandierina da attaccare allo zaino.  Non trovando poi la zona dei negozi di souvenir, ci rassegnamo ad andare negli unici due che abbiamo visto in centro. Ce li facciamo bastare e compriamo un maglione per Erika e un poncho per entrambi.
Vorremmo andare in un ristorante specifico per pranzo ma lo troviamo chiuso. Ne troviamo però un altro che, per lo stesso prezzo delle taverne da strada, ci fa due piatti molto particolari e saporiti. Forse torniamo anche a cena!!

Dei nuvoloni intanto si stanno accumulando sopra di noi è quindi rientriamo in ostello prima che piova. Passiamo il pomeriggio davanti al pc tra foto e blog e la sera, essendoci brutto tempo e non avendo noi voglia di spostarci, chiediamo alla signora se può prepararci qualcosa di veloce per cena.
Verso le 9 andiamo poi al terminal di "Linea", la compagnia degli autobus che stanotte ci porterà a Lima, capitale fondata dagli spagnoli dopo la conquista di Cusco. Vedremo cosa ci aspetta!! 

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