Tabriz: un chai offerto nel bazar

18 - 20 Gennaio 2016

Oggi si va alla scoperta di Tabriz! La mattina la dedichiamo tutta al bazar, sito UNESCO e secondo bazar più grande al mondo o primo a seconda di chi ci raccontava la storia. Ci addentriamo nei vicoli di questo mercato coperto e ci perdiamo un po’ tra tappeti, gioielli, stoffe e altre mille merci.  Secondo me non si può considerare questo mercato un attrazione turistica, non ne ha le caratteristiche. Non ti lascia a bocca aperta per qualche meraviglia nascosta al suo interno, non ha particolari finiture di pregio e non c’è niente in vendita per un turista. E’ un mercato nel pieno della sua attività e tutto è pensato e realizzato per essere funzionale a questa attività. Al visitatore è concesso di essere immerso in un mondo completamente autentico e non usuale per lui e questo è veramente tanto.

 

Bazar Tabriz
Il bazaar di Tabriz

Ma più di ogni altra cosa, come oramai sto imparando a capire, fanno la differenza gli Iraniani. Ad ogni vicolo c’è qualcuno che vuole sapere da dove vieni, qual è la tua storia e dove andrai e attenzione, non ti fermano per venderti qualcosa come in qualsiasi altro bazar, da quelli marocchini a quelli di Istanbul. Vogliono solo conoscerti e raccontarti di loro. Ognuno ha una storia. Abbiamo incontrato Alì venditore di manufatti dei nomadi che ci ha accompagnato per un'ora buona in giro raccontandoci con passione la storia del bazar, offrendoci un te e facendoci notare cose che noi non avremmo mai visto (come ad esempio un caravanserraglio all’interno del bazar) e salutandoci come un vecchio amico. Abbiamo incontrato Reiza, professore di storia in pensione, che ha un negozietto di anticherie e che ci ha consigliato un posto dove prendere un caffè turco e fumare il narghilè; lo abbiamo poi ritrovato a pranzo dove ci ha consigliato cosa mangiare (poi è costato un botto ma vabè). Abbiamo comprato il velo per Erika, stando nel negozio per molto tempo indecisi parlando al telefono con un amico del proprietario che faceva da traduttore, pagandolo pochissimo senza contrattare. Al momento del pagamento mi facevano continuamente segno di mettere via i soldi perché quello era il momento delle foto (ne hanno volute scattare una ventina), e al termine di tutto ciò, insistendo perché prendessero i soldi (circa 4 euro), ci hanno dato il resto (non dovuto) di 1 euro perché ci prendessimo un caffè. Pazzesco.

Bazar Tabriz
Il bazaar di Tabriz

Poi abbiamo capito che il “gesto” di rifiutare i soldi da parte di un venditore è una precisa “regola di comportamento” nella società iraniana che si chiama ta’rof. Da quello che abbiamo capito è l’atto di offrire qualcosa per cortesia senza aspettarsi realmente che l’altro accetti: guai ad andarsene senza pagare ad esempio. Quindi qualsiasi offerta venga fatta dagli Iraniani è sempre bene rifiutare 2 o 3 volte per essere sicuri che non si tratti di ta’rof e permettergli cosi di ritirare l’invito. Anche in una pratica cosi inconsueta nel codice di cortesia Iraniano si coglie quanto sia importante l’ospitalità per questo popolo.
Visitiamo poi la Moschea blu, o meglio, che un tempo era blu: ora è in fase di ricostruzione dopo essere stata distrutta da un terremoto.

Moschea blu Tabriz
La Moschea blu di Tabriz

La struttura di base è completa e in alcuni punti sono anche state riposizionate le piastrelle blu cobalto che ricoprivano completamente l’interno. Il contrasto tra queste e i mattoni color sabbia genera un’atmosfera particolarissima. Ci divertiamo a passare del tempo a scattare qualche foto essendo anche gli unici visitatori in quel momento. La sera abbiamo per la prima volta utilizzato il nostro fornello ad alcool cucinandoci un dietetico riso con carote e zucchine. Una prelibatezza!

Moschea blu Tabriz
Un dettaglio della Moschea blu di Tabriz

Il giorno successivo è stato di completo relax: ci siamo svegliati con calma e siamo andati in un internet cafè per gestire un po ‘ il sito dato che non avevamo wifi nell’hotel. Abbiamo mangiato in un fast food (dove però ci hanno offerto una sorta di tuberi morbidi cotti al vapore e venduti da ambulanti per la strada: dolciastri e ottimi!). Poi abbiamo fatto due passi senza meta per le vie di Tabriz cercando una sala da tè dove poterci fermare a scrivere il nostro diario. Siamo passati di fronte a un negozio molto elegante pieno di scatoloni di tè: abbiamo guardato dalla vetrina incuriositi e ovviamente ci hanno invitato calorosamente ad entrare. Abbiamo chiacchierato amabilemente per un oretta con tutta la famiglia del propietario e gli impiegati (due ingegneri tra l’altro, che non trovando lavoro vendono te) che ci hanno sommersi di regali e ci hanno lasciato il numero in caso avessimo problemi. Abbiamo poi trovato una pasticceria dove poter stare un paio d’ore ed infine abbiamo preso l’autobus per Teheran dove il nostro amico Masoud ci stava aspettando.

Taxi Tabriz
Erika sul taxi

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