Bangkok - Un piccolo passo per un passaporto, un grosso passo per l'Australia!

03 - 06 Maggio 2016

Il treno per Bangkok parte dalla stazione di Prachuan Khiri Khan attorno alla mezzanotte. Non prendiamo le cuccette, che costano un po’ troppo per i nostri gusti, e ci accontentiamo della seconda classe. Se non fosse stato per i sedili non reclinabili, la luce al neon sempre sparata nelle pupille, i venditori ambulanti che vendevano le uova sode alle 3 di notte (che io voglio sape’ nome e cognome di chi glie l’ha mai comprate a quell’ora, che lo vado a trova’ a casa), il pupo di fronte a noi che c’aveva caldo e teneva il finestrino completamente aperto che, capirai, sembrava di stare in vespa a 80 all’ora senza casco, sarebbe stato anche un viaggio confortevole; e invece è stata una piccola isola di inferno ferroviario notturno.

 

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Un comodo giaciglio!!

Veniamo svegliati, o meglio scossi dal lieve torpore, dai repentini cambi di direzione e dai rumorosi sferragliamenti degli scambi ferroviari, segnale di un ingresso in una grande stazione. I binari corrono per un lungo tratto all’interno del tessuto cittadino e ne vengono praticamente assorbiti. Come i canali infatti i binari vengono usati, occupati, attraversati come se non ci fosse soluzione di continuità tra le case e la ferrovia. Vediamo lunghe file di baracchini che vendono cibo con le immancabili sedioline di plastica direttamente sui sassi bianchi che sorreggono i binari, oppure divani sgarrupati, dove qualcuno si riposa, messi sapientemente in modo da non essere toccati dal treno che passa, e poi vicoli, piccole piazze e case e con i cortili in diretta comunicazione con la ferrovia, dove la vita scorre come se quel treno non stesse passando. Ci appare strano ma anche questa è l’Asia anche questo è Bangkok.

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Un salotto tra i binari

La prima cosa da fare è trovare una guesthouse in una zona un po’ più tranquilla di quella dell’altra volta. Erika sembra averne trovata una su TripAdvisor che fa al caso nostro. La andiamo a vedere ed effettivamente è deliziosa. Lontana quanto basta dal casino di Kao San ma sufficientemente vicina da poterlo raggiungere volendo, in una viuzza nascosta, con un’ampia zona comune con qualche tavolino, un’atmosfera familiare e delle belle stanze in legno. Il nostro piccolo angolo di paradiso in Bangkok!!
Lasciamo tutto e ci dirigiamo veloci all’ambasciata italiana per ritirare il mio passaporto.

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Pronti per la giornata della burocrazia

Tutto bene tranne che l’efficientissima impiegata è stata rimpiazzata dal tipico impiegato statale all’italiana, il quale ci fa anche stare in apprensione per qualche minuto per problemi inesistenti.
Li di fronte a me si legge il nulla osta e stampa il passaporto: ma quindi questi venti giorni a cosa sono serviti se il nulla osta è arrivato dopo due?? Mistero.
L’impiegato ci informa anche che per fare la trascrizione del timbro dal vecchio passaporto al nuovo occorre andare all’ufficio immigrazione tailandese…e ti pareva che poteva essere tutto finito!
Riusciamo a raggiungere questo ufficio solo per ora di pranzo grazie a tutta l’esperienza in trasporto locale accumulata in questi mesi: zona meno servita dal trasporto pubblico non potevano trovarla.

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I mezzi di trasporto esotici di Bangkok

La fila è ciclopica e divisa in vari step successivi: la prima per prendere il form da compilare, la seconda per prendere il numero del giusto sportello e poi quella dello sportello. Devo dire che vista anche la quantità immane di gente la procedura fila decisamente liscia e in poco tempo ci troviamo di fronte al nostro sportello con il numero in mano. Visto che la cosa sembra andare per le lunghe, nel frattempo andiamo in una copisteria lì vicino per qualche commissione burocratica: fotocopie documenti, fototessere, cambio di residenza della banca etcetc.
Torniamo su dopo mezz’ora che il nostro numero era già stato chiamato: ma porcaccia!! Faccio un po’ lo gnorri e mi infilo appena si libera la sedia di fronte allo sportello e ringraziando il cielo mi va liscia. Mi scrivono un mezzo papiro sul nuovo passaporto per trasferire il timbro di ingresso e velocemente mi lasciano andare: HO IL NUOVO PASSPORTO!! E l’autorità che l’ha rilasciato è “l’ambasciata italiana a Bangkok” come si legge sulla terza pagina, che è molto più esotico di “Questura di Terni”.
Nel frattempo che ero in fila è anche arrivata una mail e dalla preview leggo che è la valutazione del mia pratica inviata all’ordine degli ingegneri australiani. Il cuore mi si ferma per un secondo. Ad Erika è già arrivata la risposta positiva e la sola possibilità che a causa di una eventuale mia risposta negativa mi fa raggelare. Purtroppo Erika non è accanto a me, è andata a prendere il pranzo, ma non ce la faccio ad aspettare neanche un secondo di più la apro al volo e la leggo di getto: APPROVATO!!!!! sono al settimo cielo e non vedo l’ora di dirlo ad Erika…ma ovviamente me ne dimentico preso come sono dal task odierno del passaporto (chi mi conosce sa che non è affatto strano, la mia testa riesce ad elaborare un pensiero alla volta, che ci volete fare?).
Quando stiamo per uscire mi viene un lampo, mi giro verso Erika e guardandola con gli occhi pieni di gioia gli dico “ma te non sai che mail ho ricevuto oggi!!”. Lei capisce al volo e ci abbracciamo strafelici. Glie la faccio leggere anche a lei e poi saltiamo e continuiamo ad abbracciarci. La gente ci guarda un po’ interdetta mentre esultiamo così davanti all’ufficio immigrazione tailandese. Penserà chissà che gli avranno detto mai lì dentro per renderli così felici. Ma a noi non interessa: ora abbiamo due cose da festeggiare una di queste sere: il passo in avanti nella pratica Australia e il mio nuovo passaporto!

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Un muffin per un doppio festeggiamento!!!

Ora che tutto è andato bene l’adrenalina cala e ci assale una stanchezza senza precedenti, figlia della notte animata. Ci ritiriamo in guesthouse dove stiamo fino a che non usciamo per fare 5 metri fino al ristorante, mangiamo e rifacciamo i 5 metri fino al letto. Crolliamo distrutti.
La volta scorsa, a Bangkok, non avevamo visto il famoso palazzo reale. Lo avevamo fatto scientemente per lasciarci qualcosa da vedere questa volta e oggi andiamo quindi a visitarlo.

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Questione di privacy

Arriviamo la che il sole è già alto e fa un caldo terribile; in più per entrare dobbiamo vestirci “appropriatamente”: il che significa pantaloni lunghi maglietta a maniche corte. Che con questo caldo significa una sauna garantita!
La quantità di gente che è assiepata all’ingresso fa impressione e quella che si intravede oltre i controlli di sicurezza quasi ci scoraggia: ma siamo sicuri di voler pagare un prezzo esorbitante (25€ in due) per una cosa che neanche ci si riuscirà a godere?? In più ci si mette anche una fervente guardiana che rimanda indietro Erika per l’abito troppo succinto. Li ci scatta il “andatevela a pija in saccoccia voi e tutta la famiglia reale”, cosa che probabilmente qui ci varrebbe la galera a vita per vilipendio alla corona, ma per fortuna l’italiano non lo masticano bene. Fatto sta che, dopo aver ripreso la calma, decidiamo di entrare comunque visto che il tempio interno al palazzo viene definito uno dei più belli al mondo.

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Erika con la spalla scoperta in ribellione al sistema :P

Effettivamente nonostante anche Wat Poh sia una meraviglia, questo Wat Prah Kaew è incantevole. Difficilmente riusciamo a trovare centimetri quadrati liberi dai turisti ma lo spettacolo vale comunque il disagio. Riusciamo a fare qualche bella foto poi ci dirigiamo verso il palazzo reale.

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Wat Prah Kaew in tutto il suo splendore

 

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Kinaree: metà cigno metà donna

 

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Cercando di escludere la folla di gente dall’inquadratura

Questo, grazie a dio, è chiuso al pubblico per una importante manifestazione di non so cosa e quindi ci risparmia tutte le sue stanze piene di sfarzo finto anticheggiante e inutile. Lo vediamo da fuori e già sazia tutta la nostra curiosità.

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L’amore mio davanti al Palazzo Reale…chiuso!

 

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La coppia fashion dell’anno!

Il pomeriggio lo passiamo a lavorare un po’ al nostro progetto Australia ora che entrambi abbiamo in mano il parere positivo degli ingegneri australiani!! Per prima cosa richiediamo il working-holiday VISA, così da avere un paracadute in caso di rifiuto da parte dell’ufficio immigrazione Australiano e per seconda cosa facciamo l’Expression of Interest per lo Skill Indipendent VISA. Tutto fila liscio: il working-holiday ce lo danno nel giro di venti minuti e per l’altro riusciamo a uploadare tutte le informazioni. Ora non ci resta che attendere.
Usciamo prima di sera per dirigerci di nuovo nel centro di gravità dello shopping, quella città nella città, composta da enormi centri commerciali interconnessi tra di loro, uno più lussuoso dell’altro. Il motivo è che insieme ai cellullari ci hanno rubato anche il Kobo, oggetto per noi oramai divenuto indispensabile in viaggio. Riusciamo infatti ad avere una libreria illimitata di titoli italiani o inglesi con un peso contenutissimo. Indi per cui dobbiamo ricomprarcelo.
Purtroppo la Tailandia non è il posto migliore dove comprarsi un e-book reader in quanto qui non hanno mercato, ma noi tramite internet avevamo individuato un posto dove li vendevano (anche se a prezzo spropositato rispetto all’Europa). Prendiamo il nostro Kindle, perché ovviamente il Kobo Mondadori non ce l’avevano, e poi andiamo al piano dedicato al cibo sperando di trovare qualcosa di buono. Effettivamente anche la Lonely Planet consigliava di mangiare qui almeno una sera ma noi non ci fidavamo più di tanto e invece ci siamo dovuti ricredere. Una ventina di tipologie diverse di mini-ristoranti (o maxi bancarelle dipende dai punti di vista) preparavano specialità asiatiche che potevano essere prese, messe sul vassoio e poi pagate alla cassa. Tutte sembravano appetitose e lontane anni luce dai “fast-food” all’americana che si incontrano nei nostri centri commerciali. Una vera scoperta!
E’ tempo di rientrare ma non abbiamo idea di che autobus dobbiamo prendere per tornare verso la nostra guesthouse e per il barchino sul canale con il quale siamo arrivati è troppo tardi. Poi alla fermata dell’autobus mi viene in mente di chiedere a dei ragazzi pronti a far baldoria che si capiva lontano un miglio erano diretti a Kao San. Come previsto sanno perfettamente come raggiungere la festa e noi ci accodiamo. Da Kao San poi ci facciamo una bella passeggiata per le vie semideserte per arrivare alla nostra guesthouse e ci addormentiamo sfiniti.
Per l’indomani non abbiamo particolari programmi, tutti i must-have di Bangkok li abbiamo visti, quindi non ci resta che bighellonare un po’ in giro. Leggiamo che tra i vari quartieri uno molto gettonato è quello al di là del fiume rispetto a dove siamo noi, per la presenza di qualche bel mercato rionale. Decidiamo di spendere la mattina andando a passeggiarci un po’.

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Uno sguardo particolare ai tuk tuk

All’inizio non ci colpisce particolarmente, le prima parte del mercato è esclusivamente riguardante vestiti e non molto viva, ma poi piano piano iniziamo ad entrare nella zona più caratteristica, piena di umanità, di negozietti e bancarelle che vendono qualsiasi cosa, dalle banane arrosto ai portafogli di fatti con la carta riciclata.

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Erika paparazzata tra la folla

Ci perdiamo tra gli infiniti vicoletti, scattiamo tante foto e poi ci spingiamo fino ad un secondo mercato, quello alimentare. Qui tra pesci, verdure, frutta e, per la gioia di Erika teste di maiale troviamo anche due bancarelle che ci preparano un pranzetto con i fiocchi.

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Il banco delle verdure

Se nei distretti dello shopping vige la regola del “se ti chiedi quanto costa non te lo puoi permettere” qui invece c’è una sottile variazione con “se ti chiedi cosa c’è nel tuo piatto non te lo puoi mangiare” che a sua volta è un modo elegante per dire “quel che non strozza ingrassa”. E che ingrassi non c’è dubbio visto le quantità illegali di olio di palma con il quale friggono o soffriggono o ripassano qualsiasi cosa. Ma noi intanto mangiamo, poi al fegato ci si penserà.

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Un pranzo al mercato: che scegliamo??

Il pomeriggio lo passiamo invece a Kao San a fare quattro passi e un paio di compere ai mercatini della zona. Poi rientriamo veloci in guesthouse per prepararci alla grande serata di festeggiamenti, con cenetta romantica sul fiume in un ristorantino un po’ più elegante del solito. Siamo veramente felici di come stanno andando le cose, neanche noi ci aspettavamo tanto. Ci sentiamo cambiati, sì anche, ma soprattutto più consapevoli. Più attenti alle cose veramente importanti, cose che si danno per scontate dedicando tutta la vita al lavoro. Ancora ci chiediamo come possiamo non essercene accorti prima.
Avendo esaurito tutto quello che volevamo vedere qui a Bangkok e non avendo voglia di vegetare in guesthouse, allarghiamo lo spettro delle possibili mete ai dintorni di questa immensa città. La nostra guida ci viene in aiuto consigliando, se proprio si hanno tanti giorni da spendere di andare a vedere Ayuttaya, l’antica capitale del Siam, nonché diretta antagonista di Angkor nell’antichità.
La cosa ci incuriosisce anche se, sempre sulla Lonely Planet, si consiglia piuttosto di andare a fare un giro nel quartiere dello shopping piuttosto che in questa storica città. Nonostante vari tour sembra che un comodissimo treno porti direttamente nel centro storico e noi non ci facciamo scappare l’occasione di fare tutto da noi.
La mattina andiamo alla stazione centrale di Bangkok e prendiamo il primo treno verso il nord.

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Il treno per Ayuttaya

In poco meno di due ore, dopo esserci di nuovo goduti il passaggio del treno nei vicoli della metropoli, scendiamo ad Ayuttaya. Prendiamo a noleggio due biciclette per l’intera giornata, corredate di mappa con le cose più belle da vedere; sembrano veramente tante! Ci dirigiamo subito verso il floating market perché io volevo visitarne uno, visto che quello di Bangkok è rimandato a quando ci torneremo per incontrare Mary, un’amica di Erika.
Arriviamo che capiamo subito essere in un parco a tema, ringraziamo declinando subito l’offerta. Però ci sono gli elefanti!! Sono costretti a portare tutto il giorno i turisti sulla groppa per fargli fare il giretto intorno a delle antiche pagode in rovina, ma rimaniamo comunque estasiati nel vederli da vicino.

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Una passeggiata in elefante

C’è anche un piccolo di elefante nello stesso recinto della mamma di una dolcezza struggente. Gli facciamo qualche foto mentre cerca di tirare la catena che tiene legata la madre, come se avesse capito che è quell’oggetto che non gli permette di essere libero. Ci si spezza un po’ il cuore e il tour sulla groppa non ce lo facciamo, non vogliamo che i nostri soldi vadano a solidificare questo business che si sorregge, letteralmente, sulle spalle di questi splendidi animali.

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La mamma e il piccolo…in 2 metri quadri di spazio!

Riprendiamo le bici e questa volta ci dirigiamo nel cuore della città vecchia, dove si concentrano la maggior parte dei templi.
Le rovine che visitiamo di Wat Phra Si Sanphet e Wihaan Phra Mongkhon Bophit sono meravigliose.

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Le rovine di Ayuttaya

Entrambe danno perfettamente l’idea di quanto grande fosse la civiltà che le costruì, una civiltà che riuscì a sconfiggere lo straordinario impero Khmer, i Romani dell’antico Sud Est Asiatico, e che a loro volta furono sconfitti dai birmani. Dopo questa sconfitta la capitale del Siam venne spostata a Bangkok, esattamente come fecero i Khmer trasferendola da Angkor a Phnom Penh. La storia si ripete in questi luoghi e anche le architetture dato che guardando a questi templi non si può non pensare alle famose cartoline di Angkor Wat.

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L’eleganza!

Ci sono poi alcune particolarità come una testa di una statua di Budda, molto venerata, incastonata tra le radici di un albero secolare e stanze segrete saccheggiate dai ladri nei tempi moderni.

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La testa incastonata nell’albero

La visita è piacevolissima e non capiamo come non possa essere vivamente consigliata dalle guide visto che si rimane a bocca aperta: almeno se non si è ancora visto Angkor (sicuramente più imponente) vale assolutamente la pena.
L’ultimo Wat che visitiamo, Wat Chai Wattanaram, è quello più impressionante: conserva ancora alla perfezione la grande stupa centrale con 4 angolari, che nell’insieme formano uno spettacolo da rimanere a bocca aperta.

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Immortalati nel passato

 

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Un passo indietro nel tempo

Tra il caldo e la lunga pedalata siamo un po’ distrutti e quindi torniamo in stazione. Giusto il tempo per me di fare indigestione di sticky rice dolce (ora non posso neanche sentirne l’odore da lontano) e ci mettiamo ad aspettare il treno. Ad un certo punto, alle 17 in punto, parte una musica solenne a tutto volume dagli altoparlanti della stazione. Tutti di botto si alzano e si mettono la mano sul cuore: io che sono svaccato su una panchina alzo di scatto la testa della serie “ma che cavolo sta succedendo?”. Tuttora ignari del perché saltiamo in piedi anche noi e solennemente aspettiamo che la commemorazione giornaliera finisca. Oddio, solennemente: diciamo che non riusciamo a trattenere delle risatine da “ultimo banco” e tutti ci guardano curiosamente.
Torniamo con il treno a Bangkok e ci tuffiamo al 7-eleven a comprare qualcosa di zozzo ed economico per cena, poi nanna che ce la siamo meritata.

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