10 – 11 Marzo 2016

Arriviamo non troppo tardi a Xi’an per la seconda volta; ora sappiamo benissimo dove andare a cercare gli autobus e ci dirigiamo sicuri al piazzale. Ci imbarcano immediatamente in un autobus in partenza e in un attimo siamo in viaggio verso la prossima meta: Hua Shan. Sulla Lonely Planet è scritto che non si può lasciare la Cina senza aver visitato almeno una montagna sacra e noi siamo assolutamente d’accordo!!
La filosofia/religione taoista è molto legata alla natura dato che non concepisce separazione tra l’io e quello che ci circonda; è probabilmente da questo, oltre che dal desiderio di essere isolati, come per i monaci di qualsiasi religione, che scaturisce la necessità di costruire dei piccoli templi sulle sommità dei monti. Purtroppo oggi, “grazie” all’estrema facilità con cui è possibile raggiungere questi luoghi (ci sono addirittura due comode cabinovie) si è decisamente persa la sacralità della meditazione. Rimangono pero i templi e gli altari a testimonianza di un passato di quiete.

Decidiamo che vogliamo salire a piedi, anche se questo non ci permetterà di vedere tutti e quattro i picchi che compongono la montagna. Lo vogliamo per lo stesso motivo per cui non vorremmo prendere nessun aereo. Perché non vogliamo scorciatoie, vogliamo guadagnarci ogni metro di quella montagna; e se poi alla fine non riusciamo a vedere tutto, comunque il poco che raggiungiamo fa in qualche modo parte di noi.
L’autobus ci lascia di fronte ad un albergo dove compriamo qualcosa da mangiare e da bere per l’ascesa (c’è un bancone fornitissimo) e dove lasciamo gli zaini più pesanti in previsione della notte nel rifugio in quota.
Il sentiero parte da un bellissimo tempio taoista. Abbiamo provato a leggere qualcosa riguardo questa affascinante filosofia ma è talmente diversa dal nostro modo di pensare che ci risulta ancora decisamente oscura. Forse è anche per questo che ci intendiamo cosi difficilmente con i cinesi: il loro schema logico di pensiero è completamente diverso dal nostro.

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Il tempio Taoista

Con questi pensieri ci iniziamo a incamminare per la salita. I primi km sono piuttosto semplici, su un sentiero lastricato, con piccole salite intervallate ad alcune più ripide. Riusciamo però facilmente a prendere il ritmo. Il problema sappiamo essere i migliaia di scalini che di qui a poco dovremo fare…cerchiamo di non pensarci!!
Alla dine però il fatidico momento arriva: siamo di fronte alla scalinata di cui non si vede la fine. Ai primi passi tutto sembra impossibile: farci più di 1000m di dislivello di step appare come una tortura non gestibile dal corpo umano. Invece piano piano il nostro corpo si abitua anche a questo. I quadricipiti ci fanno male ma le gambe sembrano non cedere e riusciamo a salire spediti. Mano a mano che si sale gli scalini diventano più tortuosi, si sporcano di neve e ghiaccio ma dietro di noi inizia ad aprire una meravigliosa veduta.

”Ascesa
Erika e la infinita scalinata

Le soste sono poche, abbiamo paura che se ci fermassimo poi non riusciremmo più a partire. Stiamo veramente sudandocela questa vetta!! Lungo la via c’è qualche bivio, per quasi tutte le strade è indicata come direzione il picco nord, il nostro obiettivo di oggi, ma non vengono date ulteriori informazioni circa le differenze di percorso. Poi, di colpo, le capiamo quando ci troviamo di fronte a una scalinata con una pendenza di 70°C scavata nella roccia; evidentemente il bivio precedente serviva a evitare questo tratto ma oramai non abbiamo la minima intenzione di scendere di quota neanche di un mm!! Un gentilissimo signore offre anche il suo guanto di cotone a Erika in modo che lei abbia una maggiore presa sulla catena che funge da corrimano. Contiamo fino a tre e andiamo. Questa deve essere parte della antica via di salita in quanto ogni scalino è stato ricavato scalpellinando la roccia sulla quale ci stiamo arrampicando; e sembra che non sempre gli operai abbiano avuto voglia di fare la profondità dello scalino adeguata. Alle volte a stento la punta del piede riesce ad avere un appoggio stabile. Il tutto quasi in verticale. Erika lotta con tutta se stessa contro la sua paura di cadere e, nonostante mi mandi a cagare a metà salita, ci riesce benissimo. Arriviamo in cima! E decidiamo che magari scendere da qui non è proprio sicuro e che quindi domani prenderemo la funivia. Vedremo!

”Ascesa
Gli ultimi scalini…

Dopo le tipiche foto di rito andiamo subito ad assicurarci che ci sia il posto per dormire e ci accomodiamo in una camerata da 16 letti, tutti deserti. Fa un freddo boia ma la stufetta che la proprietaria ha acceso sembra stiepidire l’ambiente.
Abbiamo le gambe a pezzi; abbiamo impiegato due ore e tre quarti e, esclusi i primi km, sono stati tutti scalini! Nonostante questo ci prendiamo solo una piccola pausa per un te su una terrazzina, poi abbiamo voglia di esplorare altre parti di questa montagna. Il picco Nord è come una penisola rispetto al massiccio centrale ed è collegato a questo tramite una lama di roccia sulla quale è ricavato il sentiero che lo collega agli altri picchi.

”Sentiero
Il sentiero sulla lama di roccia

In questo angusto sentiero si è anche trovato lo spazio per costruire dei piccoli templi che, assieme allo sfondo in cui sono incastonati, regalano un immagine da cartolina, una perfetta ambientazione per un film di monaci artisti marziali di altri tempi.

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Il massiccio di Hua Shan

Da dove ci troviamo riusciamo a vedere il famoso picco est e il picco ovest; più alti di 4-500 metri. A metà strada tra questi un enorme cascata ghiacciata ci lascia di stucco.

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La cascata ghiacciata

Ci incamminiamo sul sentiero e senza zaini lo sforzo è decisamente minore. Saliamo sempre di più fino a raggiungere quasi il picco ovest, poi le nostre gambe e la nostra pancia richiedono di tornare verso il rifugio. Ci prendiamo un caffè “americano” e saliamo a bercelo sulla sommità del picco. Ci sono diversi punti panoramici, noi scegliamo quello rivolto verso il massiccio centrale: Una grossa roccia smussata si protende proprio sopra il nostro rifugio e una semplice catena indica di non superare quel punto. Noi per qualche tempo resistiamo poi, stanchi dei continui divieti decidiamo di scavalcare e di sederci subito dopo per garantirci una vista migliore.

”Verso
La soddisfazione di aver raggiunto il traguardo

Rimaniamo qui fino al tramonto immersi nei nostri pensieri ed ascoltando il silenzio che si riappropria di questi posti dopo l’assalto diurno dei turisti. Io sto lottando contro il mio solito “collezionismo di esperienze”, il modo nel quale ho sempre viaggiato fino ad ora. Il desiderio eccessivo di completare la lista di “must have” per un luogo, specie se particolarmente impegnativi o adrenalinici. Il tutto correndo da un punto all’altro senza godermi il tempo, gustarmi l’ordinario, assaporare l’anima di una terra. In questo modo ho sempre conquistato dei waypoint, ho fatto spesso esperienze che ora mi stanno apparendo superficiali perché chiaramente progettate per il turista, ma raramente ho sentito di aver “conosciuto” un luogo, di aver sperimentato qualcosa di più profondo. Ancora non riesco a cogliere a pieno questi miei sentimenti ma sento che qualcosa dentro me sta cambiando. Tutto questo è normale che mi stia venendo fuori in Cina dove, data la vastità del territorio e il limite dei 30 giorni di visto, si doveva in qualche modo correre; e ancora di più qui, a Hua Shan, dove c’è “il sentiero più pericoloso del mondo”, medaglietta perfetta da mostrare per darsi un po’ di lustro in una serata particolare e soprattutto pane per i miei denti. Ma questa volta voglio fare un esercizio: voglio sforzarmi di stare invece che di correre. Voglio godermi fino in fondo questo luogo che ho conquistato. Domani vedremo l’alba esattamente da questo punto e poi affronteremo la lenta discesa verso valle…a piedi!
A cena decidiamo che ci vogliamo coccolare e mangiamo quindi nel rifugio. Proviamo ad ordinare una zuppa, la cosa meno costosa del menu ma ci arriva una minestra di mais dolce. Una roba immangiabile. Dopo aver letto un po’ ci infiliamo nei letti e mettiamo la sveglia alle 6.
Ci svegliamo e con uno sforzo non da poco usciamo dal caldo dei nostri piumoni. Ne prendiamo anche uno per coprirci mentre aspettiamo il sorgere del sole. Saliamo nel “nostro” posticino, scavalchiamo la catena e ci sediamo osservando la valle ancora immersa nell’oscurità.

”Aspettando
Aspettando l’alba

Piano piano il cielo inizia a schiarirsi e poi d’improvviso uno spicchio di sole fa capolino nella sella tra le due montagne.

”Alba
L’alba dal nostro posticino

 

”Alba
Mentre il sole sorge

La luce orizzontale colpisce il massiccio centrale evidenziando tutte le più piccole striature della roccia. Il momento è magico.

”Alba
Le facce da alba…occhi stanchi ma più ricchi

Rimaniamo ancora per qualche minuto poi iniziamo a sentire gli ingranaggi della cabinovia che iniziano a mettersi in moto: è proprio ora di andare. Facciamo una rapida colazione e poi via ad affrontare tutti gli scalini della discesa.
Ringraziando il cielo la via è diversa da quella di salita ed è molto meno ripida. Riusciamo a essere a valle in due ore e mezza.
Mangiamo un boccone in una locanda di una simpatica vecchietta dove il marito si sta esercitando nell’arte della calligrafia; gli chiediamo se ci può scrivere il nome della montagna con il suo pennello sul nostro quadernino e, dopo qualche complimento dovuto a eccessiva modestia, accetta e ci regala questo piccolo ricordo.
Prendiamo il primo autobus per Hua Shan e cerchiamo un posto dove poter scrivere un po’. Al solito gli internet cafe non sono per stranieri qui quindi ci rifugiamo da “Dicos” il mac donalds delle ali di pollo fritte. Oramai abbiamo capito che questi sono i posti migliori per questo genere di attività.
La sera salutiamo il nord e facciamo rotta verso Chengdu e i nostri primi panda giganti!

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