• Siem Reap - Una civiltà perduta

  • Huaraz - Un compleanno con la testa tra le nuvole e la coca

  • Luang Nam Tah - Il meraviglioso mondo di Keo (parte I)

  • Hampi - Una motorella nella preistoria

  • Langmusi - Una religione da capire

  • Nubra Valley - Il passo più alto del mondo in sella alla Royal Enfield (parte I)

  • Cusco e Machu Picchu - Dove enormi catene montuose e foreste si incontrano

  • Iguazu Falls – La settima meraviglia del mondo...di corsa

  • Chennai - Il colorato Sud

  • Esfahan: "we are a family now"

  • Bariloche - La cartolina della Patagonia

  • Samarcanda - Mille e un fiocco di neve

  • Coyaque e Villa Cerro Castillo – La prima vetta conquistata

  • Parque Tayrona - Finalmente ai Caraibi

  • Thakek - Il leggendario Loop (parte I)

  • Udaipur - Buon compleanno Erika!!!!

  • Ushuaia - La fine del mondo...o quasi

  • Cat Ba Island - Non svegliateci da questo sogno!

  • Bagan - "..dicovi ch’ell’è la più bella cosa del mondo.."

  • Copacabana - Il lago dove nacque il sole

  • Quilotoa Loop Part II - Il lago nel vulcano

  • Salar de Uyuni (e Uyuni) - Solo bianco intorno a noi

  • Agra - La tomba della principessa

  • Puerto Natales - Le mitiche vette di Torres del Paine

  • Osh - Una cavalcata nella neve

  • El Calafate – Il ghiacciaio si scioglie

  • Koh Ngai - La quiete dopo la tempesta

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Una lista "ragionata" di quello che abbiamo messo dentro ai nostri zaini

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Un dettaglio sui costi paese per paese in base alla nostra esperienza

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Il nostro blog

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Agra - La tomba della principessa

20 - 22 Settembre 2016

Stazione di Agra. L’approccio alle nuove città inizia sempre dalle stazioni, di treni o di autobus. Anche oggi veniamo assaliti dai tuk tuk a cui questa volta dovremmo per forza affidarci, è troppo tardi per cercare mezzi di trasporto alternativi. Prima però andiamo a fare il biglietto del treno per Delhi di dopodomani, che ci servirà per prendere la coincidenza con quello notturno per Varanasi. Svolta questa missione, Marco contratta un buon prezzo per il trasferimento in tuk tuk da qui alla porta Est del Taj Mahal. Abbiamo deciso di prendere una stanza nella zona del Taj perché sarà l’unica cosa che vedremo ad Agra. Non abbiamo molto tempo e siamo venuti qui solo perché non si può andare via dall’India senza aver visto la sua principale icona.
L’autista come al solito ci propone di portarci a vedere degli hotel di sua conoscenza, ma noi decliniamo l’offerta dicendogli che dormiremo all’ingresso del Taj per aspettare che aprano le porte…quanto siamo simpatici stasera!!

Arriviamo al punto pattuito, scendiamo e iniziamo a girare per cercare un hotel. Ne avevamo già selezionato uno e ci dirigiamo verso di quello. Sorprendentemente ci va subito bene, sia come prezzo che come qualità della stanza. Appena riposte le nostre case viaggianti, ci sediamo nel ristorante dell’hotel per cena e poi nanna. Domani mattina ci si alza presto per sfruttare le ore fresche della mattinata!
E così dopo più di un mese in India facciamo contenti tutti e andiamo anche noi a visitare il famosissimo Taj Mahal, l’attrazione TOP dell’India. Ci alziamo di buonora, avremmo potuto alzarci prima per essere dentro al Taj per l’alba, ma di albe ne abbiamo già viste abbastanza! Ci prendiamo un veloce chai con i biscotti per strada e poi percorriamo i 2 km che ci separano dalla biglietteria. Ora, dico, è proprio necessario posizionare la biglietteria a 2 km dall’ingresso???
Comprati i costosissimi biglietti, il cui prezzo è aumentato del 50% da aprile di quest’anno, ci apprestiamo a ripercorrere la distanza fino all’entrata, ma veniamo sorpresi da un servizio di navetta gratuito messo a disposizione per i turisti. Per una volta qualcosa che non si paga!!
E alla fine, dalla porta est, facciamo l’ingresso verso il glorioso Taj Mahal…ovviamente senza farci mancare i ponteggi (piccola nota: dall’inizio del nostro viaggio ad oggi difficilmente abbiamo visto monumenti famosi senza che fossero in ristrutturazione!!).

Agra – Taj Mahal
La porta d’ingresso al Taj Mahal

Il colpo d’occhio da lontano è già magnifico, questo enorme mausoleo candido, totalmente simmetrico, l’immagine della perfezione architettonica, posato dietro a dei giardini stile inglese, nel cui corridoio centrale è disposta una azzurrissima fontana.

Agra – Taj Mahal
La vista classica

I giardini era stati inizialmente posati in stile persiano, per poi essere trasformati al tempo in cui l’India divenne una colonia britannica. Con tutto il rispetto per gli inglesi, dopo aver visto i giardini persiani in Iran, non riesco a non pensare che avrebbero esaltato di più l’intero complesso! Peccato…

Agra – Taj Mahal
La vista “sbagliata”

Proviamo a fare qualche foto da lontano, con la luce post-alba, cercando di farci largo tra le decine di turisti che già invadono la zona. Proseguiamo poi verso l’imponente mausoleo, con l’immancabile fermata nei pressi della fontana, nelle cui acque si rispecchia il bianco Taj. Proviamo anche qui a rubare qualche scatto per poi andare oltre.

Agra – Taj Mahal
Riflessi persiani

Nei pressi dell’entrata ai locali interni indossiamo i calzari che ci sono stati forniti alla biglietteria ed entriamo. L’interno è meno impressionante del colpo d’occhio esterno, ma è allo stesso modo finemente decorato. La sala principale ospita la tomba della moglie dell’imperatore Shah Jahan (in realtà la vera tomba si trova al piano inferiore non accessibile). Fu proprio lui ad ordinare la costruzione di questo monumento funebre per ospitare i resti dell’amata moglie. La leggenda che si racchiude dietro questa magnifica opera mi incuriosisce. Si dice, infatti, che l’imperatore era logorato dal dolore per la morte della sua amata e aveva in mente per onorarla un mausoleo perfetto. Si fece fare numerosi progetti ma nessuno lo soddisfaceva, chiamò, quindi, un architetto persiano, al quale fece uccidere la fidanzata in modo che sentisse il suo stesso dolore e che questo lo portasse a progettare un’opera magnificamente perfetta e degna…diciamo un po’ crudele come processo motivazionale, ma pare abbia funzionato!
Torniamo all’esterno e giriamo intorno al mausoleo, vediamo dietro il fiume che attraversa Agra, il cui continuo prosciugamento sta facendo indebolire le fondamenta dei due minareti più esterni, che rischiano così di crollare, alla sinistra la moschea e a destra, esattamente speculare, la copia della moschea. Quest’ultima è stata costruita solo per mantenere la simmetria, ma non può essere una moschea in quanto non rivolta verso La Mecca.

Agra – Taj Mahal
Il fiume alle spalle del monumento

 

Agra – Taj Mahal
La moschea

Lascio Marco sfogarsi con il suo estro fotografico, mentre io mi siedo in contemplazione di questa perfezione, leggendo anche qualche altro aneddoto di questa opera fascinosa. Ad esempio, leggo che la tomba della moglie dell’imperatore è il fulcro di tutta l’opera, rispetto al quale tutto è simmetrico. Peccato che il figlio dell’imperatore decise, per tirchiaggine, di posizionare la tomba del padre proprio qui accanto a quella della moglie, invece di farla costruire là dove egli aveva pensato. Così questa tomba in più non prevista rovina tutta l’impeccabile simmetria che l’imperatore Shah Jahan aveva cercato con ossessione!!

Agra – Taj Mahal
Poso anche per questa bellissima foto

Ammiriamo anche una volta questo meraviglioso sito, per poi risalire i giardini e dopo un ultimo colpo d’occhio uscire! E fuori pensiamo ancora alla commistione di stili architettonici, riflesso della commistione di culture, che esiste in India. Architettura persiana, moghul, coloniale si fondono insieme, così come indù, musulmani, buddisti, cristiani convivono pacificamente in questa terra in cui tutto è possibile, in cui l’ospitalità e la tolleranza vengono prima della ricchezza.

Agra – Taj Mahal
Un selfie prima di uscire

Prima di rientrare in hotel, ci sediamo nella terrazza sul tetto di uno dei tanti locali vicino al Taj Mahal, per una seconda, più sostanziosa colazione a base di muesli e curd, una specie di yogurt tipico dell’India.
Per oggi le mete turistiche sono finite. Sappiamo che è sbagliato identificare Agra solo con il Taj Mahal, e che ci sono altre attrazioni intorno alla città, come il forte rosso, ma abbiamo deciso così…un forte rosso lo abbiamo già visto a Delhi e ci ha profondamente deluso! Lentamente quindi passeggiamo verso l’hotel e quando rientriamo ci dedichiamo al lavaggio dei panni. Fuori dalla stanza infatti abbiamo un ampio spazio in cui stenderli ed il bel sole cocente li asciugherà sicuramente entro domani mattina.
Prima di pranzo andiamo a sederci al ristorante dell’hotel e scriviamo un po’ il blog per poi ordinare qualche pietanza tipica. Dopo pranzo ci rendiamo conto che è ora di fare un piano di massima per il sud dell’India, visto che, a parte il Kerala che tutti ci hanno consigliato, non sappiamo per niente cosa ci sia di bello. Informandoci, un po’ sulla Lonely Planet, un po’ su qualche blog di viaggio, cerchiamo di mettere insieme le idee. Peccato, però, che questa volta abbiamo pensieri divergenti: io vedevo il sud come un punto in cui rallentare, fare poche tappe e goderci le ultime settimane in rilassatezza, mentre Marco vorrebbe continuare con il ritmo che abbiamo adesso per poter avere un’idea più ampia anche delle regioni meridionali prima di tornare a casa. Questa divergenza non sarebbe tanto grave se non ci fosse di mezzo la prenotazione di treni a lunga percorrenza da prenotare, che come abbiamo imparato vanno a ruba settimane prima.
La discussione diventa accesa, complice anche la stanchezza, e non riusciamo a smorzarla. Per l’intero pomeriggio non ci parliamo e se lo facciamo è solo per continuare a darci addosso, non riusciamo a stare calmi e, come sempre, cercare di capire le ragioni dell’altro. A pensarci adesso, rovinarsi un intero pomeriggio per una decisione così stupida sembra un sacrilegio!!
Per sbollire la rabbia vado a farmi una passeggiata da sola, ma in questa zona è impossibile starsene in pace: ad ogni passo qualcuno ti vuole vendere qualcosa, che sia un souvenir o un giro in tuk tuk, in maniera molto più insistente e fastidiosa di altre parti. Questa cosa non va d’accordo con il mio nervosismo, quindi mando a quel paese l’ultimo venditore assillante e finisco per tornarmene indietro.
Quando arrivo in stanza trovo Marco che sta attaccando le bandierine sullo zaino e siccome non voglio essere da meno inizio anche io: lui nel piazzale davanti alla stanza e io dentro. Che scemi!!!
Verso sera, quando gli animi si sono un pochino calmati, riusciamo ad aprirci e a raccontarci quello che ci ha ferito del comportamento dell’altro. Come sempre ci accorgiamo che alla base della discussione ci sono state enormi incomprensioni: atteggiamenti che sembravano cattivi, erano solo l’espressione di una piccola ferita che sentivamo dentro. Piano piano, molto lentamente e con molta pazienza, riusciamo finalmente a chiarirci e ad iniziare a riavvicinarci, anche se ancora la botta emotiva non accenna ad andarsene.
Usciamo per cena, mano nella mano, e torniamo nel locale con il ristorante sul terrazzo con vista Taj, anche se a quest’ora non si vede molto, non essendo illuminato. Prendiamo due Thali e poi torniamo in stanza, sperando che la notte faccia passare completamente il distacco!
Il mattino dopo ci alziamo, non con molta fretta: abbiamo il treno per Delhi alle 10:20 quindi ci concediamo prima una colazione al ristorante dell’hotel, per poi riprendere gli zaini in spalla e con un tuk tuk procedere verso la stazione.
Una volta arrivati Marco prende il biglietto con la prenotazione e lo fa vedere ad un addetto delle ferrovie. Strano comportamento, perché di solito facciamo da soli consultando il cartellone. Ma questo inaspettato movimento ci facilita tutto quello che viene dopo. Il ragazzo, infatti, ci dice che il nostro treno è 5 ore in ritardo, cosa che ci farebbe perdere la coincidenza per Varanasi. Cercando di comunicare con un inglese un po’ stentato, ci fa capire che, dato l’enorme ritardo, abbiamo il diritto di prendere un altro treno con lo stesso biglietto, l’unico inconveniente è che non possiamo in questo modo avere i posti prenotati. Poco male, il viaggio è solo di 3 ore, possiamo anche stare in piedi. L’addetto ci scrive sul biglietto che il nostro treno è 5 ore in ritardo, ci mette un timbro, una firma e tutto è sistemato!
Una volta risolto questo inconveniente, riflettiamo su quanto è stato gentile il ragazzo e di quanto non ci aspettassimo dalle ferrovie indiane una gestione simile di un imprevisto del genere!
Aspettiamo il primo treno per Delhi e saliamo. Il vagone che scegliamo è quasi vuoto e troviamo posto vicino a delle simpatiche signore nei loro saree colorati e ad un ufficiale. Le signore mi chiedono in qualche modo se abbiamo la prenotazione, facciamo cenno di no e a gesti facciamo capire il perché. Nessun problema…un indiano si farà sempre più in là per farti posto anche se lui/lei quel posto ce l’ha riservato e tu no!! Marco si siede a qualche posto più avanti e quando le signore scendono mi raggiunge e mi racconta che nella cuccetta davanti a quella dove era seduto c’è un detenuto incatenato, con 4 o 5 ufficiali vicino!! Una sicurezza insomma!! Il gruppo di ufficiali e carcerato scendono a qualche stazione più avanti e prima di scendere li vediamo prendere i loro enormi fucili che avevano semplicemente appoggiato su un sedile…un altro brivido mi percorre la schiena!!

Agra – Taj Mahal
Un comodo giaciglio

A qualche chilometro da Delhi avvertiamo il nostro amico Anshul del nostro imminente arrivo. Ci eravamo già sentiti per vederci sfruttando la mezza giornata di attesa tra l’arrivo del treno da Agra e quello in partenza per Varanasi. Ci fa piacere rivederlo, anche perché l’ultima volta ci eravamo salutati con un appuntamento per il giorno successivo al quale non siamo potuti andare a causa della malattia di Marco. La sua gentilezza si merita un saluto migliore!!
L’ospitalità estrema che caratterizza il popolo indiano, fa sì che Anshul ci venga anche a prendere con la sua auto in stazione. Siamo davvero felici di rivederlo e di passare un altro po’ di tempo con lui.
Come promesso ci porta alla seconda tappa del tour gastronomico che aveva previsto per noi. La prima tappa sono degli spuntini che gli indiani sono soliti fare durante tutto il giorno e infatti ci sono bancarelle apposite in goni dove. Del primo non ricordo il nome e mi risulta anche difficile ricostruire gli ingredienti, ricordo solo che me lo sono mangiato con gusto. Il secondo è il famoso pani puri o golgappa, ovvero delle palline di pastella fritta, vuote dentro, che vengono bucate ad una estremità e riempite con dell’acqua speziata (e a vari livelli di piccantezza). Non sono male, ma non riusciamo a capire fino in fondo la brama che gli indiani hanno per questo spuntino.
Con la pancia già piena ci sediamo per pranzo nello stesso posto in cui abbiamo comprato i pani puri. Ordiniamo del cibo tipico del nord India, con le caratteristiche salse cremose, e del naan. Tutto è fin troppo squisito e, andando contro alla sensazione di sazietà già al secondo boccone, facciamo uno sforzo per finire tutto!!
Ma non è finita qui! Anshul ha in mente per noi un’altra tappa. A due passi dalla “locanda” in cui abbiamo pranzato, c’è uno dei locali più famosi per il lassi…come dire di no!! E in effetti è uno dei migliori lassi assaggiati finora, ma è anche il colpo letale per tutti e tre!! Siamo visibilmente provati dall’abbondante pranzo e gli sbadigli si susseguono senza accennare ad una fine!
Durante tutto il pranzo Anshul è stato, come sempre, prodigo di qualsiasi tipo di informazione sulle nostre successive tappe, in particolare Varanasi e Calcutta. Ci ha suggerito cosa fare e cosa vedere, ci ha consigliato una guesthouse a Varanasi che si è anche preso la briga di chiamare per accertarsi che avesse posto e ci ha dato tutti i contatti di suoi amici/parenti del luogo in caso avessimo bisogno di qualsiasi cosa. Devo essere sincera, sono sempre più colpita da questa gentilezza fuori dal comune e mi trovo anche in imbarazzo per non sapere come ricambiare o solo trovare le parole giuste per ringraziare. Mi ritrovo a dire mille volte grazie al punto tale che lo stesso Anshul mi blocca dicendomi che non c’è bisogno di tutta questa riconoscenza, per lui è normale comportarsi così, in particolare con gli ospiti!
In ogni caso rimaniamo a bocca aperta ad ascoltare i suoi racconti e gli facciamo presente che sarebbe stato fantastico per noi condividere con lui la scoperta dell’India…è una guida fenomenale! Per tutta risposta ci dice che se avesse avuto una fidanzata non ci avrebbe pensato due volte ad unirsi a noi per un po’…peccato!!
Ancora sbadigliando per il troppo cibo, rientriamo in auto. Anshul ci accompagna ad un negozio della Airtel per ricaricare il pacchetto dati della SIM indiana…operazione che risulta più facile ed economica di quanto pensassimo.
Adesso però è ora di andare in stazione e Anshul non ci lascia soli neanche in questo, ma si offre di accompagnarci. A pochi metri dalla stazione iniziamo a salutarci e a dirci quanto è stato bello condividere del tempo con lui e rivedersi dopo così tanto tempo…da Parigi a Delhi. Chi lo avrebbe mai detto 5 anni fa che lo avrei rivisto nel suo paese durante un viaggio itinerante di 9 mesi!!!
Purtroppo ci dimentichiamo di farci firmare gli zaini, o meglio, quando arriviamo in stazione c’è un caos tale che Anshul è costretto a lasciarci al volo. Un ultimo abbraccio e un saluto da lontano…chissà dove ci rivedremo la prossima volta!
Per l’ennesima volta entriamo nella stazione di Nuova Delhi. Prima di tutto andiamo all’ufficio prenotazioni per stranieri per comprare i biglietti dei prossimi spostamenti fino a Chennai. Dalla litigata ad Agra non abbiamo più parlato dei piani per il sud, ma nel frattempo mi sono documentata e ho visto che, a prescindere dall’itinerario che sceglieremo, gli spostamenti non saranno così lunghi e saranno per lo più in autobus, per i quali non serve la prenotazione molto in anticipo. Problema parzialmente risolto…quando raggiungeremo Chennai capiremo cosa vogliamo fare e vedere e con che ritmo continuare!! Leti t be…
Mancano ancora un paio d’ore al nostro treno e ci sediamo nella, ormai nota, sala d’aspetto. Dato il pranzo luculliano non abbiamo nemmeno bisogno di cenare e alle 20 iniziamo a raggiungere il binario. Destinazione: la città più sacra dell’India!

 

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 "Un indovino mi disse" T. Terzani

 

 

"Muovendomi fra l'Asia e l'Europa in treno, in nave, in macchina, a volte anche a piedi, il ritmo delle mie giornate è completamente cambiato, le distanze hanno ripreso il loro valore e ho ritrovato nel viaggiare il vecchio gusto di scoperta e di avventura.

D'un tratto, senza più la possibilità di correre a un aeroporto, pagare con una carta di credito, schizzar via ed essere, in un baleno, letteralmente dovunque, sono stato costretto a riguardare al mondo come a un intreccio complicato di paesi divisi da bracci di mare che vanno attraversati, da fiumi che vanno superati, da frontiere per ognuna delle quali occorre un visto: e un visto speciale che dica "via terra", come se questa via, specie in Asia, fose nel frattempo diventata così insolita da rendere automaticamente sospetto chiunque si ostini a usarla.

Spostarsi non è stato più questione di ore, ma di giorni, di settimane. Per non fare errori, prima di mettermi in viaggio, ho dovuto guardare bene le carte, rimettermi a studiare la geografia. Le montagne sono tornate a essere possibili ostacoli sul mio cammino e non più delle belle, irrilevanti rifiniture in un paesaggio visto da un oblò.

Il viaggiare in treno o in nave, su grandi distanze, m'ha ridato il senso della vastità del mondo e sopratutto m'ha fatto riscoprire un'umanità, quella dei più, quella di cui uno, a forza di volare, dimentica quasi l'esistenza: l'umanità che si sposta carica di pacchi e di bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano in ogni senso sopra la testa.

Impormi di non volare è diventato un gioco pieno di sorprese. A far finta, per un po', d'esser ciechi si scopri che per compensare la mancanza della vista, tutti gli altri sensi si affinano. Il rifiuto degli aerei ha un effetto simile: il treno, con i suoi agi di tempi e i suoi disagi di spazio, rimette addosso la disusata curiosità per i particolari, affina l'attenzione per quel che si ha attorno, per quel che scorre fuori dal finestrino. Sugli aerei presto si impara a non guardare, a non ascoltare: la gente che si incontra è sempre la stessa; le conversazioni che si hanno sono scontate. In trent'anni di voli mi pare di non ricordarmi di nessuno. Sui treni, almeno quelli dell'Asia, no! L'umanità con cui si spastiscono i giorni, i pasti e la noia non la si incontrerebbe altrimenti e certi personaggi restano indimenticabili.

Appena si decide di farne a meno, ci si accorge di come gli aerei ci impongono la loro limitata percezione dell'esistenza; di come, essendo una comoda scorciatoia di didtanze, finiscono per scorciare tutto: anche la comprensione del mondo. Si lascia Roma al tramonto, si cena, si dorme un po' e all'alba si è già in India.

Ma un paese è anche tutta una sua diversità e uno deve pur avere il tempo di prepararsi all'incontro, deve pur fare fatica per godere della conquista. Tutto è diventato così facile oggi che non si prova più piacere per nulla. Il capire qualcosa è una gioia, ma solo se è legata a uno sforzo. Così con i paesi. Leggere una guida, saltando da un aeroporto all'altro, non equivale alla lenta, faticosa acquisiszione - per osmosi - degli umori della terra cui, con il treno, si rimane attaccati.

Raggiunti in aereo, senza un minimo sforzo nell'avvicinarli, tutti i posti diventano simili: semplici mete separate fra di loro solo da qualche ora di volo. Le frontiere, in realtà segnate dalla natura e dalla storia e radicate dalla coscienza dei popoli che ci vivono dentro, perdono valore, diventano inesistenti per chi arriva e parte dalle bolle ad aria condizionata degli areoporti, dove il "confine" è un poliziotto davanti allo schermo di un computer, dove l'impatto con il nuovoè quello con il nastro che distribuisce i bagagli, dove la commozione di un addio viene distratta dalla bramosia del passaggio obbligato attraverso il "free duty shop", ormai uguale dovunque.

Le navi si avvicinano ai paesi entrando con lento pudore nelle bocce dei loro fiumi: i porti lontani tornano ad essere delle agognate destinazioni, ognuna con la sua faccia, ognuna con il suo odore. Quel che un tempo si chiamavano i terreni d'aviazione erano anche loro un po' così. Oggi non più. gli aeroporti, falsi come messaggi pubblicitari, isole di relativa perfezione anche nello sfacelo dei paesi in cui si trovano, si assomigliano ormai tutti: tutti parlano nello stesso linguaggio internazionale che da a ciascuno l'impressione di essere arrivato a casa. Invece si è solo arrivati in una qualche periferia da cui bisogna ripartire, in autobus o in taxi, per un centro che è sempre lontanissimo.

Le stazioni invece no, sono vere, sono specchi delle città nel cui cuore sono piantate. Le stazioni stanno vicino alle cattedrali, alle moschee, alle pagode o ai mausolei. una volta arrivati li, si è arrivati davvero."


T. Terzani, "Un indovino mi disse"


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