22 - 23 Febbraio 2016

Ci svegliamo di buon mattino (alle 5e30 è suonata la sveglia) per prendere il taxi che ci porti in stazione. Almaty ci scorre davanti e ci lascia alla fine un buon ricordo di se, o almeno dei bei momenti passati qui (nonostante i 27€ donati alla causa dei figli di buonadonna kazaki).
Arriviamo in stazione dove incontriamo di nuovo il ragazzo che ci aveva aiutato nel comprare il biglietto e ci facciamo quattro chiacchiere. Sembra un Harry Potter asiatico con gli occhiali dalla forma tipicamente rotonda. Ci dice che lui studia a Pechino legge e fa il viaggio via terra perché ultimamente il costo dei biglietti aerei è cresciuto a dismisura.
Come arriva il nostro autobus andiamo subito a vedere come sono le cuccette di cui tanto abbiamo sentito parlare e scopriamo un mondo superlusso rispetto ai BUS VIP iraniani: un corridoio centrale con ai lati delle cuccette a castello con materassi, lenzuoli, cuscini e coperte.

Niente male! Va anche specificato che essendo inverno il simpatico odorino che c’è all’interno è probabilmente (e fortunatamente) molto mitigato. Infatti qui tutti usano togliersi le scarpe appena si entra. Cerchiamo i nostri posti e, come ti sbagli, sono tra i peggiori. Infatti sul fondo dell’autobus è piazzata una bella fila di 4 letti che occupano tutto lo spazio inferiore, più altri due letti posti ai lati, superiormente. Quindi nonostante noi avessimo due letti a castello uno sopra l’altro, siamo capitati proprio nel punto dell’autobus dove non c’è corridoio: per uscire dovremmo passare sopra un altro passeggero. Ma questo non è tutto: nei nostri posti è solidamente piazzata una coppia di amiche che non ha alcuna intenzione di spostarsi. Ora, saranno anche posti orrendi, ma sono quelli che abbiamo scritti nel biglietto e non sappiamo dove altro metterci. Ad Erika prendono i 5 minuti e tra incomunicabilità linguistica e testardaggine cinese non c’è verso di trovare una soluzione. Alla fine arriva il conducente che forse era stato informato che era in corso una disputa e dice alle cinesi che quelli non sono i loro posti ma non gli dice quali sono i loro: praticamente avevano numeri che non esistevano. Ottimo. Ci mettiamo d’accordo che io ed Erika prendiamo due dei letti inferiori in modo da stare vicini durante il viaggio e la notte e loro prendono i posti superiori che sognavano tanto. Riusciamo a metterci comodi, tanto più che nei restanti due posti inferiori dell’ultima fila non ci si mette nessuno e si parte.

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Sleeping bus cinese (VIP)

  La mattina la dedichiamo al sito sperando poi a pranzo di poter caricare tutti i device. Effettivamente riusciamo a mettere sotto carica il tutto e ci spazzoliamo anche un piatto di plov per salutare degnamente gli “stan”. Verso le 4 arriviamo in frontiera o meglio al primo controllo passaporti. Qui controllano che la lista passeggeri dell’autobus corrisponda ai documenti. Se nessuno ha cambiato nome nel frattempo si prosegue. Nel secondo controllo documenti si fa tutto più accurato: oltre a chiederti “Italian?” sfogliando il passaporto dove è chiaramente scritto, ti chiedono anche “where do you go?” “ma guarda pensavo di andare a farmi un bagno a Civitavecchia….ah ma è l’autobus per la Cina questo??? Ma davvero? Va be dai, il fiume Giallo va bene uguale…”. Arriviamo finalmente alla vera e propria frontiera dove le formalità kazake vengono svolte molto velocemente.
Dal lato Cinese già si nota il cambiamento: da lontano una decina di gru stanno tirando su altrettanti grattacieli, l’ufficio di confine è modernissimo e all’interno c’è la proliferazione di qualsiasi aggeggio elettronico. Non manca neanche la pulsantiera per il gradimento del servizio di controllo passaporti con tanto di faccina sorridente, indifferente o arrabbiata. Anche qui è tutto abbastanza veloce, solo qualche domanda riguardo i tanti recenti timbri sul passaporto; poi fanno pace con l’idea che siamo dei turisti e ci stampano l’agognato timbro di ingresso: SIAMO IN CINA!!!!!!
Questo è veramente un traguardo importante, dopo quello dell’Iran. Siamo arrivati nel paese del sol levante da Istanbul senza staccare mai i piedi da terra. Ci pervade una sensazione di euforia.
Aspettando che anche l’autobus termini le formalità doganali rimaniamo mezz’ora in un mercatino di souvenir dove è tutto un andirivieni di mezzi elettrici. Il sole è ben lungi dal tramontare ma tutti stanno sbaraccando le loro bancarelle. Infatti qui abbiamo dovuto mettere avanti l’orologio di ben due ore essendo tutta la Cina settata sull’ora di Pechino. Una genialata. Tanto che qui nello Xinjiang (la prima regione che attraversiamo e la più occidentale della Cina) hanno anche un fuso orario non ufficiale (uguale a quello kazako) che usano per tutte quelle attività che non sono correlate con uffici pubblici. Altra cosa che ci colpisce sono le doppie scritte in ogni insegna e cartello: come se non bastasse l’alfabeto cinese ricompare a sorpresa anche quello persiano. Tanto per farci sentire a casa. Questa regione infatti, come il Tibet, ha una storia tutta sua. E’ popolata principalmente da Uiguri e anche la lingua è quindi l’Uigur (che deriva dal Turco come l’Uzbeko e il Kazako, ma ha un alfabeto simile al persiano). La cultura, le tradizioni e la religione della regione, che viene anche chiamata “Turkestan Cinese”, sono prettamente centroasiatiche, molto più simili all’Uzbekistan che alla Cina. Come è prevedibile anche qui ci sono forti tensioni indipendentiste ma il governo cinese è ben determinato a sedarle sul nascere.
La notte passa discretamente anche se poco dopo il confine salgono dei cinesi che occupano i posti direttamente accanto ai nostri. La mattina verso le 10 siamo a Urumqi, il nostro primo contatto con questa misteriosa terra.
Come usciamo dalla stazione degli autobus lo scenario che ci si para davanti è molto diverso da quello a cui eravamo abituati: ci sono palazzi altissimi lungo tutte le arterie principali e le scritte luminose multicolori la fanno da padrone. La maggior parte degli autobus e delle auto in circolazione sono praticamente nuovi. Si respira aria di progresso: se poi questa aria sia salubre o meno è una questione di cui non ha troppo senso parlare qui.
Abbiamo appuntamento con un ragazzo uiguro conosciuto su couchsurfing che non ci può ospitare ma che ci vuole comunque incontrare. Le indicazioni per raggiungerlo sono un po’ vaghe ma grazie ai nostri smartphone-gps riusciamo a trovare la “metropolitana di superficie” che ci porti vicino al luogo dell’incontro. Iniziamo ad avere i primi problemi di comunicazione con i cinesi all’ingresso della stazione della metropolitana. “Ticket?” ovviamente non sapevano cosa significasse, e fin qui mi può anche stare bene perché neanche io so come si dice biglietto in cinese, ma poi glie lo facciamo leggere tradotto e ci iniziano a fare segno no e a parlare uiguro stretto con la tipica “faccia da problema” che poi abbiamo capito essere normale. Noi, che lo uiguro stretto a scuola non lo avevamo imparato, non riuscivamo a capire quale fosse il problema di voler comprare un biglietto. Ringraziando il cielo passa una ragazza che placidamente infila uno yuan in un box e va: praticamente il problema è che non esiste il biglietto, paghi e vai. Ora dico…ok noi avevamo chiesto per il ticket ma non ti balza in testa che basta che mi fai segno di infilare qualcosa in un box facendo 1 con la mano e io capisco??? Ci abbiamo messo un po’ ad abituarci a questo modo di fare ma in quel momento ci è andato un po’ il sangue alla testa. Il tutto è reso ancora più difficile dagli scrupolosi controlli degli agenti di polizia all’ingresso di ogni trasporto pubblico. Ci hanno fatto buttare via 2 bottigliette di acqua all’ingresso dell’autobus come in aeroporto.

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Il nostro amico uiguro

  Riusciamo comunque ad arrivare all’appuntamento. Il nostro amico ci porta subito a mangiare in un ristorante tipico uiguro, non sapendo che sono 10 giorni che mangiamo gli stessi piatti!! Ci prendiamo un altro plov e chiacchieriamo amabilmente per una buona ora. Principalmente capiamo che lo Xinjang non è una regione tranquillissima (per la questione dell’indipendenza) e per questo ci sono tutti quei controlli di polizia. Dopo pranzo ci aiuta anche a fare la sim card Cinese e a trovare un albergo. In questa seconda operazione scopriamo un altro aspetto (oltre alla capacità di comunicare) che ci delizierà nei giorni a venire: la maggior parte degli alberghi non accetta stranieri. In aggiunta quelli che li accettano sono ovviamente i più costosi. L’unica nota positiva è che per un albergo di categoria alta si spendono 20-25€: tanto per i nostri standard ma poco per quello che questi alberghi offrono.
Per il pomeriggio la città non offre molte attrattive. Vorremmo visitare il museo dello Xinjang, per capire meglio la storia e la cultura di questa regione centroasiatica intrappolata nella grande repubblica cinese, ma questo è il giorno di chiusura. Decidiamo quindi di riposarci un po’ interrotti dai botti per l’ultimo giorno di celebrazioni del capodanno cinese.
A cena andiamo a un ristorante con cucina del sud dove ci spazzoliamo delle polpette in agrodolce e dei peperoni piccantissimi. Prima prova con le bacchette superata!!

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Prima colazione cinese

 

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