Hampi - Una motorella nella preistoria

17 - 19 Ottobre 2016

Arriviamo al Bazar di Hampi che il sole già sta iniziando a scaldare l’aria. Più che un bazar ci sembra un parcheggio polveroso. Imbracciamo gli zaini e ci dirigiamo verso la torre del tempio Induista che svetta di gran lunga su tutto il resto. Svoltiamo poi per imboccare una stradina che ci porta tra le casupole del villaggio e presto ci accorgiamo che ogni costruzione è o una guesthouse o un ristorante o un negozio di souvenir. L’unica nota positiva è che non ci si sente in una Disneyland: le case hanno mantenuto un aspetto semplice e i vicoli stretti non sono neanche asfaltati. Tutto ci sembra anche troppo tranquillo, probabilmente per la bassa stagione e giriamo un po’ tra le varie guesthouse per trovare quella adatta a noi. Come al solito non abbiamo ne un’idea precisa di quello che preferiamo, ne del prezzo che vogliamo spendere: cerchiamo qualcosa che ci colpisca e che non costi un eresia.

Alla fine dovrà essere la nostra casa per qualche giorno e sarà una delle ultime purtroppo.
Arriviamo alla stazione di Hospet di primo mattino. Usciamo sul piazzale cercando qualche trasporto pubblico che ci possa condurre ad Hampi. Come al solito dobbiamo fare il doppio dello sforzo per evitare tutti i taxisti che ci offrono la corsa dicendoci che non c’è altra possibilità. Vediamo però degli autobus fermi all’inizio della strada, troppo moderni per poter essere dei normali trasporti. Chiediamo ed effettivamente sono il “servizio navetta” per la turistica Hampi. Saliamo ed in una mezz’ora arriviamo a destinazione. Lungo il tragitto iniziamo a scorgere l’unicità del paesaggio di questi luoghi fuori dal tempo. Piccole colline si susseguono senza sosta, morbide, basse ma estremamente ravvicinate. Sul cucuzzolo di queste subito colpiscono gli enormi massi, che sembrano essere stati messi li, in bilico, da qualche gigante con il pallino dei giochi di equilibrio. Poi lo sguardo spazia e ci si accorge che in ogni angolo sono presenti questi macigni rossastri, che spiccano sulla verdissima vegetazione. Da dove vengono? Non ci sono montagne più alte da cui possono essere rotolati, in più sono ovunque come se fossero piovuti dal cielo. Siamo incollati al finestrino, un paesaggio così particolare raramente lo avevamo incontrato.

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Esempio di giochi di equilibrio con il tempio di Hampi sullo sfondo

  Veniamo accalappiati da qualche “butta-dentro” ma le stanze che ci propongono non ci piacciono anche se sono a prezzi stracciati. Alla fine ne troviamo una proprio carina e trattando un po’ sul prezzo la riusciamo a prendere ad un costo per noi accettabile. Purtroppo abbiamo solo oggi e domani per visitare Hampi quindi non ci possiamo riposare; ci facciamo solo una bella doccia e poi usciamo. La prima cosa che facciamo è andare ad affittare un motorino in modo da velocizzare gli spostamenti. C’è un unico negozio che fa questo servizio e ci rivolgiamo a lui. Il gestore mi convince poco e tenta anche di farci pagare un extra per i caschi ma non abbiamo scelta e quindi prendiamo il nostro fido mezzo motorizzato.

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La belva!!

  La prima destinazione verso la quale ci dirigiamo è il Vittal temple, un tempio a Nord Est di Hampi, in mezzo alla natura. Dalla mappa sembra che una strada porti direttamente li costeggiando il fiume e quindi proviamo ad imboccarla. Passiamo di nuovo davanti al grande tempio Indù e proseguiamo sulla strada di fronte a questo. Ai lati un fitto colonnato segue questa strada che un tempo doveva essere il gran bazar di qui. In fondo i resti di un altro tempio danno quasi l’idea di essere dentro i fori imperiali. All’ultimo giriamo sulla sinistra ma presto ci accorgiamo che è impossibile proseguire. La via diventa un sentiero pedonale lastricato con gradini. Lasciamo a malincuore il motorino (chiedendoci a questo punto se aveva senso prenderlo) e ci incamminiamo. Presto il disappunto lascia spazio alla piacevolezza della passeggiata.

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Simpatiche famigliole incontrate lungo il cammino…

  Appena il sentiero incontra il fiume gli scenari sono di una bellezza preistorica. Come avevo letto da qualche parte, qui ti puoi rendere conto di come era la terra ai tempi dei dinosauri…o almeno dà quell’idea.

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Bellezza mozzafiato

  Lo specchio d’acqua serpeggiante, il verde della vegetazione bassa e i grandi massi arancioni disseminati ovunque come caduti dal cielo lasciano senza respiro. Non c’è tempio Indù che regga al confronto, la vera emozione è godere di questo spettacolo della natura.

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Un’affidabile imbarcazione per la traversata

  Durante la lunga passeggiata incontriamo anche altri manufatti, principalmente templi, oramai diventati dimora delle scimmie, ma anche un bazar simile a quello percorso poco fa con il motorino: un lungo e largo vialone con ai lati un basso colonnato e al termine una costruzione complessa. Il tutto oramai incastonato nella natura meravigliosa, con quel fascino da “mondo perduto” che ci incanta.

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Resti di una civiltà ricchissima

  Arriviamo finalmente alla nostra meta e scopriamo che una comoda strada bianca arriva qui dalla parte opposta… ci mettiamo a ridere: alla fine è andata meglio così.

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Solo in India!!

  Aggiriamo le mura che circondano completamente il tempio e andiamo alla biglietteria: anche qui il prezzo del biglietto è raddoppiato da qualche mese. Guardiamo la scarna torre che svetta al di la delle mura, ci guardiamo negli occhi e decidiamo di girare i tacchi. Ci siamo rotti le scatole di questi templi. Qui il vero spettacolo è un altro.

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Ancora scenari incantevoli

  Torniamo indietro per la stessa strada dell’andata e andiamo poi a pranzo ad Hampi.

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Strada di ritorno, in lontananza il tempio vicino al bazar

  Dopo aver fatto passare le ore più calde della giornata riprendiamo la nostra fida motorella e ci mettiamo di nuovo in marcia.

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In camera ci divertiamo con le acconciature

  Stavolta usciamo dalla zona “archeologica” del bazar e ci dirigiamo in direzione opposta al fiume. Siamo euforici, ci stiamo divertendo un mondo. Questa ultimo stop prima di Mumbai ci sta regalando ancora emozioni anche se tante ne abbiamo passate e così poco manca alla ripartenza. Questo era davvero un posto che andava visto ed in più in sella ad un motorino, come i sedicenni d’estate, sembra di volare.
Visitiamo prima delle rovine che dominano dall’alto il caseggiato; qui facciamo finta di essere su un set fotografico e scatto molte foto al mio amore.

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Erika bella più che mai

 

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Un bacio che vale più di mille paorle!!

  Poi ci dirigiamo verso la zona degli edifici reali, sorpassiamo il bagno della regina e parcheggiamo vicino al Raganathan Temple in mezzo ad altri motorini. Dei ragazzi ci chiedono se abbiamo da fumare e poi tornano a scherzare tra di loro. Da qui intravediamo il Lotus Mahal al di la delle mura con la torre di guardia. Qui veniamo di nuovo bloccati da una guardia che ci indica la biglietteria. Anche qui, come stamane, giriamo i tacchi e ce ne andiamo.

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Il Lotus Mahal dall’esterno

 

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Tipica mucca indiana

  Torniamo a riprenderci la motorella: è tempo di vedere cosa sa fare in fuoristrada!! Imbocchiamo una sterrata che oltrepassa le rovine del palazzo del tesoro e che punta diritta in direzione di Hampi: forse, mi dico, riusciamo a tornare indietro con una bella avventura. Peccato che dopo neanche un kilometro la moto si spegne. Provo in tutti i modi a riaccenderla ma non c’è verso: è finita la benzina e siamo in mezzo al nulla. Mi arrabbio come un matto perché arrivo alla conclusione che stamattina quel furfante del noleggio moto non mi ha messo realmente i due litri che ho pagato. Odio essere preso in giro, odio dover essere sempre attentissimo ad ogni minima mossa, odio che il prossimo faccia di tutto per fregarmi. Ma intanto spingo. Fortunatamente la motorella pesa poco e c’è Erika che mi aiuta a tirarmi su di morale.

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Io intanto spingo!!

  Alla fine ci troviamo a ridere e a farci le foto mentre spingiamo. Qualcuno si ferma anche chiedendoci se vogliamo una mano ma dagli sguardi vedo che vorrebbero più che altro aiutare Erika quindi facciamo da noi. Dopo tre o quattro kilometri arriviamo alla stazione di benzina, mettiamo due litri e poi ci spostiamo di qualche passo per accendere il motorino. Gli do giù di pedale per cinque o sei volte ma non fa un verso. Erika inizia a guardarmi un po’ strano. Continuo a pigiare forsennatamente sul pedale dell’avviamento ma sto dannato pezzo di ferro non ne vuole sapere di mettersi in moto. Sto li che insisto come un bufalo impazzito quando si avvicina il benzinaio e mi fa cenno che il rubinetto della benzina è chiuso.
Rimango come un coglione. Di colpo tutto si collega nella mia mente: i ragazzi quando ho parcheggiato lo scooter, quando sono andato a riprenderlo non c’era nessuno, la fermata dopo poco essere ripartiti…Sti figli di gran cagna mi hanno chiuso il rubinetto per farmi uno scherzo e io ci sono cascato come un fagiano. Ma porca tr@@a!!! Appena apriamo il rubinetto, tempo due pedalate e il motorino si accende. A me viene un gran da ridere, la cosa mi mette quasi sollievo: preferisco essere vittima di uno scherzo simpatico piuttosto che essere fregato da un negoziante.
Già che ci siamo mettiamo il rubinetto su “riserva” in modo da essere avvertiti per tempo nel caso la benzina stesse per finire.
Torniamo verso casa in tempo per un magnifico tramonto sulla collina. Sembra veramente di tornare indietro nel tempo di milioni di anni quando sulla terra ancora non c’era traccia di essere umano. Non so spiegarmi il perché ma la sensazione che mi da questo posto è proprio di preistoria.

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Un altro magnifico tramonto da ricordare

  Ci godiamo l’ultima luce rossastra che sparisce dietro l’orizzonte e poi ci incamminiamo di nuovo verso il paese. Un ragazzo un po’ zoppicante che vende cartoline ai turisti ci si avvicina e inizia a parlarci. Non sappiamo perché ma ci ispira tenerezza con il suo modo di fare e gli compriamo qualche cartolina. Poi ci mettiamo a parlare e ci racconta anche diverse curiosità del posto dove ci troviamo. Alla fine ci saluta dicendoci soltanto che se vogliamo, l’indomani lui è qui per farci da guida: ci penseremo!
In paese andiamo prima a prenderci un lassi nel rooftop della guesthouse più “In” del villaggio e poi andiamo a cena in un ristorante (poco più che una capanna in realtà). Dopo cena ci mettiamo un po’ fuori dalla stanza a goderci l’aria gradevole e il silenzio di questa serata bellissima.

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La fantastica invadenza indiana!

  La mattina successiva decidiamo che abbiamo visto fin troppi templi e quindi abbiamo voglia di sfruttare il nostro mezzo a motore. Guardiamo la cartina e individuiamo un bel giro che ci farà arrivare fino a Hospet e poi tornare indietro. Dopo aver fatto colazione iniziamo dirigendoci verso il fiume che dovremo attraversare con un barchino per raggiungere. Le sponde sono tutte altissime e ci pare che solo delle lunghe scalinate portino a riva. Chiediamo un po’ in giro e alla fine ci indicano con decisione una scalinata; io gli dico che voglio andare giù con il motorino ma loro continuano a dondolare la testa e indicarmi la scalinata. Andiamo a vedere e in effetti una stretta gettata di cemento tra gli scalini permette una ripida discesa verso la riva.

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Speriamo nei freni!!!

  Mi fermo un secondo a guardare fiume: enormi massi arancioni fanno da ostacolo al fluire dell’acqua, sulle rive il verde intenso incornicia perfettamente la superficie riflettente dell’acqua, le colline sullo sfondo si susseguono senza sosta e un cielo azzurro illumina tutta la scena. Di nuovo mi viene in mente solo un aggettivo per descrivere quella bellezza: “primordiale”.

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Il fiume nel suo placido scorrere

  Vedo una barca ormeggiata dietro le rovine di un piccolo tempio, vicino a delle rocce. Provo ad avvicinarmi ma per arrivare al punto di imbarco c’erano da oltrepassare due piccoli guadi tra i massi. Mi guardo intorno e chiedo a un gruppo di ragazzi se posso andare con la motorella e loro, rimanendo svaccati mi dicono di spingere. Inizio a mettere le ruote in acqua pensando al povero proprietario del moto-noleggio che tanto si era raccomandato di non rovinare questa scooter nuovo…ma che ci posso fare se non avete ponti qui?!?!
Anche grazie all’aiuto di qualche anima pia riesco a passare. Arriviamo alla barca e ci mettiamo ad aspettare, facciamo il biglietto al doppio del prezzo che avevamo letto sulla guida e ci mettiamo da una parte. Quando è ora di salire il barcaiolo prepara un’asse di legno pericolosamente inclinata in salita per farmi salire. Lui mi dice di sbrigarmi a salire e io gli rispondo che non ci penso proprio, con quello che ho pagato mi aiuta lui a metterla su e poche storie. Alla fine ingaggia quattro ragazzi e insieme la issiamo a bordo.

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L’esploratore senza paura!!

  Facciamo la piccola traversata del corso d’acqua che ci porta sul grande isolotto al centro del fiume e per discendere utilizziamo di nuovo la stessa tecnica. Ce l’abbiamo fatta!! Mi accorgo solo ora di un altro traghettino, solo cento metri più in su che aveva le piattaforme per l’imbarco e lo sbarco comodo dei motorini: maledizione!!
Saliamo a Villapuram da una stretta strada in salita. Il nostro potente mezzo a metà strada si ferma inesorabilmente nonostante il gas completamente spalancato; Erika è costretta a scendere e farsi un pezzo a piedi. Anche quest’altro paesino non ha niente di particolare, ci sono esclusivamente servizi per turisti: ristoranti e guesthouse su tutti. Ci perdiamo un po’ per le stradine interne di questo isolotto e troviamo gli spot tanto cari ai boulder (arrampicatori di massi) di tutto il mondo. Ne vediamo anche qualcuno all’opera: se avessimo un po’ più di tempo ci piacerebbe provare.

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Non ce n’è per nessuno

  Ci dirigiamo poi verso l’altra sponda del fiume, fortunatamente qui per attraversarlo c’è una piattaforma di cemento. I resti di un maestoso ponte fanno bella mostra di se accanto alla strada. Arriviamo sulla via principale di là del fiume e qui dovremmo girare a sinistra, discendendo il fiume, per dirigerci verso Hospet. Ma gli scenari ci sembrano così belli sulla destra che ci concediamo una divagazione. Prendiamo il primo bivio totalmente a caso e ci troviamo in una bellissima vallata che sembra proprio come quella “incantata” di un famoso film d’animazione. Facciamo gli scemi mentre ci facciamo le foto nelle pose più assurde e scivoliamo lenti tra le curve della strada. Il caldo, il sole, il vento in faccia e questi scenari ci mettono serenità addosso e tutto diventa un pretesto per farsi una bella risata.

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Cogli l’attimo

  Quando la strada finisce torniamo indietro, poi continuiamo a risalire per un po’ il fiume ma non troviamo più nulla di interessante, quindi giriamo e prendiamo finalmente la strada per Hospet.

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La bellissima deviazione

  Da qui una comoda statale porterebbe velocemente portarci a destinazione ma noi vogliamo perderci tra le campagne e quindi divaghiamo. Imbocchiamo una strada bianca che ci porta sul ciglio di bellissime cascate che ci riportano alla mente alcune loro “cugine” islandesi e laotiane.

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Piccolo canyon

  Proseguiamo poi distaccandoci decisamente dalla statale fino a che non ci resta che chiedere indicazioni poiché neanche il navigatore gps si decide a collaborare. Fortunatamente sono tutti gentilissimi e riusciamo, con la cartina, a individuare la sequenza di paesi per arrivare a Hospet lungo strade secondarie: ora non ci resta che chiedere di volta in volta del paese successivo.

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Assurdi equilibri

  Erika prende le redini della nostra “cavalcatura” e io mi siedo dietro per avere più libertà di fare foto. Tutti i bambini che incontriamo ci salutano entusiasmati e durante le soste fotografiche veniamo avvicinati dai contadini intenti a raccogliere il riso. Le chiacchiere non posso no che essere limitate ma i sorrisi e le strette di mano ti fanno sentire parte di una grande famiglia. Oltre al particolare paesaggio che sempre ci lascia senza parole vediamo anche la vita dei campi di qui, anche durante la mietitura di qualche cereale. Passiamo numerosi paesini dove il traffico si fa sempre più intenso mano a mano che si discende il fiume.

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Chi ce li ha messi così??

  Nell’ultimo ci troviamo in un vero e proprio ingorgo all’indiana. Erika si destreggia benissimo tra le macchine bloccate ma poi è costretta a fermarsi di fronte alla sbarra del passaggio a livello chiusa. Siamo ovviamente circondati da ogni mezzo a motore che seppur nell’ingorgo tenta di guadagnare centimetri preziosi per la ripartenza. Da entrambi i lati tutte e due le carreggiate sono occupate dai mezzi rombanti come due eserciti che si fronteggiano. Al passaggio del treno la sbarra si alza e tutti partono contemporaneamente: le macchine serrano le fila, i motorini cercano di infilarsi ovunque, chi è sulla corsia sbagliata tenta di rientrare mentre chi è sulla giusta non gli concede neanche un millimetro. Erika riesce a cavarsela benissimo, trova una corsia libera e in poco tempo ci troviamo sui binari. Appena superati però il motore si spegne. Proviamo a riaccenderlo nella concitazione del momento mentre un orda di motorini e macchine tenta di sorpassarci ma non c’è verso. Spingiamo lo scooter in un posto calmo e qui, come se anche lui ora fosse più tranquillo, si riaccende subito: li mortacci tua!
Riprendiamo la strada ma sento subito qualcosa che non va, guardiamo giù e la gomma posteriore è bucata: ma porcaccia!! Chiediamo al negoziante di fronte al quale ci siamo fermati e fortunatamente ci indica un gommista a venti metri (o siamo fortunati noi a bucare sempre di fronte ai gommisti o qui ce ne sono uno per quartiere). Ci sediamo tranquilli, dopo aver chiesto il prezzo, e aspettiamo la riparazione. In pochissimo tempo la nostra motorella è di nuovo in pista…meno male perché la scollatura di Erika stava attirando un po’ troppi sguardi “affamati”.

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Sotto i ferri

  Ripartiamo ma non è ancora finita. Non facciamo in tempo a fare 500 metri che il motore si spegne di nuovo e stavolta non si riaccende. Possibile che sia finita la benzina??? Non mi spiego questa poca autonomia. Bah. Fortunatamente stavolta abbiamo la riserva e quindi la sfruttiamo per tornare indietro al distributore. Quando anche questa è fatta riprendiamo per l’ennesima volta la strada che nonostante questi ultimi inconvenienti, è sempre la più lunga e secondaria tra quelle possibili.
Gli scenari belli e selvaggi stanno però volgendo al termine lasciando spazio a quelli decisamente più antropizzati. Imbocchiamo una superstrada, attraversiamo il fiume su un enorme cavalcavia e in poco tempo ci troviamo a Hospet. Mangiamo in un ristorante vicino alla stazione degli autobus un ottimo “meal” sulla foglia di banano e poi riprendiamo la strada per Hampi. Anche qui troviamo un percorso molto fuori le strade principali, di quelli che Erika mi maledice quando li imbocchiamo…ma in realtà si diverte un mondo.

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Trasporto eccezionale

  Partiamo subito con una strada bianca tutta buche che si stringe sempre di più, facciamo infinite svolte in mezzo ai campi, sotto a ferrovie, sopra a piccoli canali, su strade completamente foderate dei resti di una qualche trebbiatura.

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Pavimentazione morbida ma…insidiosa!

  Ci sentiamo come moderni esploratori, sempre in ansia che da un momento all’altro la strada possa finire dietro una curva e invece sbuchiamo su una strada asfaltata. Siamo euforici. Ci affiancano dei tuk tuk che vorrebbero accaparrarcisi come clienti e ci dicono che da qui non c’è modo di arrivare ad Hampi: ma loro non hanno idea su che strade passiamo noi!

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Solo campi intorno a noi

  Ci rituffiamo nuovamente in mezzo ai campi sempre guidati da maps.me che però non aggiorna la posizione da una buona oretta. Ci troviamo di fronte ad un bivio che non avevo previsto dalla cartina: una delle due strade non c’è sulla mappa. Secondo me bisogna andare a sinistra ma fortunatamente in quel momento appare un signore in bici e chiedendogli ci indica la strada di destra: io resto convinto della mia idea ma abbozzo e seguiamo il consiglio del locale. Ci immettiamo in un ottima strada asfaltata che in pochissimo tempo ci porta ad Hampi. Siamo strasoddisfatti della nostra giornata: una piccola avventura come questa di oggi ci voleva proprio per chiudere il nostro meraviglioso viaggio. Qualche lacrimuccia ci viene pensando che probabilmente sarà l’ultima, ma ancora non realizziamo a pieno che manca così poco al rientro. Prima di cena saliamo di nuovo per goderci il tramonto dal piccolo tempio sulla collina e incontriamo di nuovo il nostro giovane amico venditore di cartoline. Facciamo due chiacchiere ma poi ci rilassiamo abbracciati di fronte allo spetacolo della natura.
Dopo cena andiamo a dormire presto che domani dobbiamo partire per la grande Mumbai!!
Il primo autobus per Hospet parte alle 6, ci siamo informati ieri e noi dieci minuti prima siamo alla fermata. L’autobus ci porta all’autostazione e poi da li ci incamminiamo a piedi per un paio di kilometri fino alla stazione. Da qui prendiamo il treno per Hubli dove attendiamo per diverse ore nella sala d’aspetto. Saliamo quindi sul nostro ultimo treno indiano per Mumbai, quasi deserto e malinconico, come se anche lui partecipasse al nostro stato d’animo…o forse sono io che lo ricordo così dipingendolo con i colori delle mie emozioni di allora.

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Nel lungo tragitto per Mumbai si lavora senza sosta

 

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