• Hampi - Una motorella nella preistoria

  • Agra - La tomba della principessa

  • Coyaque e Villa Cerro Castillo – La prima vetta conquistata

  • Quilotoa Loop Part II - Il lago nel vulcano

  • Cat Ba Island - Non svegliateci da questo sogno!

  • Salar de Uyuni (e Uyuni) - Solo bianco intorno a noi

  • Luang Nam Tah - Il meraviglioso mondo di Keo (parte I)

  • Bagan - "..dicovi ch’ell’è la più bella cosa del mondo.."

  • Osh - Una cavalcata nella neve

  • Ushuaia - La fine del mondo...o quasi

  • Thakek - Il leggendario Loop (parte I)

  • Nubra Valley - Il passo più alto del mondo in sella alla Royal Enfield (parte I)

  • Bariloche - La cartolina della Patagonia

  • Huaraz - Un compleanno con la testa tra le nuvole e la coca

  • Samarcanda - Mille e un fiocco di neve

  • Langmusi - Una religione da capire

  • Chennai - Il colorato Sud

  • Puerto Natales - Le mitiche vette di Torres del Paine

  • El Calafate – Il ghiacciaio si scioglie

  • Cusco e Machu Picchu - Dove enormi catene montuose e foreste si incontrano

  • Udaipur - Buon compleanno Erika!!!!

  • Copacabana - Il lago dove nacque il sole

  • Siem Reap - Una civiltà perduta

  • Koh Ngai - La quiete dopo la tempesta

  • Parque Tayrona - Finalmente ai Caraibi

  • Esfahan: "we are a family now"

  • Iguazu Falls – La settima meraviglia del mondo...di corsa

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Una lista "ragionata" di quello che abbiamo messo dentro ai nostri zaini

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Un dettaglio sui costi paese per paese in base alla nostra esperienza

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Il nostro blog

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Osh - Una cavalcata nella neve

14 - 16 Febbraio 2016

L’albergo di Andjon continua a stupirci in peggio: a stento riusciamo ad avere l’acqua per lavarci i denti. Che lusso! Usciamo di corsa e facciamo colazione in un cafè li a fianco. Per evitare la solita frittata ci compriamo una bella stecca di cioccolata e ordiniamo due Nescafe con latte! Oggi vogliamo tornare un po’ italiani! Contrattiamo velocemente un taxi per las frontiera. Questa sarà la prima senza un visto nel passaporto! In teoria per i cittadini italiani l’ingresso è consentito per una permanenza limitata (mi pare 15 gg) senza visto ma un conto è leggerlo su internet dal divano di casa un altro è trovarsi nella terra di nessuno tra due paesi senza ne poter andare avanti ne tornare indietro…ma fortunatamente tutti questi pensieri sono rimasti solo brutti incubi. Tutti alla frontiera sono stati gentilissimi e cordiali (a ricordarci sempre che il Turkmenistan è un caso più unico che raro) e ci hanno fatto velocemente entrare in Kyrgyzstan.

La prima tappa è Osh a 2km dalla frontiera. Schiviamo velocemente i tassisti di confine e ci dirigiamo verso le marshrutka che per 10 som ci portano in centro. La prima visita la facciamo alla CBT agenzia turistica molto diffusa sul territorio che organizza tutte le attività possibili e immaginabili. Dopo aver trovato chiuso riusciamo a contattare il titolare Talent (+996555077621 il numero si trova anche sulla LP) un disponibilissimo ragazzo che parla perfettamente l’inglese e che dopo un iniziale imbarazzo nel quale ci chiede perché diavolo stessimo viaggiando in inverno (neanche “low-season” per lui, proprio “no-season”) ci propone un paio di alternative per delle escursioni a cavallo nelle montagne innevate vicino Osh. In una delle due soluzioni è previsto anche il pernottamento da una famiglia di allevatori locali in una “yurta invernale” (in realtà una stanza della loro casa arredata esattamente come una yurta). La cosa ci entusiasma e senza pensarci due volte accettiamo!! Ci chiede poi se il giorno seguente, al ritorno del nostro tour, possiamo tornare da lui per incontrare una classe di studenti. Accettiamo con entusiamo anche in questo caso e ci diamo appuntamento all'indomani.
Prendiamo il primo taxi per Tashkoro (il nome del paesino) dove uno dei figli della signora che ci ospiterà ci sta aspettando all’ingresso del paese. Siamo anche molto fortunati dato che oggi è domenica e in inverno in questo giorno vengono organizzati i tipici giochi con i cavalli in tutte le valli. Come ne vediamo uno imploriamo l’autista in tutte le lingue a noi conosciute (a lui evidentemente sconosciute però) di fermarsi per 5 minuti solo per vedere dal vivo questo spaccato di vita. Ringraziando il cielo ci capisce e con un sorriso ci accompagna proprio di fronte a un “campo da gioco” (il letto di un fiume quasi in secca). Qui diveniamo istantaneamente l’attrazione del giorno e tutti ci salutano e ci chiedono da dove veniamo. Il più spavaldo si avvicina mi stringe la mano e poi chiede a Erika se vuol salire sul suo cavallo.

”Giochi
Aitante kyrzygo con Erika

  Lei accetta di buon grado io un po’ meno visto l’aitante ragazzone che le sta tendendo la mano xD. Inoltre qui in Kyrgyzstan la tradizione vuole che per sposare una ragazza questa debba essere rapita dal pretendente…con questi pensieri vedo la mia amata allontanarsi in groppa a un cavallo insieme a un kyrgyso. Fortunatamente dopo un giro di campo mi viene restituita la “rapita” tutta sorridente. Facciamo due foto e ci allontaniamo.
Arriviamo nel paesino e ci sentiamo esattamente dove volevamo essere: in mezzo a un anfiteatro di montagne bianchissime in uno sperduto villaggio di una decina di case di pastori, ognuno con la sua stalla di mucche e cavalli. La casa della signora dove alloggeremo è una tipica casa di campagna come poteva essere una nostra casa di contadini 50 anni fa: c’è l’edificio principale dove ci sono le stanze per la notte, all’esterno una tettoia con la cucina “estiva” e il forno ed infine un ultimo casottino dove c’è la cucina invernale. Ovviamente il bagno altro non è che una tettoia con le pareti su tre lati e un buco al centro, che si trova in fondo a tutto, dopo la stalla. Di acqua corrente non ne abbiamo vista ma tutto è perfettamente organizzato perché ci sia sempre pronta una brocca di acqua calda per lavarsi e una teiera per gustarsi del buon chai. Per scaldarsi una caldaia a carbone è più che sufficiente come termosifone e come fornello. La stanza a noi riservata come detto è arredata perfettamente come una yurta: tappeti coloratissimi in terra (con disegni tipici kyrzyghi) tendaggi alla pareti, la caldaia e, ammonticchiati in un angolo, i vari materassini per sedersi o dormire. Nonostante non ci fosse nulla, c’è tutto quello che serve per non farti mancare niente. Ci sediamo subito in terra dove la signora (dal nome purtroppo impronunciabile per noi) ci porta del chai e delle marmellatine. Ci rifocilliamo un po’ e poi andiamo a farci un giretto visto che oggi pomeriggio è tutto relax, l’escursione a cavallo è programmata per domani mattina. Ci incamminiamo per la collina e ci fermiamo quasi ad ogni stalla per vedere o un puledro o un vitello o un agnellino. Anche qui siamo l’attrazione del giorno soprattutto tra i bambini che giocano a hookey con dei bastoni ricurvi e dei sassi. Sembra banale e forse lo è ma che bello respirare l’innocenza di questi giochi costruiti con niente: un po’ di ghiaccio per terra su cui far scivolare gli scarponi e quello che si riesce a trovare in giro. Siamo stati a guardarli giocare per un bel po’. Il pomeriggio scivola lento verso sera tra passeggiate e piccole soste godendoci le piccole grandi cose che questo posto ci regala e che con la lentezza si possono gustare a pieno. La casa è anche rallegrata da i due nipotini della signora che sono due simpatiche pesti: corrono e saltano dappertutto con una vivacità unica. Per cena la signora ci porta dell’ottima zuppa con patate, carne e qualche verdurina.

”yurta
Yurta invernale kyrzyga

  Noi dobbiamo festeggiare una doppia ricorrenza stasera: san Valentino ma soprattutto “un mese” di viaggio!! Giochiamo quindi all’appuntamento romantico a cena fuori e ci divertiamo come scemi. Il piatto è veramente delizioso ma al termine abbiamo ancora una fame da lupi!! Speriamo che ci porti qualcos’altro per una buona mezz’ora, poi capiamo che la cena è solo quella (ora capiamo perché sono tutti magri come grissini!) e ci consoliamo spazzolandoci il pane rimasto. Quindi rimaniamo lì a parlare per più di un’ora di tutto, profondamente, e ci facciamo una di quelle chiacchierate rigeneranti, di fronte a un bicchiere di chai e a un caminetto (anche se era una cubo di lamierato di ferro saldato non troppo accuratamente xD). Prepariamo poi il letto con tanti strati di materassini sui tappeti e doppio piumone. Anzi, a voler essere precisi un piumone e un pecorone. Che ancora c’aveva l’anima della pecora dentro! Il fatto che basti muovere un paio di cuscini per passare dalla zona giorno alla zona notte in un ambiente ordinatissimo mi fa apprezzare questa tipologia di vita sempre di più. Ovviamente è applicabile anche in un ambiente meno “spartano” come in casa di Rasool a Najafabad con gli stessi vantaggi!!

”La
Setup per la notte

  La mattina dopo il sole è pieno e il cielo è incredibilmente azzurro: un regalo fantastico di questa terra!! Partiamo quindi con tre cavalli, noi due più quello della guida; anzi quello delle guide. Infatti entrambi i fratelli decidono di venire e quel povero cavallo, non proprio in carne, è costretto a sopportare il peso di entrambi. Iniziamo a salire per la collina. Siamo raggianti!! Il clima è perfetto, siamo circondati da montagne innevate e c'è un sole che ci scalda dentro.

”Con
Sentiero di salita con il cavallo

  I cavalli sono educati alla perfezione e rispondono immediatamente ai comandi: si vede che sono cavalli che vengono usati e curati per l'utilizzo quotidiano e non solo per le escursioni di noi turisti. Il mio cavallo è nerissimo, ma non si può dire che abbia la stazza di uno che si possa chiamare Furia. Quello di Erika ha invece un manto di un marrone bellissimo e una criniera bionda lucente. Al passo, su sentieri e mulattiere saliamo sempre di più fino ad arrivare su un piccolo altipiano immacolato con una vista superba: in lontananza si scorgono le vette ghiacciate del Pamir.

”Escursione
Sull’altopiano con “Furia”

  Su questa distesa di neve intatta non resistiamo e ci facciamo una miriade di foto e facciamo un po' di coccole ai cavalli che sono stati bravissimi a portarci fin quassu. Le coccole di Erika sortiscono un effetto "stimolante" sul suo cavallo con effetti che si possono immaginare...ci mettiamo a ridere come imbecilli. Come riprendiamo l'escursione chiedo alla guida se posso provare il "cloppete cloppete" (ho dovuto mimargli il galoppo perchè il grado di comunicazione era ovviamente pari a zero): Non ci speravo ma mi dice di si! Mi accompagna in fondo al tratto pianeggiante e poi si lancia al galoppo di fronte a me. Io provo a scalciare come un dannato ma più in la di un timido trotto non riesco ad andare. Il ragazzo prova a spiegarmi come fare (poi ho capito che uno dei comandi fondamentali era tirare le briglie per alzargli un po' la testa ma questo proprio non me lo ricordavo dalle mie lezioni di equitazione di una vita fa, o forse lo fanno solo qui) ma non capisco una parola di quello che dice; alla fine me lo lancia al galoppo lui tirando le briglie dal suo cavallo e la sensazione è stata quella di volare sopra le nuvole. Mai avrei pensato di poter galoppare sopra un manto di neve fresca. Rifacciamo il giochino due o tre volte e alla fine fanno provare anche Erika!!

”Escursione
Un momento che difficilmente scorderemo

  Adesso è veramente tempo di tornare al paese. La discesa nella neve riserva qualche preoccupazione in più visto i continui piccoli scivolamenti dei cavalli. Fino a quando il cavallo delle guide non scivola completamente con il sedere a terra e poi con una lentezza quasi comica, se il momento non fosse stato pericoloso, continua a derapare verso valle con le zampe anteriori tesissime nel tentativo di frenarsi. Fortunatamente la pendenza dopo poco diventa tale da permettergli di rimettersi in piedi facilmente e dopo aver controllato che ne lui ne i ragazzi abbiano riportato danni si riparte. Certo loro che ci sono abituati hanno avuto i riflessi per non farsi nulla, probabilmente noi saremmo caduti come sacchi di patate.
Fortunatamente si arriva a casa sani e salvi dove ci aspetta un pranzetto ristoratore...o meglio sempre il solito pane e marmellata mangiato appena arrivati ieri e a colazione oggi. Ma noi ci adattiamo; in più però ora il pane è appena sfornato ed è divino!!! Il metodo di cottura del pane è simile a quello dei somsa. Fanno delle piccole pizze di una trentina di cm di diametro di pasta fresca, ci mettono un po' di latte sulla superficie e poi lo attaccano alle pareti del forno. In pochi minuti è cotto.

”Famiglia
Famiglia kyrzyga con Erika

  Dopo pranzo è tempo di tornare ad Osh dove ci aspetta Talent per l'incontro con gli studenti. Salutiamo tutti e ci facciamo le foto di rito con la nonna e la nipotina scatenata. Penso che, nonostante ci abbiano fatto patire un po' la fame, ci rimarranno nel cuore a lungo.
A Osh andiamo a trovare la guesthouse per la notte e sul vialetto chi ti incontriamo?? il ragazzo giapponese che sta aspettando il taxi per Bishkek!! Non ci riusciamo a credere, ma non doveva andare in Tajikistan? Ci salutiamo come vecchi amici di fronte al gestore della guesthouse incredulo. Ci facciamo anche un selfie perchè non ci possiamo dimenticare di lui!!

”Viaggiatore
Il nostro amico giapponese

  Ci facciamo una rapidissima doccia e andiamo dagli studenti di Talent. In una sala conferenze in un albergo viene allestito un tavolo rotondo nel quale noi sembriamo essere gli ospiti d'onore: veniamo presentati, ci viene chiesto di presentarci e ci spiegano che questa è una classe di laureati (i migliori del kyrgykistan ci viene detto) che sta frequentando un corso per l'ingresso nel mondo del lavoro. Dopo i primi normali istanti di imbarazzo ci iniziano a tempestare di domande alle quali cerchiamo di rispondere meglio che possiamo. Passiamo una buona mezz'ora con loro poi ci congediamo e li lasciamo alla loro lezione: sembrano veramente dei ragazzi in gamba! spero facciano strada!

”Lezione
Ospiti di una lezione di una classe universitaria kyrzyga

  Passeggiamo un po' per il bazar aspettando la cena: si dice che questo bazar sia più antico di Roma. Non c'è molto da vedere ma a noi serviva di rifornirci di qualcosa e non c'è niente di meglio di un bazar per trovare tutto quello di cui si ha bisogno.
Per cena decidiamo di assaggiare i famosi tagliolini kyrzighi...il problema è dove? e sopratutto come farsi capire? scartiamo un paio di posti che ci dicono che sono finiti o in cui non riusciamo a comunicare. Stasera siamo determinati. Alla fine Erika decide di entrare in un ristorante con nell'insegna proprio il disegno dei tagliolini. Li ordiniamo in brodo e al sugo di carne. I secondi sono superbi...sarà la fame, sarà la lontananza da casa ma mi viene in mente una bestemmia: sembrano meglio degli spaghetti! ma qui lo dico e qui lo nego!

”Tagliolini
Piatto di tagliolini ad Osh

  La guesthouse dove dormiamo è in realtà un appartamento in un condominio ma che ha tutte le comodità che un backpaker richiede e anche di più. Oltre a l’uso cucina, doccia calda, dormitori economici e puliti, area comune e Wi-fi, ha una lavatrice e la possibilità di organizzare viaggi in shared taxi (unico mezzo di trasporto pubblico qui) per qualsiasi località a prezzi paragonabili a quelli che un turista può sperare di ottenere dopo ferree trattative. Decidiamo quindi di affidarci al gestore per la prenotazione di un taxi da Osh a Bishkek. Ci dice che la mattina partono circa alle 10 e che il tempo medio di percorrenza è di 10 ore ma che in inverno possono diventare anche 13-14 a seconda delle condizioni meteo che si vanno ad incontrare; soprattutto nel passo a più di 4000 metri che si deve affrontare proprio prima di Bishkek. Il paesaggio montano che si incontra tutti ci dicono essere stupendo e quindi ci consigliano di farlo di giorno anche se così facendo si “perde” una giornata. Domani si parte!

Clicca qui per tutte le foto del Kirghizistan


 

 "Un indovino mi disse" T. Terzani

 

 

"Muovendomi fra l'Asia e l'Europa in treno, in nave, in macchina, a volte anche a piedi, il ritmo delle mie giornate è completamente cambiato, le distanze hanno ripreso il loro valore e ho ritrovato nel viaggiare il vecchio gusto di scoperta e di avventura.

D'un tratto, senza più la possibilità di correre a un aeroporto, pagare con una carta di credito, schizzar via ed essere, in un baleno, letteralmente dovunque, sono stato costretto a riguardare al mondo come a un intreccio complicato di paesi divisi da bracci di mare che vanno attraversati, da fiumi che vanno superati, da frontiere per ognuna delle quali occorre un visto: e un visto speciale che dica "via terra", come se questa via, specie in Asia, fose nel frattempo diventata così insolita da rendere automaticamente sospetto chiunque si ostini a usarla.

Spostarsi non è stato più questione di ore, ma di giorni, di settimane. Per non fare errori, prima di mettermi in viaggio, ho dovuto guardare bene le carte, rimettermi a studiare la geografia. Le montagne sono tornate a essere possibili ostacoli sul mio cammino e non più delle belle, irrilevanti rifiniture in un paesaggio visto da un oblò.

Il viaggiare in treno o in nave, su grandi distanze, m'ha ridato il senso della vastità del mondo e sopratutto m'ha fatto riscoprire un'umanità, quella dei più, quella di cui uno, a forza di volare, dimentica quasi l'esistenza: l'umanità che si sposta carica di pacchi e di bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano in ogni senso sopra la testa.

Impormi di non volare è diventato un gioco pieno di sorprese. A far finta, per un po', d'esser ciechi si scopri che per compensare la mancanza della vista, tutti gli altri sensi si affinano. Il rifiuto degli aerei ha un effetto simile: il treno, con i suoi agi di tempi e i suoi disagi di spazio, rimette addosso la disusata curiosità per i particolari, affina l'attenzione per quel che si ha attorno, per quel che scorre fuori dal finestrino. Sugli aerei presto si impara a non guardare, a non ascoltare: la gente che si incontra è sempre la stessa; le conversazioni che si hanno sono scontate. In trent'anni di voli mi pare di non ricordarmi di nessuno. Sui treni, almeno quelli dell'Asia, no! L'umanità con cui si spastiscono i giorni, i pasti e la noia non la si incontrerebbe altrimenti e certi personaggi restano indimenticabili.

Appena si decide di farne a meno, ci si accorge di come gli aerei ci impongono la loro limitata percezione dell'esistenza; di come, essendo una comoda scorciatoia di didtanze, finiscono per scorciare tutto: anche la comprensione del mondo. Si lascia Roma al tramonto, si cena, si dorme un po' e all'alba si è già in India.

Ma un paese è anche tutta una sua diversità e uno deve pur avere il tempo di prepararsi all'incontro, deve pur fare fatica per godere della conquista. Tutto è diventato così facile oggi che non si prova più piacere per nulla. Il capire qualcosa è una gioia, ma solo se è legata a uno sforzo. Così con i paesi. Leggere una guida, saltando da un aeroporto all'altro, non equivale alla lenta, faticosa acquisiszione - per osmosi - degli umori della terra cui, con il treno, si rimane attaccati.

Raggiunti in aereo, senza un minimo sforzo nell'avvicinarli, tutti i posti diventano simili: semplici mete separate fra di loro solo da qualche ora di volo. Le frontiere, in realtà segnate dalla natura e dalla storia e radicate dalla coscienza dei popoli che ci vivono dentro, perdono valore, diventano inesistenti per chi arriva e parte dalle bolle ad aria condizionata degli areoporti, dove il "confine" è un poliziotto davanti allo schermo di un computer, dove l'impatto con il nuovoè quello con il nastro che distribuisce i bagagli, dove la commozione di un addio viene distratta dalla bramosia del passaggio obbligato attraverso il "free duty shop", ormai uguale dovunque.

Le navi si avvicinano ai paesi entrando con lento pudore nelle bocce dei loro fiumi: i porti lontani tornano ad essere delle agognate destinazioni, ognuna con la sua faccia, ognuna con il suo odore. Quel che un tempo si chiamavano i terreni d'aviazione erano anche loro un po' così. Oggi non più. gli aeroporti, falsi come messaggi pubblicitari, isole di relativa perfezione anche nello sfacelo dei paesi in cui si trovano, si assomigliano ormai tutti: tutti parlano nello stesso linguaggio internazionale che da a ciascuno l'impressione di essere arrivato a casa. Invece si è solo arrivati in una qualche periferia da cui bisogna ripartire, in autobus o in taxi, per un centro che è sempre lontanissimo.

Le stazioni invece no, sono vere, sono specchi delle città nel cui cuore sono piantate. Le stazioni stanno vicino alle cattedrali, alle moschee, alle pagode o ai mausolei. una volta arrivati li, si è arrivati davvero."


T. Terzani, "Un indovino mi disse"


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