21 - 23 Marzo 2016

Il secondo giorno dell’avventura nella giungla è tempo di provare il kayak! Per iniziare decidiamo che è meglio andare divisi, ognuno con una guida. Il primo tratto è abbastanza tranquillo e ci fa innamorare di questo mezzo: si naviga placidamente tra immense fronde di alberi e ci si gode la giungla da un punto di vista molto speciale; ci si sente infatti immersi nella foresta ma allo stesso tempo lo sguardo riesce comunque a vagare per ampi spazi, cogliendo prospettive bellissime del punto di contatto tra acqua e vegetazione.
Poi ci sono le rapide e allora inizia il divertimento. Molte agenzie ci avevano sconsigliato il kayak in quanto essendo questa la stagione secca, il fiume è molto basso e nelle rapide capita spesso di rimanere incagliati. Con le guide al comando ovviamente questo succede molto poco spesso e ci divertiamo un mondo.

 

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La nebbia sul fiume alla partenza

 

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Attraversando il fiume in kayak

Tutto il fiume è un susseguirsi di tratti tranquilli in cui rilassarci e stare in silenzio ammirando lo spettacolo intorno a noi con solo lo sciabordio delle pale sull’acqua, e tratti veloci, divertenti, un po’ funambolici nei quali si è concentrati solo a scegliere la giusta traiettoria e schivare il masso di fronte a noi.

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Un panorama mozzafiato

Ci fermiamo anche a visitare un altro paio di villaggi lungo la strada. Nel primo conosciamo anche l’autorità politica, una sorta di sindaco, un omino con un gran sorriso, mite, che ci sembra tutto fuorchè autoritario; Keo inoltre ci dice che c’è anche uno sciamano per ogni villaggio, colui che è in parte medico in parte massima autorità religiosa, ma questo non lo incontriamo.

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Il villaggio in mezzo alla giungla

Nel secondo villaggio invece come sbarchiamo tutte le bambine e ragazze del villaggio arrivano con grandi cesti e ci improvvisano un mercatino dei loro prodotti: braccialetti e collanine.

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La piccola venditrice di bracciali

Sono sempre in dubbio se comprare “souvenir” dai bambini. Primo perché quello che per me è un prezzo irrisorio magari è quello che il loro padre guadagna in un giorno lavorando nei campi e si provocano quindi delle storture per cui fare braccialetti da vendere ai turisti è più redditizio che coltivare la terra. Secondo perché se questa bambina di fronte a me continua a guadagnare bene passerà tutta la vita a fare questo invece di seguire le orme della madre o andare a scuola. Stavolta però non riusciamo a dire di no e Keo insiste dicendo che aiuteremmo una famiglia in questo modo; so che è proprio questo il gioco, fatto sta che comunque acquistiamo due braccialetti. C’è anche una scimmietta come animale da compagnia in una casa ci facciamo due risate con lei e poi ripartiamo.

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Le piccole del villaggio

Per pranzo ci fermiamo in un ansa del fiume dove c’è una terrazzina naturale coperta da della vegetazione. Il pranzo è stato preparato stamattina dalle guide quindi ora non resta che gustarcelo.

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E’ ora di pranzo!!

Dopo pranzo ci riposiamo un po’ mentre Keo e il suo aiutante cercano di pescare qualcosa per cena: la loro tecnica consiste nel fare un gran baccano nel fiume nei pressi di un ansa dove hanno precedentemente messo una rete, in modo che i pesci spaventati rimangano intrappolati. Considerando quanti villaggi ci sono su questo fiume e che tutti pescano in questo modo poco ortodosso, posso immaginare quanta pesci rimarranno qui tra una decina d’anni. Come al solito sono arrivati prima gli strumenti moderni che la coscienza su come usarli. Quelle attività che prima erano limitate dalla equità di possibilità di successo o insuccesso, come la caccia o la pesca, o dalla stessa fatica dell’uomo, come il taglio di un albero, ora sono senza freno grazie alle reti, ai fucili, alle motoseghe. Prima che arrivi la coscienza sociale a frenare queste attività si compiranno delitti senza pari. Ma non possiamo certo parlare noi che ne abbiamo fatti a bizzeffe quando non avevamo questa coscienza e continuiamo deliberatamente a farle ora che ce l’abbiamo. Fortunatamente il bottino è scarso: appena tre pescetti.
Ripartiamo con i kayak ma stavolta con gli equipaggi cambiati. Infatti abbiamo chiesto a Keo se possiamo provare da soli e ci ha detto che fino a che non ci stanchiamo possiamo andare. Evvai!

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Un saluto dal kayak

Le due ore successive sono tra le più belle passate insieme. Ci incagliamo innumerevoli volte, rimaniamo bloccati in una rapida, andiamo a zig-zag nei tratti tranquilli ma ridiamo e ci divertiamo come bambini e quelle volte che usciamo indenni da una rapida o riusciamo a pagaiare dritti ci sentiamo i Ronaldo del kayak e ci esaltiamo manco fossimo ai mondiali. Peccato che come al solito il gioco dura poco e verso le quattro ci fermiamo in un posto incantevole per passare la notte. Proprio al termine di una rapida con al centro una piccola isola, su di un lato, una spiaggetta rialzata rispetto al livello del fiume sarà il punto dove costruiremo il campo.

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La discesa sul fiume continua

Keo taglia alcune canne di bambù mentre l’altra guida si occupa delle grandi foglie di banano poco lontano. Inizialmente Keo prova a costruire un rifugio tipo tenda ad igloo ma essendo in difficoltà ci confessa che era la prima volta che ci provava e non era molto sicuro di come fare. Noi ci divertiamo a vederlo tutto concentrato nello studiare dove far passare i pali ma alla fine desiste, sbaracca tutto e decide di farlo in maniera tradizionale, l’altro modo lo proverà a casa.

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La raccolta delle foglie di banano

Con i bambù costruiamo quindi la struttura di base: un piano che funge da tetto da un lato appoggiato in terra e dall’altro sollevato da due pali. Su questo piano intrecciamo una serie di strisce di canne di bambù per sostenere le foglie di banano, che fungono da tegole.

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Erika intenta a legare i tronchi di bambù

In un oretta la nostra meravigliosa magione è pronta. Iniziamo subito a preparare il nostro letto: sul fondo le immancabili foglie di banano, sopra i sacchi a pelo ea coprire il tutto una rete anti-zanzare.

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Il rifugio è pronto!!

 

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Chi ce l’ha più lungo 2.0

Ci andiamo a lavare nel fiume prima di cena mentre Keo accende il fuoco. Siamo molto curiosi di come cucinerà visto che non si è portato nessuna pentola. La risposta arriva presto, infatti prende tre pezzi di canna di bambù abbastanza grandi e ci mette dentro: in uno lo sticky rice e dell’acqua, nel secondo del pomodoro, dell’acqua e alcune erbe aromatiche mentre nell’ultimo prepara una zuppa tipica con fiori di banano e piante della giungla. Queste tronconi di canna vengono poi messi sul fuoco come si farebbe con una pentola…nella giungla c’è veramente tutto quello di cui si ha bisogno. I tre pescetti vengono invece fatti allo spiedo.

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Le “pentole” di bambù sul fuoco

Si mangia presto prima che tramonti il sole poi le due guide provano a risalire un po’ il fiume per tentare di pescare qualcosa e noi rimaniamo soli. Ci abbracciamo attorno al fuocherello e ci godiamo questo momento solo per noi.

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Il pasto è servito…e le pentole sono diventati piatti

Dopo una mezz’ora si iniziano a vedere di nuovo le pile da testa delle guide che stanno tornando. Non hanno pescato nulla perché c’erano troppe zanzare e sono dovuti scappare: diciamo che se si dovessero guadagnare da vivere con la pesca non andrebbero troppo lontano!!!
Ci mettiamo tutti attorno al fuoco e Keo ci racconta un po’ meglio di lui e della sua famiglia, poi ci parla degli spiriti (Pi in laotiano): quello della giungla, quello del fiume, quello dell’albero e quello della casa.

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Erika riflessiva davanti al fuoco

Ci parla degli spiriti buoni e di quelli cattivi ed infine una storiella che suo padre gli ha raccontato quando era piccolo. Il tutto intervallato da sorsi di Lao Lao, il whisky teoricamente illegale ma che si trova praticamente ovunque. Andiamo a letti esausti, cullati dallo scrosciare vicino dell’acqua.

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Io e…il Lao Lao

La notte passa abbastanza bene anche se non siamo abituati a dormire sulla nuda terra. La mattina i due giorni in cui i livelli di igiene non sono stati altissimi e soprattutto in cui abbiamo mangiato senza ritegno piante crude della giungla e piatti speziati iniziano a farsi sentire; il tributo da pagare è una corsa al bagno appena alzati, molto velocemente!

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Starbucks nella giungla

 

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Due persone distrutte

Oggi riprendiamo i kayak per un paio d’ore e poi ci aspetta un trekking che ci porterà in cima a un monte per pranzo.

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Ancora kayak

 

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Foresta di bambù

Niente di nuovo ma ci divertiamo un mondo lo stesso, tranne per il fatto che ogni tanto dobbiamo correre! Allora Keo capisce e ci procura un paio di erbe medicinali per i problemi intestinali. Amare, amare, ma così amare che si fa fatica a tenerle in bocca “the bitter, the better” un par de ciufoli!!! Comunque sembrano fare effetto e insieme a un pranzetto leggero fatto di riso e petto di pollo sul fuoco tutto torna alla normalità.

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L’ultimo Caronte per uscire dalla giungla

Verso le tre riprendiamo il tuk tuk che ci riporta a Luang Nam Tah, siamo stati splendidamente questi tre giorni e Keo si è rivelato un compagno di avventure fantastico e una guida premurosa, ci ha permesso di vivere un’esperienza indimenticabile e mai ci siamo sentiti dei clienti ma sempre degli amici e questo solo alcuni professionisti riescono a trasmetterlo. Non riusciamo a trasmettergli quanto lo ringraziamo e anche lui ci dice che è stato bene…perché non lo abbiamo fatto arrabbiare e lui si arrabbia facile! Ci facciamo una gran risata e ci salutiamo calorosamente.

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Foto di gruppo…ci resteranno nel cuore

Prendiamo le nostre cose e cerchiamo una guesthouse. Stavolta risparmiamo un po’ e ne prendiamo una più economica. Dobbiamo decidere cosa fare nei giorni successivi e in particolare come arrivare a Luang Prabang. Abbiamo due opzioni: andare a Pak Beng e fare una crociera sul Mekong di un giorno oppure, come consigliatoci da Keo, dirigerci a Nong Khiaw e poi scendere sul Nam Ou (il fiume di questp villaggio). Decidiamo per questa seconda opzione che è prevista anche sulla lonely planet. Ci facciamo una fantastica doccia e ceniamo un po’ all’occidentale.
Il giorno seguente prendiamo presto un autobus per Nong Khiaw, lungo la strada parlando con altri ragazzi sembra che il Nam Ou sia interrotto in più punti da dighe e quindi non sia possibile percorrerlo in barca. Ci sembra strano ma chiederemo quando arriveremo.
Nong Khiaw è una cittadina molto piccola, come Luang Nam Tah, e, come Luang Nam Tah, basa tutta la ricettivitò turistica su attività outdoor come trekking e kayak; la differenza è che qui il fiume è l’assoluto protagonista del panorama, tanto che la maggior parte delle guesthouse ha la vista proprio sul Nam Ou. Ne troviamo una particolarmente carina con bungalow molto spartani ma con un terrazzino splendido con un amaca per rilassarsi godendosi il fiume. Ci stabiliamo e andiamo subito a sentire per la crociera verso Luang Prabang. Brutte notizie: tutti ci dicono che con le due dighe di recente costruzione (qualche mese, neanche la Lonely Planet è aggiornata) è impossibile raggiungere Luang Prabang in barca con un servizio pubblico. Si possono affittare tre barche private per fare i tre tratti a un costo proibitivo ma ne vale veramente la pena?? Pensiamo proprio di no. Va bè ci abbiamo provato, alla fine una cosa cosi non potevamo certo prevederla. Mangiamo in un ristorantino con terrazza e prenotiamo un minibus che ci porterà l’indomani a Luang Prabang.
Durante il tragitto una sosta è proprio alla prima diga che scopriamo essere CINESE! A quanto pare l’elettricità per un certo numero di anni andrà ai cinesi e solo dopo potrà essere sfruttata dai laotiani: e pensare che questo era il paese che non aveva costruito neanche un ponte sul Mekong per non farsi “contaminare” dalla modernità thailandese, e ora accetta che un paese estero costruisca una diga su un proprio fiume per sfruttarne le risorse. Pazzesco.
Nel minibus accanto a Erika si siede un simpaticissimo e logorroico vecchietto californiano di una settantina d’anni che ancora gira il mondo con la moglie. Ci racconta di tutto il suo viaggio nel sud est asiatico e soprattutto ci consiglia “SAPA SAPA DO YOU KNOW SAPA?!? SAPA, ES-EI-PI-EI, SAPA, NORTH VIETNAM SAPA” ho capito cacchio! No! Non ho idea di dove cavolo sia ma giuro su mia madre che ci vado!!! Ci chiede anche un consiglio su un paese da visitare in Asia Centrale: Kyrgyzstan, rispondiamo senza neanche pensarci.
Lo salutiamo affettuosamente mentre scende dal minibus di fronte al suo albergo a quattro stelle a Luang Prabang, ce lo ha consigliato anche a noi, ma credo che sia un tantinello fuori budget!!

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