28 - 29 Febbraio 2016

Arriviamo alla stazione alle 17e48 spaccate, se non altro le ferrovie cinesi sono di una puntualità strabiliante. Non si può dire lo stesso della comodità degli “hard seat”, teoricamente una seconda classe, ma per un tragitto di due ore oramai riusciamo a sopravvivere ovunque :P.
Alla stazione proviamo subito a comprare i biglietti per Lanzhou, tappa intermedia nel viaggio verso i villaggi tibetani di Langmusi e Xiahe, ma l’impiegata ci respinge con tanto cortesi quanto determinati e irritanti “no”. Ma no cosa? Non ci sono più biglietti? Non c’è più il treno? Non c’è più Lanzhou? Non c’è più la stramaledetta repubblica cinese?!?!? Non ci è dato saperlo: “no”.
Soprassediamo e usciamo.

Veniamo come al solito assaliti dai tassisti ma Erika ha già letto che l’autobus n.1 porta diretto in centro. Oramai sta prendendo le redini dell’organizzazione del viaggio: le decisioni le prendiamo insieme ma è poi lei che studia per trovare le soluzioni più comode per spostarsi e che nelle stazioni si sbatte per trovare i biglietti (e spesso si inca@@a come una tigre contro il muro di gomma degli impiegati cinesi); oramai questa vita in viaggio le sta calzando sempre più a pennello.
Qui a Zhangye le nostre risorse per l’orientamento sono decisamente scarse: la lonely planet non fornisce infatti nessuna mappa della città (nonostante consigli di fermarcisi per almeno una notte) e la nostra applicazione per le mappe offline (MAPS.ME, rivelatasi sempre ottima) disegna la pianta ma non inserisce nessun nome delle vie. Ottimo!
Dopo una buona mezz’ora di tragitto in autobus finalmente ci appare davanti una grande rotonda con al centro un edificio dall’architettura antica; ipotizziamo sia la drum tower che si trova nella piazza principale della città. Scendiamo e iniziamo a cercare il primo hotel consigliato dalla guida. Lo troviamo abbastanza velocemente ed entrando già ci prepariamo alla solita faccia spaventata di chi ha visto un mostro e alle solite mani svolazzanti ad indicare “no no no”. Stranamente invece la signora alla reception prende svogliatamente la calcolatrice ma ci spara un prezzo esorbitante per una doppia. Chiediamo lo sconto, ci viene negato e gentilmente (manco troppo) ringraziamo e usciamo. Te pareva che poteva andare tutto liscio al primo tentativo??
Iniziamo quindi il solito valzer di “no foreigners” che ci indispone sempre di più ad ogni hotel da cui riusciamo. Non è proprio il modo migliore di rompere il ghiaccio con una città: ti mette subito di cattivo umore. Decidiamo di provare un nuovo approccio: Booking.com.
Cerchiamo un hotel nelle vicinanze che non abbia nella descrizione “only chinese citizens” e ne troviamo un paio. Andiamo al primo ed effettivamente riusciamo ad avere una camera a prezzo umano (anche se più alto rispetto alla prenotazione su booking). Decidiamo che per stasera ne abbiamo abbastanza e quindi accettiamo su due piedi.
Il piano è ora di andare a prenotare l’autobus notturno per l’indomani per Lanzhou. Non sappiamo dove sia l’autostazione quindi prendiamo un taxi: facile a dirsi… ne fermiamo uno e ci mettiamo un quarto d’ora a fargli capire dove vogliamo andare. Già che c’è carica anche un’altra passeggera a buffo e poi partiamo. Dopo 5 minuti ci fermiamo di fronte a un palazzone tutto buio. Non sembra un’autostazione: ci avrà capito? Proviamo a rispiegarglielo, ci fa un segno d’assenso e riparte. Nel frattempo la passeggera chiama una sua amica al telefono che parla inglese e tra infiniti discorsi, quando sarebbero bastate due frasi, ci dice che l’autostazione ovest è chiusa e quindi dobbiamo andare alla est. Stasera non ne va dritta una. E andiamo alla est allora!
Rifacciamo tutta la città (fortunatamente piccola) e giungiamo alla est che si trova a 2 minuti di cammino dal nostro albergo…taxi pagato per nulla. Qui vediamo passare un night bus proprio per Lanzhou che tenta di tirarci dentro. Noi gli diciamo che vogliamo fare i biglietti per l’indomani e ci dirigiamo in stazione. Chiusa pure questa. Vabè stasera è meglio se andiamo a dormire eh. Decidiamo comunque di provare a cenare anche se, data la serata, già ci immaginiamo l’esito.
Entriamo in un localino che ci ispira e che si capisce subito essere gestito da giovani. Le scritte esterne sono tutte in inglese, in un bel carattere accattivante e il colore dominante è il verde. Si, oggi abbiamo proprio bisogno di qualcosa di “amico”. Effettivamente all’interno ci accolgono subito due ragazzi e una ragazza molto simpatici che ci fanno sentire subito a casa. Capiamo immediatamente che questo non è un ristorante normale. C’è un lungo bancone con tanti sgabelli e di fronte a ogni sgabello una piastra dove poter mettere un pentolino a bollire. Al di la del pentolino un piccolo nastro trasporta vari cibi crudi (verdure, carne, tofu etc) infilati in degli stecchini. Rimaniamo un po’ interdetti ma veniamo presi per mano da uno degli addetti e veniamo portati piano piano nel mondo dell’hotpot cinese, qui rivisitata in chiave moderna. Siamo proprio contenti che stasera qualcuno si occupi di noi e quindi ci rilassiamo e ripaghiamo tutti con la nostra allegria chiacchierando con tutti, anche di Totti e della Juventus. Ci facciamo scegliere da loro la zuppa da far bollire e poi ci facciamo consigliare quale dei cibi farci cuocere dentro per poi ripassarlo in un ulteriore salsina, fino a perdere completamente memoria del sapore originario. Però qui è tutto buono. Ci facciamo anche tante foto e organizziamo una mini lezione di utilizzo delle bacchette tra il divertimento generale. Al termine quando abbiamo assaggiato qualsiasi cosa salutiamo tutti e ci scambiamo il numero di telefono e il contatto wechat. Andiamo a pagare e il proprietario ci fa cenno di no: “it’s free for our Italian friends”. Rimaniamo senza parole, proviamo ad insistere ma anche stavolta il tipico segno “no” dei cinesi è irremovibile. Per una volta, però, avremo davvero un bel ricordo associato a questo segno.
La mattina decidiamo che altre grotte buddiste non abbiamo proprio voglia di vederle: dobbiamo anche un po’ rilassarci e non solo correre da un posto all’altro. Le Mogao Caves ci hanno soddisfatto e decidiamo quindi di saltare il sito di Mati Sì. Abbiamo un intero giorno a disposizione!!
La mattina ci rilassiamo e usciamo tardi dall’hotel. Ci dirigiamo alle poste, da dove si possono anche comprare i biglietti del treno; vogliamo infatti provare un altro canale di vendita in quanto l’impiegata di ieri non ci ha convinto per niente. Dopo enormi difficoltà comunicative riusciamo a capire che sono disponibili dei soft sleeper (una prima classe) ma con posti in cuccette diverse. Ci sale il nervoso non poco ripensando che ieri l’unica cosa che una dipendente delle ferrovie cinesi è riuscita a dire è stato no…ma comunque soprassediamo e rinunciamo al treno per il momento. Andiamo a sentire anche il night bus così da poter decidere l’opzione meno peggio.
All’autostazione è tutto più facile e in pochi minuti abbiamo i due biglietti per l’autobus delle 7 di stasera. Arriverà a Lanzhou domani mattina presto.
Ora possiamo dedicare tutto il giorno ad un attività ci piace molto: cazzeggiare per la città, scoprendone con tutta calma i lati più nascosti.
Prima di tutto cerchiamo delle solette per Erika. Infatti le sue scarpe nuove sembrano essersi rovinate e all’interno è venuto fuori come un rigonfiamento che da fastidio quando ci si cammina: proviamo a risolvere prima con delle solette, poi in caso si ricompreranno le scarpe. Iniziamo la caccia al tesoro con una foto scaricata sul telefono che facciamo vedere in giro. Tutti ci indicano un po’ più in la lungo la via, ma di certo NON nel loro negozio! Manco stessimo cercando droga. Chiediamo anche a una simpatica vecchietta che, imprevedibilmente ci dice di seguirla. Ci accompagna in ogni negozietto che conosce e ci aspetta sempre fuori per sapere l’esito, purtroppo sempre negativo. Anche al mercato dove ci porta hanno solo delle suole di paglia intrecciata, troppo fini per il compito che devono svolgere. Tristemente salutiamo la signora, che ce l’ha messa veramente tutta, e ci dirigiamo verso le due piazze principali della città; le solette aspetteranno. Arriviamo alla piazza della grande pagoda di legno che è ora di pranzo e tutto è deserto. La pagoda in se per se è una grande torre a più piani tutti contornati superiormente da piccoli tetto in stile cinese (con le punte all’insù) che danno la tipica silhouette alla struttura. Per di più questa pagoda è stata anche ricostruita da poco quindi non riveste neanche una qualche importanza storica.

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Pagoda di Zhangye

Decidiamo di andare a mangiare e nel tragitto troviamo anche le solette: come al solito quando uno non le cerca ci sbatte davanti puntualmente.
Dopo pranzo ci dirigiamo verso il grande tempio buddhista della città dove vedremo uno dei Buddha dormienti più grandi della Cina. La piazza di fronte è molto ampia e ha due grandi corridoi porticati che corrono lungo le due ali esterne, al centro una gigantesca fontana e il resto tutto piastrellato a formare grandi zone vuote. Ancora c’è poca gente ma vediamo che lentamente tutto si sta ripopolando.
Il tempio è raccolto all’interno di mura e ha solo una porta di accesso. Varcata questa ci si trova davanti un’ampia zona all’aperto adibita alla preghiera: c’è una grande porta cinese ornamentale e diversi braceri dove poter accendere gli incensi sacri.

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L’ingresso al tempio

Poco più in là, vicino all’ingresso del tempio, una vasca metallica riempita di sabbia, è il luogo dove vengono posti gli incensi a bruciare e a formare quell’atmosfera affumicata tipica di ogni tempio cinese.

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Tempio di Zhangye

Il Buddha è impressionante, ogni volta si rimane di stucco quando ci si trova di fronte a queste figure gigantesche.

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Il gigantesco Buddha sdraiato

Capiamo che in realtà il Buddha non sta dormendo: nonostante la faccia beata questa è la rappresentazione della morte del Buddha. Alle sue spalle vengono anche raffigurati infatti tutti i suoi discepoli, ognuno con una diversa espressione facciale: si va dalla disperazione alla contentezza. Solo quelli che sono felici hanno veramente appreso gli insegnamenti del maestro, per gli altri forse serve qualche anno di pratica in più.

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L’espressione del Buddha sdraiato

All’interno delle mura sono poi presenti altri edifici, alcuni “consacrati” a figure minori del Buddha ma ugualmente molto importanti altri adibiti a museo. Ci sono anche una piccola drum tower e una piccola bell tower, che scandivano il tempo per i monaci.

”Tempio
Gli edifici nascosti del tempio

Ma il vero tesoro ci aspetta all’uscita del monastero. La piazza si è finalmente riempita di gente! Ma non di quella gente che transita nelle piazze distrattamente, ma di quella popolazione che “vive” la città. Qui in Cina abbiamo scoperto che questo è molto più vero che in occidente. Facciamo due passi lasciandoci trasportare da quello che ci sembra curioso: assistiamo ad una feroce partita di mahjong, a diversi concerti suonati con particolari strumenti ad arco ma con solo due corde, a cori di musica tradizionale e a una moltitudine di partite di carte o di domino sotto i corridoi porticati.

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La partita di mahjong

La cosa più strana per noi però la vediamo al centro della piazza: alcuni uomini stanno scrivendo, con dei grandi pennelli imbevuti solo di acqua, direttamente sulle piastrelle grigie del pavimento. Il simbolo non dura che qualche minuto, poi si asciuga e scompare. Capiamo che quello è un modo per esercitarsi nella millenaria arte della calligrafia, importantissima qui in Cina. Il dubbio è che in qualche modo stiano anche pregando, magari scrivendo di fronte al tempio dei versi di sutre, ma non sappiamo come chiederglielo. Rimaniamo un bel po’ a guardare questa danza e alla fine ci sembra anche di riuscire a distinguere quali “calligrafi” siano i più bravi…o per lo meno i più eleganti!

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Le preghiere ad acqua

Tornando verso l’hotel passiamo di nuovo di fronte alla pagoda e anche qui la piazza si è rivitalizzata. Notiamo subito la differenza: questo è lo spazio riservato allo sport. I più giovani giocano a basket nei campetti dedicati, mentre i meno giovani e gli anziani erano tutti gioiosamente intenti a fare esercizi sui pubblici attrezzi nel parchetto a fianco. L’attività fondamentale era massaggiarsi in ogni modo possibile sia con le proprie mani, sia utilizzando gli attrezzi. E i più anziani erano i più attivi!! Pazzesco!
Scoprire questo angolo di vita vera, di tradizioni, di cultura cinese ci ha colpito tanto quanto vedere il buddha gigante. Anche perché, come ultima considerazione, ci sembra di avere di fronte uno spartiacque generazionale in cui i giovani preferiscono giocare a basket piuttosto che coltivare l’antica sapienza cinese del corpo. Ovviamente speriamo di sbagliarci e che magari crescendo, anche questi ragazzi riscoprano le loro tradizioni.
Le ultime ore le passiamo in un modernissimo e delizioso internet cafè, di quelli che quando si è in viaggio e si vuole mettere un po’ mano al “diario” se ne vorrebbe uno per ogni angolo della città.
Poi è tempo di prendere l’autobus per Lanzhou!

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