Mekong Delta - Le vittime di Quoc Trung

02 - 05 Giugno 2016

Il delta del Mekong è una destinazione top da raggiungere via Saigon. Ci sono centinaia di agenzie che vendono pacchetti strabilianti e a basso prezzo per visitare questa bellezza nella natura: mercati galleggianti, intrecci di canali, fabbriche di mattoni, aziende che producono dolci al cocco, possibilità di passare la notte con le famiglie autoctone nelle loro case, giri in bici tra le risaie allagate.
La destinazione è effettivamente molto allettante e ne abbiamo avuto una veloce anticipazione durante il viaggio in autobus dalla Cambogia a Saigon. Eravamo pronti a prenotare un tour con queste agenzie a soli 50€ a testa per 2 giorni, quando ci siamo imbattuti nelle recensioni di Trip Advisor. Una disgrazie!! Una moltitudine di recensioni negative, di avvertimenti di non fare assolutamente i tour venduti a Saigon. Le motivazioni? Vengono descritte numerose attività che non vengono fatte, i gruppi contano almeno una ventina di persone e si vieni trattati come una mandria di mucche, sballottati da una parte all’altra con fretta, senza dare la possibilità di godersi nulla, si viene portati nei posti più turistici e meno autentici di tutta la regione. Perfetto!! E ora??

Cerchiamo ancora altre agenzie e ne individuiamo un paio che sembrano avere tutte recensioni positive e con degli itinerari che sembrano effettivamente evitare le orde di turisti per far vivere una esperienza fuori dalle vie battute. Le contattiamo pieni di fiducia, ma quando scopriamo il prezzo ci si ferma il respiro. 340$ per due persone per un tour di due giorni…che cosa????? Sarà pure un tour senza precedenti ma non rientra per niente nel nostro budget, e anche se volessimo andare fuori budget non ci sembra che valga la pena per questa destinazione.
Sconfitti ci mettiamo a cercare spasmodicamente su internet, leggiamo, ci informiamo e alla fine arriviamo alla conclusione di costruirci il tour da soli: andremo prima a Ben Tre con gli autobus locali da Saigon, qui faremo un giro delle isole per vedere le fabbriche di dolci al cocco e i coccodrilli, poi ci sposteremo a Vinh Long per stare in una homestay per una notte (e ne vediamo anche una su Booking.com che ci soddisfa, qui fanno anche corsi di cucina la sera, si mangia tutti insieme con la famiglia e organizzano dei giri in bici o in barca tra i canali) e poi finiremo a Can Tho per vedere il famoso mercato galleggiante! Finiamo di programmare tutto la notte, ma siamo soddisfattissimi!!
Al mattino ci alziamo belli carichi e orgogliosi della nostra organizzazione; dovremmo fare i tour operators!  Prendiamo l’autobus di linea a Saigon per l’autostazione e qui saliamo nell’autobus per Ben Tre. Questo è il solito autobus locale in cui le persone si portano duemila bagagli e tutti si impacchettano nei posti disponibili oppure si creano altri posti con delle sedioline posizionate nel corridoio. Quando siamo ben stipati, e non prima di allora (altrimenti non si sfrutta a pieno l’autobus), si può partire. Nei primi 500 m di tragitto si raccatta anche qualche passeggero dell’ultimo secondo e poi inizia la corsa. Ogni tanto entra qualche venditore ambulante e oggi pare che l’articolo che va per la maggiore siano delle baguette di un metro che la gente intorno a noi si addenta così, senza niente (e mi fanno una gran gola!!)
In un paio d’ore arriviamo a Ben Tre, ovviamente non nel centro della città, ma nell’autostazione a qualche km da esso. Orde di tassisti ci assalgono quasi senza farci scendere dall’autobus, ma con la grazia che abbiamo acquistato dopo più di 4 mesi di viaggio, li scacciamo e cerchiamo un autobus che ci renda lo stesso servizio ad un costo 10 volte inferiore. E lo troviamo! Mentre aspettiamo che parta, una signora vietnamita che vive in Francia attacca bottone e ci sfoggia la sua parlata francese e così scaccio un po’ via quello strato di polvere sopra al mio ricordo della lingua francese! Tutto sta andando alla grande e i miei occhi si incrociano con quelli di Marco, soddisfatti e pieni di energia!!
A Ben Tre ci sistemiamo in un hotel, in una capiente camera da 4 che però, non essendo vista fiume, costa meno della metà di una da 2 con vista! Dopo aver posato i bagagli usciamo per pranzo e poi andremo all’agenzia di Ben Tre per informarci sui tour di mezza giornata nelle isole, così come da programma. Per pranzo ci affidiamo al mercato centrale, ormai abbiamo imparato che c’è sempre un’ala riservata alle bancarelle con tavolini in cui tutti si riversano per mangiare. Ci fermiamo da una signora che ci cucina dei piatti deliziosi con riso, pollo e uova, il tutto accompagnato dal “Tra Da”, il tè ghiacciato, bevanda assolutamente immancabile ad ogni pasto vietnamita!
Mentre stiamo pranzando veniamo approcciati da un uomo che dice di essere il fratello della signora e comincia a parlare con noi. Come da copione, dopo un po’ ci tira fuori tutte le sue carte, diari e mappe per venderci un tour. Lo stiamo ad ascoltare e stranamente ci piace. Ci descrive tutte cose che volevamo fare, un giro in moto tra le risaie, una notte a casa sua con la sua famiglia in cui potremo gustare il cibo tutti insieme e farci insegnare da sua madre a cucinare qualche piatto tipico, la seconda notte in un altro homestay, il giro delle isole qui a Ben Tre, il mercato galleggiante a Can Tho. Il tutto sembra essere privato, solo per noi due, senza altri turisti e il prezzo rientra nel nostro budget. Siamo veramente allettati dalla proposta, ma ci prendiamo un paio d’ore per pensarci.
Finito il pranzo lo salutiamo e ci diamo appuntamento sempre qui alle 14 per dirgli se vogliamo accettare o declinare. Nel frattempo andiamo anche all’agenzia per sentire cosa ci possono proporre loro e a quale prezzo. Siamo sempre più convinti di accettare la proposta di Quoc Trung (questo è il suo nome e non lo dimenticate mai!!!). Prima di andare all’incontro, però, ci viene in mente di controllare se c’è qualche recensione su di lui su internet, all’inizio sembra di no, ma poi spulciando bene troviamo un paio di persone che lo nominano e suggeriscono vivamente di stare alla larga da lui. Che strumento internet, forse troppo potente!
Quando lo incontriamo gli facciamo presente di quelle recensioni negative, tanto per metterlo in guardia, ma le risposte che ci dà ci soddisfano e ad ogni modo lui accetta la nostra proposta di pagare la metà dei soldi all’inizio e l’altra metà alla fine, solo se le cose vanno bene. Ci pensiamo ancora un po’ ma decidiamo di provare, alla fine spendiamo solo 120€ in due per 3 giorni compreso di tutto e i rischi sono minimi, ci diciamo che anche se il tour non fosse fantastico ci metteremo l’anima in pace e saremo forti del fatto che almeno non l’abbiamo strapagato. Accettiamo, ci rispiega l’itinerario, gli chiediamo almeno altre due volte se sarà lui la nostra guida e lui ci tranquillizza che starà insieme a noi tutto il tempo e che useremo la sua barca. Abbiamo ancora qualche dubbio ma ormai è fatta!
Ne riparliamo a lungo durante la serata, ma arriviamo sempre a dire che non abbiamo nulla da perdere (a meno che non ci derubino…io ci metto sempre il carico di ansia!!).
Il pomeriggio facciamo una passeggiata a Ben Tre, ma in poco tempo la giriamo tutta, andiamo al mercato dei vestiti in cui una signora mi convince a comprare un paio di pantaloncini corti di jeans. Quando la temperatura si fa più sopportabile facciamo la nostra sessione di allenamento e poi usciamo per cena. Prendiamo una zuppa in un baracchino, un frullato in un altro e poi torniamo in albergo e ci prepariamo (psicologicamente) per il tour. Vediamo come va!!
Quello che abbiamo pattuito con il signor Quoc Trung è:

  • Giorno 1: visita delle 4 isole nell’arcipelago di Ben Tre per vedere come si fanno i dolci al cocco, vedere un tempio e fare un giro in una canoa tipica nei minuscoli canali di cui è piena questa regione, pranzo e poi trasferimento a casa sua per cena e per la notte. Prima di cena potremmo prendere le sue bici per fare un giro nelle zone rurali vicino a casa sua 
  • Giorno 2: trasferimento in scooter a Can Tho, non passeremo dalla statale, bensi faremo delle stradine secondarie di campagna per ammirare le risaie fino ad arrivare a Tri Vinh in cui potremo vedere dei templi Khmer. La sera staremo sempre in una homestay
  • Giorno 3: giro in barca al mercato galleggiante di Can Tho


Non male eh??
Alle 8 in punto del Giorno 1 ci presentiamo nel luogo di incontro con Quoc Trung che ci accoglie con degli scooter….mmmmh!! Ma non aveva detto che aveva la barca tutta per noi parcheggiata in questa sponda del fiume proprio vicino al mercato?? Va beh dai, avremo capito male! Saliamo sui due scooter e arriviamo fino a My Tho, una città a pochi km da Ben Tre. Nel tragitto il signor Quoc si ferma a prendere la sua patente (insiste per farcela tenere tutti e 3 i giorni come prova delle sue buone intenzioni) da un altro uomo che ci è stranamente familiare. Marco si accorge che è uno che ieri ci ha seguito tutto il giorno con la sua motorella per cercare di venderci un tour e che abbiamo sempre scacciato malamente. Ottimo! Quindi i due sono in affari??!! La cosa inizia a puzzarci un po’ ma staremo a vedere.
Arriviamo in un posto che Quoc Trung dice essere casa sua (anche se sembra più uno stanzone all’aperto che una casa), ci fa lasciare gli zaini grandi lì e ci molla ad un signore anziano (che dice essere suo padre) per fare il giro delle 4 isole. Ma come?? Non doveva essere lui in persona la guida?? Va beh, il vecchietto ci sta simpatico fin da subito e parla anche meglio inglese di Quoc Trung. Non ci facciamo quindi destabilizzare da questo cambio di programma.
Prendiamo una barca ed effettivamente siamo da soli, almeno questo è vero!! La barca inizia a solcare lentamente le acque del Mekong; comunque vada questa esperienza di una cosa siamo soddisfatti e affascinati. Il Mekong, il fiume che abbiamo seguito fin dal sud della Cina, che abbiamo ritrovato in Laos, che siamo andati a cercare in Cambogia e di cui, adesso, in Vietnam ne vediamo la fine e lo accompagnano al mare!! Qui è maestoso, è larghissimo e si divide tra decine di isolette, si insinua in centinaia di canali di ogni dimensione…ed è anche notevolmente più sporco dopo essersi portato addosso tutte le “preoccupazioni” degli stati che ha solcato!

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Sulla prima barca…pieni di speranze!

In barca facciamo subito amicizia con il nonnetto, che, simpaticissimo ci racconta dei pezzi di vita sua e degli aneddoti divertenti. Arriviamo nella prima isola e iniziamo a fare il giro. In realtà non siamo molto attenti a quello che abbiamo intorno quanto invece alle sue parole e alle sue storie. Ci racconta di come ha conosciuto la moglie, del loro amore contrastato dai genitori, come in Romeo e Giulietta, della loro fuga e del loro finale felice. Quando ci prendiamo a prendere un tè con il miele e a mangiare un po’ di frutti tropicali ci insegna qualche frase utile in vietnamita, come grazie, prego, arrivederci, etc. E ci interroga anche per farci entrare bene in testa queste paroline magiche.
Ci sorprende la sua vivacità, il suo buon accento inglese, che dice di aver imparato e approfondito da solo, la sua simpatia. L’isola è immersa in un panorama tipico della giungla, ma non è da perdere il fiato e si vede che è creata in tutto e per tutto per il turismo; numerose bancarelle di souvenir e baretti si distribuiscono intorno ai vialetti in alcuni punti affollati. Ma a noi non importa, noi siamo contenti di parlare con un “nonno” vietnamita che ci insegna le parole, che ci racconta un po’ la cultura e la storia del suo paese.
Nelle varie spiegazioni ci fa vedere anche un frutto da un albero, di un rosso vivo e con il nome che assomiglia al mio: Areca, il frutto della pianta di Betel. Ne dà uno in mano a Marco e uno a me, Marco però capisce che va mangiato e lo mette in bocca, quando vede che io non sto facendo la stessa cosa si pone delle domande. La nostra guida gli dice che non va mangiato, non è buono e passiamo qualche minuto di tensione per paura che fosse un frutto velenoso. Cerchiamo qualcosa su internet e chiediamo al vecchietto ed entrambi i fronti ci assicurano che non succede niente, semplicemente non è così buono da mangiare, ma le donne vietnamite a volte lo fanno. Prendo un po’ in giro Marco per la sua sbadataggine, ma nel frattempo faccio un sospiro di sollievo!

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La sconosciuta e tanto temuta (almeno per 15 minuti) Areca

La nostra guida ci porta poi in uno dei minuscoli canali in cui saliamo velocemente su una delle loro imbarcazioni tipiche (che sembrano le gondole di Venezia) in cui una forzuta signora a colpi di remo ci porta in esplorazione del canale.

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Barche di legno e cappellini a punta

La zona è un po’ affollata di barchini come il nostro pieni di turisti, non stiamo quindi carpendo nessun segreto di questo intreccio di canali, ma bisogna ammettere che rimangono comunque incantevoli, riparati da alberi rigogliosi ed altissimi. La signora che conduce ci fa anche indossare i cappellini a punta tipici del Vietnam e ci divertiamo a fare qualche foto stupida in questa mistica traversata.

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Il meraviglioso intreccio di canali

Prima che il canale sfoci nell’immenso Mekong, scendiamo dalla “gondola” per riprendere la barca del vecchietto alla volta delle altre isole. Prima però vediamo la famigerata fabbrica dei dolci al cocco. Nessuna fabbrica tipica, solo qualche tavolo e qualche pentolone adibiti alla produzione di questi dolci, chiaramente messi lì a scopo turistico. Però ne compriamo alcuni lo stesso perché sono davvero buoni!!

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I “turistici” dolci al cocco

La barca su cui saliamo per raggiungere l’altra isola è diversa dalla prima, questo ci lascia pensare che non sia la barca del signor Quoc Trung, come con fermezza ci aveva raccontato il giorno prima! Continuiamo comunque ad essere da soli col nonnetto e questo ci basta. Vediamo altre barche piene di gente con una guida che velocemente dà delle sommarie istruzioni e, anche se siamo nello stesso luogo turistico in cui sono loro, siamo ben felici di poterci godere il tutto con dei tempi più rilassati e senza una bolgia di persone nella stessa barca.

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Sul canale…

La seconda isola è anch’essa piena di vegetazione tipica della giungla, ci sono numerosi alberi di cocco, con cui vengono fatti utensili da cucina (tra cui i cucchiai e il mestolino che ci compriamo per arricchire il nostro set da cucina in legno!). Sfociamo poi in un tempio, in cui sono raffigurati i 4 animali sacri (tartaruga, pavone, drago, unicorno). C’è poi un’area dedicata ai coccodrilli; ce ne sono a decine ammassati in un laghetto e pronti all’attacco. Delle bancarelle vendono pezzi di carne da attaccare ad una canna da pesca con cui grandi e bambini si divertono a stimolare la fame dei coccodrilli per farli saltare a bocca aperta. Io mi allontano, non riesco nemmeno a guardarli, mi fanno troppo senso, sono un concentrato di “cattiveria”!

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La rappresentazione della cattiveria

Al termine della visita ci sediamo una mezzoretta e stiamo ad ascoltare altre leggende che la nostra guida ci racconta con passione, fino a quando la barca torna a prenderci. Saliamo e dopo poco veniamo mollati nel punto in cui abbiamo lasciato gli zaini stamattina e il vecchietto ci saluta velocemente, mentre ci fa salire su un’altra barca che dovrebbe portarci a casa di Quoc Trung, suo figlio.

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Uno scatto veloce con il simpatico vecchietto

C’è qualcosa che non mi convince (a parte che abbiamo visto solo 2 delle 4 isole, ma questo non ci interessa molto). Gli chiedo se ci vedremo stasera ma lui risponde che non abita insieme al figlio. Ma se così è, come facciamo a cucinare con la madre di Quoc Trung?? Lo scopriremo a breve!
Dopo un breve tragitto in barca su uno dei canali di questo meraviglioso intreccio di strade acquatiche, veniamo scaricati in un piccolo molo e ci viene comunicata sommariamente la direzione in cui andare. Dopo qualche centinaio di metri arriviamo in una struttura che non è altro che una guesthouse, neanche per un secondo ci viene da pensare che sia il nido domestico del buon Quoc Trung. Ci accoglie un ragazzo, ci fa sistemare su una delle camere e poi ci fa sedere in un tavolo per servirci il pranzo. Ed ecco davanti a noi il pesce “orecchie di elefante”, tipico pasto proposto in uno qualsiasi dei tour del delta del Mekong. Va detto che è molto buono anche se fritto da morire!

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Il pesce “orecchie di elefante”

Affacciato sul canale c’è un’area ristorante in cui si è fermato uno dei barchini turistici e un gruppetto di 10 persone sta godendosi il pranzo. Insomma, camere come una guesthouse più ristorante, si può questo chiamare “homestay”? Penso proprio di no! E Quoc Trung dove è? Con la faccia tosta mi avvicino al ragazzo che ci ha accolti e chiedo con la voce più ingenua che riesco a fare: “ma quindi questa è la casa del signor Trung?”. Il ragazzo impacciato mi risponde di no e dice di essere suo cugino. E poi affondo il coltello: “ma quindi stasera non cuciniamo con la madre del signor Trung?”. Scocciato mi risponde che possiamo cucinare insieme a lui.
Sinceramente non siamo eccessivamente dispiaciuti di non essere a casa di Quoc Trung o di non poter cucinare con la madre o di non poter fare l’esperienza di stare presso una vera famiglia vietnamita; stiamo bene anche così, rimane comunque un’esperienza soddisfacente. La domanda che ci disturba è: c’era veramente bisogno che il signor Trung ci raccontasse cavolate? No! La fiducia prima di tutto, il rispetto verso le persone che hai davanti e la sincerità non hanno prezzo!
Il pomeriggio lo passiamo nei tavoli affacciati al canale (nonostante tutto la posizione di questo alloggio rimane comunque affascinante, immerso in una vegetazione rigogliosa e con davanti un corso d’acqua meraviglioso) a scrivere un po’, facciamo poi una passeggiata in paese e alle 18 torniamo in guesthouse per cucinare con il ragazzo, come concordato.

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Una terrazza sul canale

Le 18 si fanno 18:30, ci viene detto ancora di aspettare, poi ad un certo punto il tipo ci chiama in cucina e “cuciniamo” con lui. Ancora una volta mi sembra che ci sia una grossa distanza tra le parole che ci vengono dette e il loro reale significato: in realtà assistiamo agli ultimi 10 minuti di preparazione del cibo e l’unica cosa che riesco a fare insieme a lui è arrotolare uno spring roll e passargli della cipolla. Va beh!
Ci gustiamo la cena che comunque è buona e abbondate, quando vediamo spuntare le facce sorridente di Quoc Trung e del suo amico, quello che ci aveva seguito con il motorino a Ben Tre. Si siedono con noi e ci chiedono come è andata la giornata. E noi, che abbiamo rimuginato tutto il giorno, esplodiamo. Con un tono molto tranquillo ed educato gli facciamo presente tutti i nostri disappunti. La discussione va avanti per mezzora e quello che realmente vogliamo fargli capire a tutti i costi è che non c’era bisogno di raccontarci bugie, continuiamo ad affermare con fermezza che il tour può andare bene anche così come è stato, in fondo è stato carino, la guida del mattino è stata fantastica e il posto in cui alloggiamo è molto affascinante. Per questi motivi noi avremmo prenotato il suo tour anche avendo saputo la piena verità di come sarebbe stato svolto, quindi perché creare questo clima di sfiducia? Perché raccontare cose che non succederanno quando quelle che ci vengono fatte fare sono ugualmente appetibili? Rimarchiamo molto sulla questione della fiducia, ma ci appare sempre più evidente che parliamo due lingue completamente diverse, sappiamo che in fondo non hanno capito quello che realmente intendiamo! Ma almeno ci siamo liberati dal peso, abbiamo espresso il nostro disappunto e ora siamo molto più tranquilli e con la testa che non rimugina più!
Il mattino del secondo giorno di tour ci alziamo speranzosi che la discussione della sera prima sia stata almeno in parte fruttuosa e possa servire a farci dire la verità di qui fino alla fine. Come concordato, ci facciamo un giro in bici nei dintorni della guesthouse per poi tornare verso le 10 pronti a partire con gli scooter. Nel giro in bici non riusciamo a vedere granchè, speravamo di imbatterci in qualche risaia ma andando completamente a caso non ne vediamo neanche una.

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Ma dove sono le risaie??

Alle 10 siamo pronti per partire, ma ovviamente i nostri autisti non sono ancora arrivati. Su questo ormai siamo abituati, la puntualità del sud est asiatico ormai la conosciamo bene!
Verso le 10:30 sentiamo degli scooter arrivare, ci affacciamo e cosa vediamo?? Due signori con due motorelle che ci fanno segno di salire. Ma chi sono? E dove sono Quoc Trung e il suo compare che sarebbero dovuti essere loro i nostri autisti?? In un secondo capiamo subito che non è cambiato niente in seguito alla chiacchierata di ieri e in cuor nostro sappiamo benissimo che fino alla fine del tour saremo sempre riempiti di bugie o mezze verità!
I nostri autisti sistemano i nostri zaini sullo scooter, poi saliamo in sella e partiamo. Dopo una mezzoretta uno dei due, quello che mastica giusto tre parole di inglese, ci chiede se vogliamo andare a vedere le risaie (e quindi fare le stradine di campagna fino a Can Tho) oppure se vogliamo vedere i templi di Tra Vinh. Ma come? Non era già stabilito che dovessimo fare entrambe queste cose? Eh ma, Tra Vinh è molto lontano quindi o l’una o l’altra. E te ne accorgi ora che non ci stiamo coi tempi a fare entrambe le cose?? Va beh, rassegnati scegliamo di fare le stradine di campagna intorno a Vinh Long, di templi ne abbiamo già visti abbastanza invece ci piace molto l’idea di evitare l’autostrada e addentrarci in un mondo più vero.
Verso le 12 ci fermiamo per pranzo in un baracchino e finalmente io e Marco riusciamo a comunicare e capiamo che entrambi proviamo le stesse cose. Abbiamo rimuginato per tutte queste 2 ore in motorino su quanto eravamo scocciati di essere presi in giro, ma allo stesso tempo non ne possiamo più di sentire questo nervosismo, vorremmo riuscire a goderci quello che viene senza arrabbiarsi per quello che ci è stato promesso. Ogni tanto vorremmo essere più “stupidi” e smettere di pensare in modo razionale. Questa “confessione” ci libera il cuore dal peso e ci sentiamo più leggeri.
Quando rimontiamo in sella è tempo di prendere le famose stradine di campagna e finalmente ecco le risaie!! Distese immense di verde, con i riflessi dell’acqua che le allaga. Di tanto in tanto piccole foreste tropicali si stagliano dietro agli enormi campi di riso rendendo il panorama ancora più ricco e particolare! Ci fermiamo un sacco di volte per fare foto e ad un certo punto riusciamo a vedere anche persone che stanno raccogliendo il riso, cerchiamo in tutti i modi di fotografare qualche bracciante che indossi il famoso cappellino conico di paglia, ma ne vediamo solo qualcuno molto lontano all’orizzonte.

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Risaie tropicali

Durante il percorso passiamo anche in un villaggio pieno di fabbriche di mattoni, ci fermiamo in una di esse per scrutarne la lavorazione. Ci sono numerosi forni, enormi, dalla forma cilindrica, fatti essi stessi di mattoni, al cui interno vengono posizionate pile infinite di foratini da cuocere. Il calore di cottura viene fatto bruciando le “spighe” di riso essiccate, ovviamente già separate dai chicchi.

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L’industria nel passato

Alla fine questo pomeriggio ci ha regalato le emozioni che volevamo e ci ha permesso di vedere un pezzo di realtà importante del Vietnam con le sue risaie famose in tutto il mondo! Il sorriso ci è tornato.
Arriviamo verso le 16 alla seconda homestay che, come la prima, è niente di più che una guesthouse gestita da una famiglia, molto lontana anch’essa dal concetto di homestay. Ma va bene così, la camera è buona e c’è anche qui la terrazza su di un canale. Dopo una decina di minuti arriva il proprietario, concordiamo con lui i dettagli per la visita di domani mattina al mercato flottante: gli chiediamo di partire alle 6 in modo da non incontrare troppi turisti, questo mercato è molto frequentato e domani è domenica per giunta. Lui ci assicura che non ci sono problemi. Gli chiediamo anche se può aiutarci a prenotare l’autobus per domani sera per Nha Trang e ci dice di sì anche a questa richiesta, peccato che dopo 5 minuti si volatilizza in sella al suo scooter e lo rivedremo il giorno dopo. Grazie eh!!
Io non mi sento molto bene ma non ci rimane altra scelta che prendere le biciclette gentilmente offerte dalla guesthouse e spararci 15 km fino al terminal degli autobus per portare avanti la faccenda da soli, come al solito del resto. In questo modo però abbiamo anche l’opportunità di dare uno sguardo veloce e Can Tho ed essere grati di avere la guesthouse spersa nel nulla vicino ad un canale: troppo traffico nel centro città, ci rincoglionisce!!
Arriviamo a destinazione, riusciamo a fare i biglietti da una signora molto intraprendente che ci dice anche che possiamo pagare domani (visto che come scemi non abbiamo prelevato) e poi rientriamo in guesthouse per riposarci un po’.

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Sul ponte di Can Tho

Verso sera vediamo arrivare un gruppetto di 4 ragazze e 1 ragazzo e la nostra cena romantica affacciati sul canale svanisce. Prima di cena, mentre stavamo guardando una puntata di How I met your mother nelle amache fuori, il ragazzo tenta un primo approccio che ovviamente fallisce, data la nostra poca socialità!
Per cena veniamo fatti sedere tutti insieme e ci viene servito un pasto tipico vietnamita. Molto buono e soddisfacente, ma noi non siamo in grado di esternare questa soddisfazione come i britannici. Loro sì che sanno farlo, durante la cena è un continuo di “mmmh, so good!!”, “so delicious”, detto però con la vivacità di Kripstak e Petrektek di Zelig. I britannici sono sempre così entusiasti di qualsiasi cosa, anche la più insignificante, che li senti esclamare sempre quelle loro frasi di estasi che però sono “so annoying!”
Il ragazzo invece tenta un secondo approccio e questa volta siamo più predisposti per farlo andare a buon fine. Ci dice di vivere in Israele, figlio di padre turco e madre argentina, anche lui in viaggio itinerante, ma organizzato un po’ alla “dove mi porta il cuore” (più che cuore le femmine!!), nel senso che lui viaggia poi se incontra qualcuno che gli dice che sta andando in un posto figo lui si unisce e va. Non ci alletta molto questo stile, ma è comunque un viaggiatore.
Chiacchieriamo per un’oretta ma ad un certo punto ci troviamo in difficoltà a far finire la conversazione per andare a dormire!!
Siamo finalmente arrivati all’ultimo giorno di tour, siamo contenti delle cose che abbiamo visto ma non vediamo l’ora che finisca la tortura delle mezze verità, vogliamo non essere più in mano di qualcuno e tornare indipendenti in qualsiasi scelta!
La mattina ci alziamo alle 5:30 per essere pronti a iniziare il nostro tour alle 6, come stabilito ieri. Capiamo ben presto, però, che siamo stati uniti al gruppo di ragazzi arrivati ieri sera e prima delle 6:50 non si vede nessuno. Partiamo verso le 7, già innervositi del ritardo, del fatto che non siamo da soli e del fatto che il proprietario della guesthouse che ci era stato presentato ieri come english speaking guide del tour non si presenta minimamente. Partiamo in barca con un ragazzetto che di inglese non parla una parola. Cerchiamo di stare calmi, ma proprio non ce la facciamo più del fatto che le nostre parole e gli accordi presi sono totalmente ininfluenti e vengano ignorati costantemente; ma non siamo noi i clienti?? Non siamo noi quelli con i dollari in mano che vogliono ricevere il miglior servizio?? Ci hanno troppo spesso trattato come un portafoglio invece che persone, ma questo a volte ci ha permesso di avere quello che desideravamo, invece qui non solo ti chiedono cifre assurde, ma fanno anche quello che cavolo gli va di fare senza minimamente preoccuparsi della parola data. Saranno ragionamenti da occidentali, sarò completamente estranea alla cultura, ma oggi non ce la faccio più di vedere tutte le bugie palesarsi.
Alle 7:30 arriviamo in un punto del canale e ci fermiamo per una buona mezzora senza sapere che cosa stia succedendo, ovviamente è inutile chiedere al ragazzetto che guida la barca. Verso le 8 vediamo arrivare un barcone strapieno di turisti e vogliono farci entrare là dentro: menomale che dovevamo andare in solitaria col barchino del coglione della guesthouse!!! Finalmente, però, nel barcone c’è una guida che parla inglese e quindi riusciamo a comunicargli che noi dobbiamo tornare alla guesthouse dopo il giro al mercato, abbiamo lasciato (come concordato!!!) tutte le nostre cose lì. Dopo un breve scambio di parole in vietnamita, il tizio ci informa che a fronte di questa esigenza noi due resteremo nel barchino e il ragazzetto ci porterà a fare un giro al mercato. A noi va benissimo, non avremo la guida in inglese ma almeno non ci sentiremo come polli in allevamento dentro al barcone strapieno!
Il giro alla fine si rivela molto piacevole nella nostra piccola imbarcazione che assomiglia a quelle locali più che a quelle turistiche. Il barcarolo ci porta in mezzo alle barche dei mercanti in piena attività e data le piccole dimensioni della nostra “gondola” riusciamo a vivere un’esperienza più vera e coinvolgente, invece del distacco che avremmo sicuramente sentito nel barcone da turisti con la voce della guida amplificata dal microfono.

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Una domenica al mercato…fluttuante

Per quell’oretta i nervi si distendono mentre ammiriamo le imbarcazioni-case del popolo dei mercanti, in cui si vendono differenti tipi di generi alimentari, dalla frutta alle cipolle alla carne. Ciò che viene venduto in una barca si può capire a distanza da un’asta che viene issata con infilzato un campione della merce in vendita. Ci sono melanzane e pezzi di ananas, cipolle e salsiccette, insalata e cocomeri e da lontano quindi gli acquirenti possono capire in quale barca potranno trovare la merce che più desiderano.

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Le “insegne” dei “negozi”

Le barche dei commercianti sono in genere più grandi, visto che fungono anche da abitazione, oltre alla merce hanno panni stesi e stoviglie che sono il segno della loro vita quotidiana, mentre gli acquirenti navigano su barchette molto più piccole, come la nostra. Il 90% delle persone, in particolare le donne, indossano il tipico cappellino a punta.

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La donna mercante

Ci divertiamo a fare un bel po’ di foto alla ricerca di quella perfetta che possa cogliere l’anima di questo pezzo di cultura vietnamita…e ovviamente facciamo a gara di chi riesce a cogliere i dettagli più belli.

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Un mercato che si adatta al territorio

Il nostro ragazzetto, che essendo solo un mero esecutore, è forse la prima persona autentica e con lo sguardo gentile che siamo riusciti a trovare in questi 3 giorni. Non ci vuole fregare (e anche volendo non avrebbe lo strumento dell’inglese per farlo) e anzi, ci fa fare due giri del mercato, infilandosi negli anfratti più caratteristici. Alla fine ci fa capire che se siamo soddisfatti possiamo tornare verso la guesthouse…sì, siamo soddisfatti! Non certo grazie a Quoc Trung o al gestore della guesthouse che volevano farci andare nel barcone dei turisti, ma grazie al concatenamento casuale di eventi.
Nel tragitto del ritorno discutiamo di come trattare la questione soldi: noi abbiamo pagato solo una parte del prezzo del tour e dobbiamo ancora saldare, questo ci avrebbe dovuto dare confidenza sul fatto che se non fossimo stati contenti avremmo avuto un’arma da sfoderare. Non sappiamo se lasciare correre e non avvelenarci il fegato o se esprimere, per l’ennesima volta, il nostro disappunto e pagare di meno. Quando arriviamo e vediamo il proprietario della guesthouse ancora sonnolente che si è palesemente alzato dal letto adesso (invece di alzarsi come noi alle 5:30 per farci da guida, come pattuito!!) non ci vediamo più, non riusciamo a tenerci dentro l’astio, dobbiamo comunicare che siamo scontenti della gestione di questi 3 giorni, delle bugie e delle promesse fatte con troppa facilità e disfatte con altrettanta, non è una questione di soldi (alla fine il prezzo del tour ci andava bene anche a noi), ma di rispetto e di correttezza che non abbiamo ricevuto.
Il ragazzo, però, non riesce proprio a capire quello che gli vogliamo comunicare e va su tutte le furie, ansima, sbrodola ordini in un inglese sempre più affannato. Purtroppo il buon Quoc Trung ci ha messo in gabbia: lui non è qui a riscuotere i soldi e a sentire le nostre lamentele, ma ieri i gestori della guesthouse hanno anticipato agli uomini di Trung i soldi che avremmo dovuto pagare, quindi adesso loro si aspettano di riceverli da noi. Quoco Trung intanto si è intascato l’intera cifra e ha lasciato alla guesthouse l’onere di farsi ripagare da noi e noi abbiamo totalmente perso il nostro vantaggio sul dannato Trung. Il ragazzo si scalda, vuole i soldi che ha anticipato e non vuole assolutamente capire il nostro punto di vista. Chiediamo di parlare con Trung per trovare un accordo con lui. Inizialmente ci dicono che hanno già provato a chiamarlo ma il suo numero risulta disattivato, dopo una mezzoretta, in cui non molliamo il nostro punto, il telefono di Trung si “riattiva” magicamente e inizia a squillare. Marco prova a spiegargli la situazione, lui gli riattacca. Lo richiamiamo, riattacca! Abbiamo un muro davanti e la situazione si fa sempre più ingestibile. Proviamo anche a spiegare che dato che loro lavorano con Trung se noi li paghiamo di meno loro possono farsi ridare i soldi, noi è certo che non li rivedremo più, mentre loro sicuramente avranno ancora a che fare con quel cantastorie. Non c’è niente da fare, non vogliono in nessun modo capire, trovare un accordo, cercare insieme una soluzione. Per l’ennesima volta noi non siamo persone che sono state “fregate” e riempite di bugie, non siamo esseri umani con diritto di parole, ma solo dollari che camminano. Non VOGLIONO capire, potrebbero ma non vogliono. VOGLIONO solo i nostri fottuti soldi, le nostre parole sono afone, il nostro dispiacere è invisibile ai loro occhi a forma di dollaro. E allora noi li accontentiamo, glieli tiriamo quei dannati dollari, quell’unica lingua che loro riescono a comprendere e li ripaghiamo con la stessa poca umanità e correttezza con cui siamo stati trattati noi.
Rimane ancora la questione del passaggio fino alla bus station. Ieri ci avevano detto che un taxi sarebbe costato molto, invece il mototaxi costava 50.000 dong a testa e noi abbiamo gentilmente chiesto se il giorno successivo ci avrebbero chiamato il mototaxi, ovviamente hanno detto di sì. Oggi invece capiamo che quel prezzo era per il LORO servizio di mototaxi. Accettiamo con scarsa voglia di farci portare a destinazione, perché siamo sfiniti, ma con tono perentorio affermiamo che non gli daremo neanche 1 dong finchè non arriviamo al terminal. No, vogliono i soldi subito perché hanno paura che non paghiamo (e questo dimostra quanto poco abbiano capito di tutti i discorsi sulla fiducia e sul rispetto a prescindere dai soldi), alla fine accettano con questa frase “Ok, tanto voi non siete vietnamiti e qui siamo in Vietnam!”. Non so perché, ma questa mi sembra una minaccia bella e buona, come a dire che se non paghiamo quando siamo alla bus station loro chiederanno rinforzi ai loro concittadini contro lo straniero. E dopo questa non voglio più sentire una parola o vedere più la loro faccia, gli diciamo che già gli abbiamo dato fin troppi soldi e non ne vedranno altri da noi, neanche se in questo momento abbiamo bisogno di quel servizio. Saluto ricordandogli di andare a vedere domani le loro recensioni su TripAdvisor e dicendogli che spero che quella finta “homestay” chiuda in fretta.
Siamo sfiniti da questi tre giorni e dall’ultima ora di discussione contro muri, in più adesso ci ritroviamo nel mezzo del giorno in un punto decisamente fuori mano, in cui gli unici mezzi che passano sono motorelle delle persone che vivono qui. E dobbiamo velocemente trovare un modo per raggiungere la stazione degli autobus. Ci allontaniamo il più possibile dalla guesthouse in modo che esca dal nostro campo visivo. Ad un certo punto scorgiamo un baracchino che funge da baretto improvvisato. Una signora dal sorriso buono ci serve un favoloso Ca phè sua da a 1000 dong (4 centesimi di €) e i tre clienti seduti in delle sedie da bambini, ci aiutano a chiamare un taxi. In che modo siamo riusciti a comunicare? Con gesti e sorrisi e con l’intraprendenza di chi ti vuole aiutare e donare un pezzo di se stesso in cambio di nulla. E così tutta la bile accumulata si dissolve nei loro occhi a mandorla e ci sentiamo di nuove in pace con il mondo e con la speranza che l’essere umano non sia sempre devoto al dio denaro.
Mentre ci gustiamo il delizioso caffè ghiacciato partecipiamo anche come spettatori ad una battaglia tra galli, che sembra essere il passatempo tipico di queste zone.

”Mekong
Galli sul ring

Quando arriva il taxi salutiamo l’allegra combriccola vietnamita con le poche parole che abbiamo imparato nella loro lingua e ci chiudiamo nel mondo ad aria condizionata dell’auto. Il taxi ha il tassametro, cosa che ci rilassa: non si sa quanto pagheremo ma almeno siamo sicuri che stiamo pagando una cifra calcolata, senza fregature. Alla fine paghiamo 100.000 dong, esattamente uguale a quello che avremmo pagato con le motorelle dei signori della guesthouse, contrariamente a quanto ci avevano detto riguardo ai prezzi spropositati dei taxi. Siamo doppiamente soddisfatti!!
La signora che ieri ci ha venduto i biglietti ci accoglie con un sorriso, come se il mondo ci stesse facendo rimettere in pari le emozioni negative con quelle positive. Ci fa mettere gli zaini già nel bagagliaio dell’autobus e ci indica dove andare a mangiare per pranzo. Ci andiamo poi a fare una breve passeggiata e verso le 14 partiamo direzione Nah Trang. Fortunatamente ci riusciamo a mettere nelle “cuccette” in fondo, quelle che non hanno costrizioni in lunghezza e in cui possiamo stendere meglio le gambe; così abbiamo qualche speranza di farci qualche ora di sonno!
Così ci allontaniamo da delta del Mekong, dalle incazzature, dalle bugie di Quoc Trung. Ma alla fine, facendo a mente fredda un bilancio di questi 3 giorni, ne siamo usciti vincitori, perché nonostante tutto abbiamo avuto la possibilità di scrutare una parte importante dell’Indocina, che ci ha anche permesso di portare a termine la nostra devozione al Mekong…ah no, ancora dobbiamo fare la traversata in nave dal Laos alla Thailandia, solo allora possiederemo almeno una piccola parte della magia e della potenza di questo fiume leggendario!!

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