Phnom Penh - Per non dimenticare

15 - 19 Maggio 2016

Oggi partiamo per la capitale e come non aspettarsi un altro viaggio della speranza. Battambong – Phnom Penh sono appena 300 km, ma ci mettiamo più di 8 ore. L’autobus è di inizio secolo scorso, fatiscente, le strade neanche a parlarne, in certi punti non riusciamo nemmeno a respirare perché entra aria piena di terra. L’aria condizionata??? Cosa è?? e noi siamo infelicemente capitati nei posti posteriori, precisamente sopra il motore, raggiungendo una temperatura di oltre 40°C. Ovviamente non avevamo quei posti, ma ormai ci siamo rassegnati del fatto che a qualcuno in Asia interessi la numerazione.

 

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Altro viaggio della speranza??

Altra particolarità degli autobus asiatici è che funzionano anche come servizio postale, il bagagliaio inferiore viene quindi riempito di scatoloni di cartone e sacchi enormi di tela pieni di riso, con il risultato che i bagagli veri non ci entrano e siamo obbligati a portare i nostri zaini di sopra. Questo non sarebbe poi così drammatico se ci fosse la possibilità di posizionarli nel corridoio centrale che divide le file di sedili…peccato però che nel corridoio ci sono più persone sedute (in delle sedioline di plastica per bambini) che nei sedili veri e propri. Ci ritroviamo quindi nei sedili in fondo con incollati tutti i nostri zaini, a condividere tutti i nostri odori con l’abbondante umanità cambogiana intorno a noi…per 8 lunghissime ore!!

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Rivoglio Trenitalia!!!!

Siamo arrivati sfiniti, ma è sicuramente un’esperienza che ci ricorderemo a lungo, mentre poco ci rimarrà dei viaggi negli autobus supermoderni e confortevoli!
Abbiamo letto che Phnom Penh è la patria dei borseggiatori e di persone che vogliono fregarti in ogni modo. Contro i borseggiatori ci siamo ben attrezzati e siamo pronti con la nostra intelligenza ad affrontare le fregature…eh già!! Manco a dirlo abbocchiamo come ingenui al primo tentativo di truffa neanche scesi dall’autobus. Siamo fermi in un punto di Phnom Penh e non riusciamo a capire se questa è l’ultima fermata o se dobbiamo ancora arrivare al capolinea, mentre proviamo a capirlo entra un uomo che con qualche parola di inglese ci chiede dove siamo diretti, noi, emozionati del fatto che ci sia qualcuno con cui comunicare in inglese, gli facciamo vedere l’indirizzo della guesthouse in cui vorremmo andare e gli chiediamo se è meglio scendere qui o se è meglio proseguire. Lui, senza neanche troppo controllare la mappa che gli porgiamo (cosa che ci avrebbe dovuto far dubitare), ci dice frettolosamente di scendere qui. Marco aveva nel frattempo chiesto anche ad un altro passeggero dell’autobus che invece gli aveva fatto cenno di rimanere seduto ed aspettare la prossima fermata. Ma, presi dall’entusiasmo, scendiamo!! Dopo solo 30 secondi che siamo scesi capiamo di essere caduti nella trappola: il gentile signore che ci ha aiutato non è altro che un autista di tuk tuk che ci ha fatto scendere nel punto più lontano dalla nostra guesthouse proprio per offrirci un passaggio a soli 3$ a testa! Lo mandiamo a quel paese senza mezzi termini e ci incamminiamo, per dove? Non sappiamo ancora ma l’unica cosa certa è che non prenderemo nessun tuk tuk o taxi a costo di stramazzare al suolo!!
Marco poi scopre la soluzione a tutto, vede su Maps.me che c’è una linea di autobus urbani nella strada a 100m da dove ci troviamo e c’è poi una fermata a poche centinaia di metri dalla nostra guesthouse!! Perfetto!!! Andiamo quindi alla fermata e aspettiamo che arrivi l’autobus. In quel quarto d’ora perdiamo il conto dei tuk tuk che ci vogliono adescare, alcuni di loro anche dicendoci che non c’è nessun servizio di bus locali. Li scacciamo tutti e continuiamo ad aspettare e alla fine eccolo, l’autobus n° 1, il primo servizio di bus cittadini di tutta la Cambogia entrato in funzione appena 1 anno fa. Uno se lo immagina sgarrupato come tutti gli altri autobus e invece è comodo, aria condizionata e sfacciatamente economico, 70 centesimi in due altro che 3$ a testa per il tuk tuk!!! Ma quanto siamo soddisfatti quando riusciamo ad essere indipendenti dai tassisti!!!
Arriviamo alla nostra fermata e raggiungiamo la zona in cui avevamo visto esserci un po’ di guesthouse di fascia media. Ne giriamo alcuni, il prezzo potrebbe andar bene ma oggi siamo carichi e decidiamo di giocare un po’. E il gioco funziona, arriviamo nell’ultima guesthouse e riusciamo ad ottenere un buonissimo prezzo dicendogli che l’hotel accanto ci offriva di meno per una stanza uguale. All’inizio ci dice di no perché la sua stanza è migliore di quella del concorrente ma quando gli diciamo “ok, allora andiamo di là”, ci ferma subito e accetta il prezzo che volevamo noi!! Che contrattazione!!
Adesso siamo davvero sfiniti e l’adrenalina cala, ma c’è ancora un’ultima cosa da fare oggi: andare a mangiare la pizza!!! Vogliamo provare una pizzeria che abbiamo trovato su TripAdvisor che sembra essere davvero italiana. E lo è: una pizza magnifica, un po’ costosetta rispetto al nostro budget abituale, ma abbiamo bisogno di un po’ di italianità ogni tanto!!
Il “manager” di sala è un ragazzo italiano trasferitosi a Phnom Penh circa 3 anni fa per scappare dall’Italia. Si vede che ha una voglia matta di parlare con connazionali e, se all’inizio della conversazione ci dice quante opportunità in più ha trovato qui rispetto all’Italia e di quanto sia felice di questa scelta, alla fine riusciamo a leggere nelle sue parole qualcosa di diverso, qualcosa di un po’ meno fantastico della mera apparenza, qualcosa di un po’ più amaro. Ci dice di non avere molti amici, gli italiani residenti a Phnom Penh pare che per la maggior parte si sentano fighissimi e si stringono in una cerchia molto d’elite. Con i cambogiani è più difficile fare amicizia, l’ostacolo culturale e della lingua impediscono, almeno all’inizio, relazioni profonde. E la città non è proprio l’Eldorado, ci dice che è sporca (un suo amico se ne è scappato a Singapore proprio per questo), la polizia è corrotta e ferma gli stranieri in scooter costringendoli a pagare tangenti per violazioni palesemente non commesse. Ci conferma anche della grande quantità di ladri che dai loro scooter strappano zaini e borse, buttando a terra le persone, e cellulari dalle mani. Ottimo!!! Dobbiamo quindi prestare molta più attenzione di quello che pensavamo…poi dopo il furto che abbiamo subito in Thailandia siamo ancora scottati!!
A fine della cena salutiamo il nostro amico italiano con la dolcezza di cui sembra aver bisogno e passeggiamo verso la guesthouse riflettendo sul fatto che non ci sono posti da sogno in cui vivere, ogni angolo di terra, ogni paese, ogni città ha i suoi pro e i suoi contro e anche i luoghi che sembrano da sogno, lo sono un po’ di meno quando uno ci vive e non ci sta solo 3 giorni in vacanza. Per questo che noi non vogliamo scappare dall’Italia. Sembra strano perché stiamo passando questo anno in Asia e passeremo il prossimo in Australia, ma non lo stiamo facendo per scappare dal nostro paese, per andare a trovare il paradiso altrove. Ogni giorno che passa, ogni paese che visitiamo, ogni luogo nascosto che scopriamo, siamo sempre più consapevoli di quanto amiamo il nostro paese e di quanto vediamo la nostra vita lì. Tutto il resto sono esperienze che vogliamo fare, è il desiderio di conoscere il diverso, per apprezzare ancora di più quello che siamo noi e la cultura che ci appartiene!
Il secondo giorno suona la sveglia prima delle 6, ormai abbiamo preso l’impegno di fare sport e l’unico momento in cui non rischiamo uno svenimento dal caldo è al mattino presto. Oltre a fare un po’ di sport, riusciamo anche a vedere le abitudini mattutine della popolazione cambogiana. Numerose persone dai 18 ai 90 anni, uomini o donne, si riversano nei parchi delle città per l’allenamento mattutino…ora, chiamarlo proprio allenamento è troppo pretenzioso, ma almeno non stanno in casa a vedere la televisione. Fanno delle lezioni di gruppo all’aperto, in cui il massimo sforzo è dondolare le anche in un lieve sculettamento e far ondeggiare le braccia a destra e a sinistra. Solo qualcuno si lancia in una corsa leggera. Sono buffissimi, ma ammiriamo questa tradizione!
Questa mattina abbiamo la fortuna di poter andare allo stadio vicino alla nostra guesthouse che scopriamo essere aperto a tutti per il work out mattutino. Un quarto della città è riversato qui. Gli spalti sono presi d’assalto, ma anche la pista di atletica che circonda il campo da calcio. Perfetta location per il nostro allenamento, ci mettiamo a correre nella pista…e questo mi fa riaffiorare ricordi delle gare di atletica a cui eravamo costretti a partecipare alle medie, nelle quali veniva fuori tutta la mia inadeguatezza negli sport. Mi diverto a ricordare quello che ero e quello che sono ora e per una volta devo ammettere che sono andata migliorando…almeno mezzora di corsa riesco a reggerla senza stramazzare al suolo al secondo giro!
Finito l’allenamento ci prendiamo un buonissimo succo di arancia nei baracchini fuori dallo stadio (che hanno un gran da fare a quest’ora: le vecchiette dopo i vari ondeggiamenti di anche fanno spesa di frutta e verdura in questi baracchini prima di rincasare) e poi ci dirigiamo verso la guesthouse. Con calma ci facciamo la doccia e facciamo colazione, per poi dedicare la mattinata a qualche commissione: dobbiamo passare in cartoleria, andare a cercare una macchina fotografica per me e fare spesa per cucinarci i pasti di oggi.
Per quanto riguarda la macchina fotografica, ho deciso di azzardare questo acquisto perché il nuovo telefono non è assolutamente all’altezza del mio caro vecchio Nexus con cui mi divertivo a fare foto prima che me lo rubassero. Esito un po’ a spendere soldi per una cosa non indispensabile ma Marco mi convince del fatto che sarà bello avere foto di questo viaggio da due punti di vista diversi. Sono decisa, ma dobbiamo solo trovare una macchinetta semplice ma affidabile e soprattutto non costosa. Giriamo vari negozi per poi approdare alla Canon in cui troviamo un oggetto molto basico, ma sembra comunque di qualità ad un prezzo non eccessivo. Davanti al cartellino col prezzo però mi assale ancora l’ansia e rimando la decisione a domani!
Nella tarda mattinata ci dirigiamo verso il museo Tuol Sleng: in principio era una scuola, poi al tempo degli Khmer Rossi era diventato un’atroce prigione in cui venivano detenuti e torturati gli oppositori politici (o ritenuti tale), adesso è diventato un museo, una sorta di Auschwitz della Cambogia. Durante le nostre letture sulla guerra del Vietnam siamo incappati anche sulla storia della Cambogia e in particolare sugli eccidi nel periodo degli Khmer Rossi, non possiamo quindi non andarci. Sappiamo che non sarà una passeggiata di salute, ma è molto importante conoscere la storia, anche di una parte di mondo che sembra non appartenerci nella lontana Europa che si deve già ricordare le sue di stragi.
Gli Khmer Rossi hanno preso con la forza il potere in Cambogia nel 1974, inizialmente erano visti come i salvatori, ma bastarono poche ore dopo la loro marcia su Phnom Penh per trasformare le speranze della popolazione in una delle stragi più crudeli del secolo scorso. Non voglio addentrarmi troppo nella storia, ma non posso non dare qualche spunto per capire che le stragi naziste non sono le uniche ad essere esistite e questi momenti di estrema bassezza della civiltà umana DEVONO essere conosciuti e ricordati, anche se riguardano una popolazione lontana centinaia di migliaia di chilometri da noi.
Gli Khmer Rossi obbligarono tutti gli abitanti di Phnom Penh a lasciare, in poche ore, la loro città redistribuendoli nelle campagne. Tutta la Cambogia fu trasformata in un enorme campo di concentramento a cielo aperto, tutti erano costretti a lavorare a ritmi inumani nei campi, dai bambini agli anziani, uomini e donne. Migliaia di persone furono arrestate senza motivo, torturate e poi uccise. Le persone che scamparono l’eccidio morirono di fame e delle malattie che si andavano diffondendo. Tutto questo durò 5 anni, 5 ANNI!!! Sono un’eternità!!
Nel “museo” vediamo le celle dei prigionieri, le foto dei loro volti e alcune dei loro corpi dilaniati dopo le torture. Partecipiamo anche ad una conferenza di un’ora in cui un sopravvissuto racconta la sua vita di quegli anni, quando, a soli 10 anni era costretto a lavorare 20 ore sui campi, si è ammalato ed è stato nascosto dal padre per non farlo uccidere. Ma la cosa che mi colpisce di più nel racconto è il momento in cui con la madre e le sorelle marcia verso Phnom Penh dopo la fine degli Khmer Rossi e lui, ancora malato e senza forze, non riesce a tenere il passo e la madre lo lascia indietro per dare a se stessa la possibilità di sopravvivere. Come fa una madre ad abbandonare il figlio morente proprio quando tutto questo dolore sta per finire? E’ la domanda che tacitamente ci facciamo tutti noi ascoltatori e che un ragazzo riesce a fare al signore che sta raccontando. Lui non sembra scosso, ha capito la madre, l’ha perdonata, ha capito che in una condizione di dolore, segregazione, lavori forzati si finisce per pensare solo a se stessi e a salvare la propria vita al punto di trovare d’intralcio perfino il figlio che non riesce a tenere il passo in quel cammino verso la salvezza. Un pugno al cuore!!
Queste 3 ore che abbiamo passato dentro al museo sono state forti, ci hanno preso dentro, al punto che abbiamo inconsciamente saltato il pranzo e anche adesso che siamo usciti non riusciamo ad ingerire nulla!! Ma siamo ben contenti di conoscere anche questa parte della Cambogia e non solo le bellezze naturali!
Per oggi abbiamo decisamente dato, rientriamo in guesthouse, ci riposiamo un po’ e poi ci mettiamo a preparare una cena (sana, che ogni tanto ci vuole) a base di insalata e fagioli rossi! Ce la gustiamo nei tavoli all’aperto che sono nel terrazzo vicino alla nostra camera, poi lavoriamo ancora un po’ al sito e per finire stramazziamo nel letto!!
Il giorno successivo abbiamo ancora la sveglia all’alba per i nostri esercizi, però poi decidiamo di cazzeggiare tutta la giornata e metterci un po’ in pari con il sito e con l’elaborazione delle foto. Sono attività che ci prendono un sacco di tempo, ma continuiamo a volerle fare anche a costo di qualche giornata “persa” in guesthouse perché sono ricordi bellissimi che resteranno per sempre di questo pezzo di vita!
Per pranzo ci facciamo ancora una bella insalata con la feta (l’unico formaggio che riusciamo a trovare senza dover donare un rene) e usciamo una mezzoretta per compiere il fatidico acquisto: la macchina fotografica!
Nel tardo pomeriggio, quando il sole cala e arriva un minimo di refrigerio, usciamo per una lunga passeggiata verso la parte più viva di Phnom Penh, sulle rive del Mekong, come farcelo scappare! Camminiamo per un bel po’ di chilometri ma non ci pesa, ci prende la chiacchiera pesante e arriviamo nel lungo fiume in un battibaleno. Dobbiamo ammettere che per quanto Phnom Penh non ci abbia preso il cuore, il lungo fiume è molto carino e curato, al punto tale da farci anche sentire un attimo di magia!!

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Anche qui ritroviamo il Mekong!!

Ci facciamo una passeggiata romantica e poi si fa ora di cena. Troviamo un ristorante libanese e decidiamo di andare, abbiamo voglia di un po’ di pausa dal cibo asiatico al punto da anelare anche quello medio-orientale! La cenetta a base di Hummus e Falafel ci delizia non poco, anche se un po’ ci appesantisce. Al punto tale da decidere di prendere un tuk tuk per tornare in guesthouse. Ci mettiamo un po’ per trovare quello giusto che ci fa un prezzo non esagerato e alla fine sfrecciamo tra le strade di Phnom Penh seduti in questo carrettino trainato da una motorella che ci fa sentire il vento fresco tra i capelli.
Arrivati allo stadio paghiamo l’ometto che però ci dà il resto sbagliato a suo sfavore. Facciamo i bravi e glielo diciamo e lui ci fa un sorriso così enorme e stupito che ci basta a farci capire che abbiamo fatto la cosa giusta. Ci piace pensare che con questa buona azione l’ometto deciderà di non fregare i prossimi turisti 
Dallo stadio torniamo verso la guesthouse, ma siccome ci ha sceso nella parte diametralmente opposta al nostro alloggio, ci facciamo comunque un chilometro per tornare, durante il quale ci imbattiamo in una via in cui ogni 100 m c’è un’agenzia diversa che vende biglietti degli autobus per Ho Chi Minh City, solo quella destinazione, non ti azzardare a chiederne altre!!
L’ultimo giorno a Phnom Penh decidiamo di andarla a visitare un po’ più approfonditamente. Prima di iniziare però andiamo a comprare il biglietto dell’autobus per raggiungere Kratie l’indomani. La biglietteria è a 2 passi dal mercato centrale quindi dopo aver comprato i biglietti ci facciamo un giro in questo coloratissimo insieme di bancarelle di frutta, verdura, carne e baracchini in cui mangiare. E io mi diverto a fare foto con la mia nuova macchinetta. Oggi ho deciso di portarla nonostante il rischio che mi venga rubata, la reflex di Marco invece è al sicuro in guesthouse.

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Il viale della frutta

 

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Il banco delle spezie

Da qui raggiungiamo l’unica collina di Phnom Penh (beh, collina è un po’ esagerato, diciamo mucchietto di terra), sulla cui sommità sorge il Wat Phnom, un tempio buddista. Per arrivarci passiamo per strade secondarie e ci imbattiamo in una marea di ragazzini che stanno uscendo da scuola con le loro divise. Guardo l’orologio: sono appena le 11. Escono da scuola adesso?? Eh si, Marco ha letto ieri sul giornale che è stato accorciato l’orario scolastico a causa del gran caldo! Ah beh!!

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Ma non sarà un po’ troppo presto per uscire da scuola???

Il tempio non è un granchè, come tanti altri è più bello da lontano che visto da vicino, ma attorno ad esso c’è un bel parco con un sacco di alberi che fanno un po’ di ombra! Ci fermiamo in una panchina e ci mettiamo a scrivere un po’ di cartoline per i nostri cari.

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L’impegno del giorno: scrivere le cartoline!

Per pranzo troviamo uno dei baracchini per locali per cui andiamo matti, anche per la loro economicità e poi ci mettiamo a passeggiare sul lungo fiume per arrivare al Palazzo Reale. Durante il tragitto vediamo una creperia e cediamo alla tentazione di smezzarci una crepe alla nutella, peccato che però ci abbiano messo un pelino di nutella mischiata a cioccolato fuso. Sarà pure di qualità migliore, ma la nutella è la nutella! Inutile dire che rimaniamo delusi.
Quando arriviamo davanti al palazzo reale ci accorgiamo di non avere più soldi e non possiamo neanche prelevare perché non ci siamo portati dietro le carte di credito, perciò ci dobbiamo accontentare di vederlo da fuori.

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I monaci in visita al Palazzo Reale

 

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Venditrici ambulanti

Poco dopo dei nuvoloni neri si impossessano del cielo azzurro: sta arrivando l’acquazzone pomeridiano tipico della stagione dei monsoni. Dobbiamo quindi decidere se prendere un tuk tuk per tornare in albergo o se andare a piedi…ci guardiamo negli occhi un istante e senza dirci niente tiriamo fuori i ponchi antipioggia rossi e li indossiamo. Non facciamo neanche in tempo ad infilare l’ultima manica che piccole goccioline di acqua si sono trasformate in uno scroscione!! Ma a noi che ci frega, siamo coperti dai nostri ponchi e stiamo felici sotto l’acqua…forse un po’ ridicoli visti dall’esterno ma felici!!

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Monsone non ti temiamo!!

Ridendo come matti ci facciamo i due chilometri e mezzo che ci separano dalla guesthouse e soddisfatti rincasiamo con solo i piedi bagnati…ma tanto fa comunque caldo e tutto si asciuga all’istante! Finiamo la serata in guesthouse un po’ riposandoci e un po’ lavorando al blog, ma andiamo a letto presto perché domani ci si sposta di nuovo: direzione Kratie!

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Pronti per un’altra partenza!

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