Pondicherry - Ganesh e la civiltà hippie

03 - 06 Ottobre 2016

Nell’autobus c’è veramente poca gente. Raramente abbiamo viaggiato in un bus governativo con così tanto spazio per noi. Comunque il comfort non è certo da prima classe. Arriviamo a Pondicherry verso le due e ci incamminiamo verso il centro non avendo trovato nessun trasporto pubblico. La camminata dura una buona mezz’ora sotto il sole pieno dei tropici. La cittadina sembra pulita ma non ci dà l’idea di gioiellino coloniale come abbiamo letto; ci diciamo che siamo ancora lontani dal centro e ci riserviamo di esplorare meglio il tutto prima di giudicare. Ci addentriamo nelle stradine residenziali e le casette ordinate e quasi tutte ristrutturate ci sembrano molto lontane dagli standard indiani; effettivamente ci troviamo in un ambiente più ricco del solito. Andiamo sparati verso una guesthouse che avevamo addirittura prenotato venendo in qua. Di solito noi preferiamo vedere prima di fermarci, ma la votazione altissima sui vari siti di recensioni ci fanno propendere per la sicurezza di trovare una stanza.

Arriviamo e subito la gentilezza dei proprietari ci mette a nostro agio. La moglie ci fa accomodare e il marito ci accoglie con un grandissimo sorriso. Ci fanno vedere ben due stanze tra cui scegliere. La palazzina è veramente deliziosa, le stanze pulitissime e colorate, la cucina e l’area in comune danno quel qualcosa in più per farti sentire a casa e l’estrema disponibilità dell’uomo ci mette veramente di buonumore. Non ci importa di pagare qualche cosa in più, questo è veramente un posto meraviglioso dove potersi fermare e riposare un po’. Ciliegina sulla torta un bel rooftop con delle panche di legno attorno ad un tavolo, una sdraio e un tetto di paglia: minimale ma efficiente soprattutto di sera con la fresca brezza marina. Contenti come delle pasque chiediamo al tipo un posto veloce dove mangiare un boccone ma di tutta risposta lui ci dice di seguirlo che ci darà tutte le indicazioni. Segue una lunghissima e precisissima spiegazione di ogni quartiere, l’elenco di tutte le attrazioni e la lista di tutte le attività commerciali…MA NOI ABBIAMO FAME!!!!!! Cerchiamo di farglielo capire ma non ci molla fino a che non ha esaurito gli argomenti. Ci parla anche di Auroville, la comunità hippie fuori da ogni logica di mercato e moneta a una quindicina di km da qui. Per visitarla occorre presentare domanda al centro informazioni almeno un giorno prima ma domani è tutto chiuso. Questo ci “costringe” a stare qui più a lungo del previsto, ma si sta così bene che non ci pesa affatto rilassarci un po’.
Ringraziamo di tanta precisione e ci catapultiamo in strada. A me va qualcosa di fresco e, essendo anche le tre e mezzo, propongo ad Erika un gelato per pranzo. A lei gli si illuminano gli occhi, non osava dirlo ma sarebbe stato il suo sogno proibito. Per così poco!!!

Puducherry
Passeggiata sul lungomare

  Andiamo nel quartiere francese e poi sul lungomare. Tutto è estremamente curato, anche se non troppo elegante, e noi ci sentiamo sereni. Ci prendiamo una coppa gelato a testa e ci mettiamo a mangiarcelo sui massi frangiflutti. Il venticello fresco combatte il caldo tropicale e si sta da dio.
Soddisfatti dal pranzo ci facciamo una camminata cullati dal suono dell’oceano e decidiamo di cucinarci da noi stasera per cena. Andiamo a fare spesa in un supermercato e compriamo tutto l’occorrente per una pasta al pomodoro (sapori di casa…). Erika appena uscita mi dice che deve rientrare un secondo che si è dimenticata di comperare i fazzoletti. Io gli dico ok e, senza sospettare di nulla, la aspetto fuori mentre lei rientra. Poi scoprirò che questo è solo il primo dei magheggi che il mio amore ha fatto per le sorpresine del mio compleanno.
Cerchiamo anche un po’ di vino ma una rivendita di alcolici è chiusa e l’altra ci spara un prezzo esorbitante per una bottiglia. Ci riserviamo di berlo la sera tra il 5 e il 6.
Rientriamo in guesthouse e dopo una meritata doccia ci mettiamo nell’area comune a cucinare. E’ sempre bello quando cuciniamo insieme. C’è sempre comunione e ci divertiamo un mondo. In questo clima poi le cose riescono anche molto bene, o almeno, a noi piacciono tanto!!

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La cuoca ai fornelli!!

 

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e il capellone a tavola!!

  Quasi al termine della cenetta arriva anche un altro inquilino della guesthouse che si siede con noi. E’ un indiano di mezza età di New Delhi, visibilmente ingrassato dal benessere e con una parlantina niente male. Prima parliamo un po’ di lavoro e ci dice essere un rappresentante di macchine industriali che ha lavorato molto anche con marche italiane. Prima ci nomina il nome di una azienda che non conosciamo ma che lui dice essere controllata da una grande acciaieria. Mi viene il dubbio e controllando era proprio L’AST di Terni!! Ma ancora più assurdo è che la seconda azienda che ci nomina sembra un nome familiare per Erika: era la CHIMET, una delle industrie più famose di Arezzo. I casi della vita!!
La chiacchierata che fin qui era stata piacevole inizia ad incrinarsi quando passiamo a parlare del nostro viaggio. Ci inizia a dire che non ha senso prendere gli autobus governativi, ci sono trasporti più comodi e più veloci. Noi ribattiamo che ci piace viaggiare come i normali turisti non viaggiano per avere maggiori probabilità di incontrare persone genuine e fare esperienze fuori dal comune. Ma, niente, lui continua a dire che quella non è la vera cultura indiana e quindi non ha senso. Dovremo andare in una casa privata per capire come si vive in India etc etc. Inquadro subito il tipo di persona, che più che uno scambio, vuole insegnarci qualcosa salendo in cattedra. Al che mi stranisco e inizio a rispondere a tono. Lui a questo punto cambia argomento e, non so con quale collegamento mentale, arriva a dire che il progresso sta distruggendo il mondo come già aveva distrutto i mondi passati: ad esempio lo sapete che i maya avevano già l’energia atomica??? Eh si, gli dico io, arricchivano l’uranio con i mulini a vento. Mallevate va. A questo punto ho veramente raggiunto il limite. Come Erika oramai sa, quando non riesco più a sopportare i “maestrini” mi alzo e faccio cose. Tipo andare a bere al frigo o mettere a posto una pentola. Basta che non sto più li davanti. Anche lui, dopo la mia battuta sarcastica sul fatto che forse dovrebbe scegliere meglio le fonti da cui ricava le informazioni, riesce finalmente a comprendere che non ne posso veramente più e quindi si congeda. Anche noi andiamo a dormire dopo questa giornata meravigliosa, tolto questo piccolo neo finale.
Il giorno successivo è tutto dedicato a noi. Nel senso che vogliamo solo pensare a stare bene come fossimo nella nostra casa di Torino. Ora che c’è una guesthouse che ce lo permette ce la vogliamo godere. Usciamo quindi non troppo tardi e andiamo a provare a far colazione fuori, al cafè des artes; purtroppo troviamo chiuso ma all’angolo della strada un baracchino con dell’ottimo chai e dei biscotti burrosi nei barattoli ci permette una buonissima ed economica colazione. Continuiamo beati la passeggiata fino al mercato. Oramai questi assembramenti di bancarelle e merci di ogni sorta non ci stupiscono più e, anzi, ci accorgiamo che ci sappiamo muovere più che bene.

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Il vivace mercato

  In poco tempo facciamo la spesa: un po’ di verdure per il risotto, verdure per i frullati, melograni per delle spremute e ginger e limoni per le nostre immancabili tisane. Tornando verso casa ci fermiamo anche in un supermercato a comprare il muesli per colazione e del formaggio. Ora abbiamo proprio tutto per una giornatina in autonomia.
Torniamo soddisfatti a “casa” e iniziamo a cucinare il pranzo. Nel frattempo ascoltiamo musica, scriviamo, cazzeggiamo un po’, insomma ci rilassiamo. Il risotto cucinato da Erika è, come al solito, delizioso e ce lo spazzoliamo tutto anche se le porzioni sono più che doppie. Dopo, il cosiddetto “rice poisoning” non ci risparmia e ci andiamo a sdraiare un po’ per riprendere le facoltà motorie.

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Quanto ci piace sentirci come a casa!!

  Nel pomeriggio rassettiamo un po’ gli zaini che ne hanno veramente bisogno, laviamo i nostri vestiti a mano e li mettiamo ad asciugare in terrazzo. La sera usciamo a fare quattro passi e ci dirigiamo verso il tempio hindu della città. Di fronte un grosso elefante elargisce benedizioni a chiunque gli porga qualcosa. Ha tutto il muso colorato e si muove barcollando su una piccola piattaforma sabbiosa; tende la proboscide a chiunque si avvicini nel suo raggio d’azione: se questo gli porge qualcosa di commestibile, lui se lo mangia e poi appoggia la proboscide sulla testa del fortunato, se invece gli porge dei soldi, l’elefante prima di benedirlo li passa al suo “curatore”.

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L’emissario di Ganesh

  Pur sapendo che questo povero animale è incatenato qui per far felici i turisti, cadiamo anche noi in tentazione di ricevere la protezione di questo emissario di Ganesh, il dio dalla testa di elefante, a cui questo tempio è dedicato e ci facciamo un piccolo video della scena. Quando un grosso gruppo di italiani si avvicina noi sgattaioliamo velocemente via.

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Che animale meraviglioso…una pena vederlo in catene

  Ci dirigiamo poi all’Ashram più famoso di Pondicherry. Io non so cosa aspettarmi da questa visita, in quanto non mi sono fatto un’idea precisa di cosa sia un Ashram. Entriamo e un grosso giardino con un silenzio assordante ci accoglie. Al centro è appoggiato in terra un parallelepipedo dorato che alcune persone stanno come pregando; mi da l’idea della tomba di qualcuno. Intorno, seduti in ordine sparso, alcuni uomini e donne a gambe incrociate sono fermi in meditazione. Indossano abiti bianchi come per il nostro corso di meditazione. Leggendo vari fogli in una bacheca capiamo proprio che questo è un centro in cui si insegna la meditazione yoga, proprio come noi abbiamo imparato la meditazione buddista. Una piccola biblioteca contiene gli scritti del guru che ha fondato questo Ashram e della sua allieva prediletta: “la madre”. A noi tutto questo mette un po’ di angoscia e non ci attardiamo troppo ad uscire. Non credo comunque che sia molto diverso dall’esperienza fatta da noi in Tailandia, ma una volta nella vita ci basta!

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Fiori per decorarsi i capelli…c’è niente di più bello?

  Passiamo nuovamente di fronte al tempio induista e, oltre a fare un altro saluto al nostro pachidermico amico, ci addentriamo nel tempio. Non c’è niente di particolarmente significativo dal punto di vista artistico ma decidiamo di sederci, come molti indiani, in un punto della grande sala e osservare. E’ bellissima la “caciara” che c’è dentro questi templi, il fumo che sale dai bracieri, la fila per la devozione serale, i bambini che corrono, i colori accesi e irriverenti delle pareti. Senti che questo tempio è vissuto, fa parte della vita degli indiani. Non è la casa della divinità, austera e bacchettona. Questa è la casa del popolo che venera i suoi idoli. Bellissimo.
Tornando a casa decidiamo di concederci per cena un altro gelato. Stavolta per qualche passaggio che non ci è proprio chiarissimo, spendiamo molto di più di ieri, ma questa prelibatezza tutta italiana (il locale si chiama “Montecatini Terme”) ci delizia. Torniamo a “casa” e cuciniamo patate e carote per il pranzo al sacco di domani mentre scriviamo e pubblichiamo qualche articolo. Proviamo anche a spremerci i melograni e dopo molta fatica riusciamo a gustarci due bicchieri: dolce e sano, eccezionale!

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Ci vuole il BIS!

  Il giorno dopo Erika si sente un po’ male e siamo quindi indecisi se uscire o meno. Intanto facciamo una bella colazione con muesli e yogurt, accompagnato da un ottimo frullato, il tutto preparato nella nostra cucina. Alla fine decidiamo che almeno il pass per Auroville lo vogliamo fare così da poterla visitare domani.
Prendiamo quindi in affitto uno scooter e ci dirigiamo fuori città guidando nel traffico caotico delle prime ore della giornata. La vita è in pieno fermento soprattutto nelle vicinanze del grande mercato. Lungo la strada di avvicinamento ad Auroville, oltre a qualche ristorante prettamente da backpackers, incrociamo altri occidentali in moto, non più giovanissimi, che capiamo essere gli abitanti di questo strano paese, probabilmente arrivati qui negli anni 70 con un sogno da realizzare. Arriviamo in una mezzora e ci accoglie un grande centro di ricezione turistica. Siamo in mezzo ad una fitta vegetazione per cui niente si vede della città. Andiamo a prenotarci per domani e poi ci fermiamo a vedere un filmato sulla storia di questo posto. Tutto nasce dall’idea della “Madre”, l’allieva prediletta di Aurobindo, guru dell’Ashram di Pondicherry, che voleva creare un luogo dove ogni essere umano potesse trovare la propria pace interiore. Centro nevralgico di tutto il complesso è il Matrimandir, la grande camera di meditazione Yoga, che si erge al centro di un enorme giardino, come una sferra dorata. Se tutto questo non avesse il carico di “religiosità” e di fede nei confronti della “Madre” e del suo “Sogno” sarebbe tutto più digeribile per le nostre menti così razionali. Alla fine qui si è veramente costruito qualcosa sulla base dei desideri della comunità hippie. Si è veramente riusciti a fondare una società non basata sul denaro, sulla competizione sfrenata e sulla proprietà privata e avendo il pieno riconoscimento delle autorità indiane (solo qui poteva nascere in effetti) il tutto assume una concretezza che stupisce. Ma i toni da santoni new age proprio non li reggo. Quello che avevo apprezzato al corso di meditazione, la quasi totale asetticità religiosa e la concentrazione esclusiva sugli aspetti filosofici del buddhismo, qui viene completamente ribaltata. Sembra che nell’eliminare ogni tipo di religione qui se ne sia creata una molto più potente e venerativa. Questo, come detto, senza nulla togliere all’indiscutibile traguardo raggiunto.


Rientriamo nel nostro alloggio e sulle prime decidiamo di rimanerci, per il mal di pancia di Erika. Poi però la voglia di mare prende il sopravvento e ci fa decidere di andare alla famosa “Paradise Beach”. Il gestore della guesthouse ce ne aveva parlato gran bene e aveva detto che nessuno era tornato deluso dall’esperienza. A me va proprio un po’ di relax sdraiato su una bella spiaggia e quindi spingo particolarmente per andare. Comunque, penso, Erika potrebbe riposarsi e in più vedremmo un posto “paradisiaco”. Niente di più sbagliato invece. In primis per arrivare in questa spiaggia va preso un battellino che ti fanno strapagare, ma quello bene o male lo sapevamo. Arriviamo e questo spiaggione è deserto, se non per un paio di baracche che fungono da ristorante, e prevalentemente brutto.

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La spiaggia deserta

  Ora non so bene cosa mi ispiri questa sensazione di bruttezza, perché a me solitamente le spiagge isolate piacciono. Probabilmente la scarsa cura, il paesaggio poco affascinante e un po’ di degrado non generavano un bello scenario d’insieme. Pranziamo al sacco e poi ci sdraiamo all’ombra di alcune pensiline a riposarci un po’. Ora mi pento di aver trascinato qui Erika, ma lei non me lo fa pesare troppo e si appisola dolorante sull’asciugamano. Verso le due e mezzo ci rompiamo le scatole di questo posto dove neanche l’acqua ha un aspetto invitante e riprendiamo il battellino per tornare indietro. Alcuni ragazzi si avvicinano incuriositi e dopo i selfie di rito scambiano qualche parola con noi. Sono dei ferrovieri di Chennai che hanno qualche giorno libero e sono qui in vacanza. Ci consigliano anche loro di andare in Kerala: tranquilli ragazzi è solo questione di tempo!!

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Un ultimo selfie prima di rientrare

  Torniamo in guesthouse e ci facciamo una bella doccia calda preparandoci poi per la serata del mio compleanno. Erika esce anche un attimo per andare a chiamare il babbo (n.d.r io, da bravo fagiano, non mi insospettisco minimamente del fatto che non è mai uscita per chiamare qualcuno…e intanto lei mi va a comprare i dolcetti per la mattina dopo).
Stasera ci vogliamo trattare bene ovviamente e quindi scegliamo il miglior ristorante di pesce della città: Villa Shanti. La serata è stupenda, Erika lo è ancora di più. La cenetta è squisita, le ricette di pesce influenzate dai sapori indiani sono deliziose, peccato solo per la mancanza del vino. Parliamo tanto come piace a noi di qualsiasi cosa ci venga in mente e passiamo così uno dei più bei compleanni della mia vita. Verso la fine decido di prendere anche un dolcetto perché oggi non si bada a spese. Erika va un secondo in bagno (n.d.r. e anche qui non mi accorgo di nulla). Come torna vedo il nostro cameriere che si infila dietro la colonna ma la mia mente non si sofferma su questi particolari: mi chiedo solo dove cavolo stia andando con il nostro dolce. Poi si apre una finestra interna vicino al nostro tavolo e inizia a salire una musica dance, sempre a volume più alto tanto che devo interrompere quello che stavo dicendo. Non faccio neanche in tempo a dire ad Erika, scocciato, che ora non si potrà più parlare che con la coda dell’occhio vedo una luce calda che si avvicina: una candelina! A quel punto, finalmente, la mia mente collega che tutto questo è per me! La musica dance altro non è che il “tanti auguri a te” di qui e tutti si girano e mi guardano, partecipando alla piccola celebrazione. Dopo la foto visibilmente imbarazzato, soffio la candelina e tutto il ristorante applaude all’evento. Mi sento felice e ringrazio la donna di fronte a me che anche e soprattutto con questi “piccoli” gesti mi fa sentire quanto io sia importante per lei. La musica viene abbassata e tutto torna alla normalità, noi ci mangiamo il nostro dolce e io non riesco a staccare più i miei occhi di dosso al mio amore. Torniamo a casa abbracciati mentre ridiamo di quanto sia facile riuscire a farmi le cose di nascosto: sono proprio un fagiano, anzi, secondo la nostra definizione, un fagianottero!!!

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Il “fagianottero” durante la cenetta!

 

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Anche la sorpresina appena sveglio!!!

  L’ultimo giorno, dopo aver preparato tutta la nostra roba e liberato la stanza, prendiamo nuovamente la motorella per andare ad Auroville. Prima di tutto ci fanno di nuovo vedere il filmato già visto ieri e questo non ci mette di buon umore. Come detto sembrano dei filmati per la manipolazione del pensiero: il rifiuto nasce spontaneo ad un osservatore occasionale. Poi ci caricano tutti in un piccolo autobus per farci percorrere le poche centinaia di metri che ci separano dal Parco del Matrimandir. Arrivati in prossimità di questo ci viene chiesto di lasciare i cellulari e ogni apparecchio di ripresa fotografica all’ingresso: il motivo dicono è che questo è un luogo di meditazione.
Ci fanno quindi sedere su delle panchine nel parco e una simpatica vecchietta ci parla di nuovo del sogno di Auroville, la città dove tutto c’ho che è materiale perde di importanza e viene lasciato alle spalle. Anche se il discorso sembra meno intriso di religiosità, l’opinione che se ne trae è sempre di una setta, molto chiusa tra l’altro. Questa sensazione potrebbe essere voluta dagli aurivilliani per tenere alla larga le frotte di curiosi attratti dal diverso. Ma per una comunità che fa dell’apertura la sua bandiera appare per lo meno strano.
Ci avviciniamo poi al Matrimandir dove potremo avere la possibilità di provare una sessione di meditazione di un quarto d’ora. La struttura è imponente, completamente coperta d’oro (anche se la signora ha tenuto a specificare che lo spessore del metallo prezioso è talmente sottile che il costo della colla per incollarlo ha superato quello per l’acquisto) e sembra nascere dalla terra. Per prima cosa ci accomodiamo al di sotto della sfera dorata, dove dell’acqua viene fatta scendere in dei gradini circolari concentrici fino ad un piccolo pozzo centrale. Lo scroscio di queste piccole cascatelle, nel silenzio generale, aiuta a rilassarsi. Ci viene chiesto quindi di toglierci le scarpe e di infilarci dei calzini bianchi in modo da non sporcare l’interno della sala di meditazione. L’interno della sfera è un capolavoro di architettura moderna con tre livelli che sembra non avere sostegni. Nel primo ci si mette i calzini, nel secondo ci si passa e basta e nel terzo c’è la vera e propria sala di meditazione. E’ assolutamente vietato parlare all’interno della sfera ma anche qui dell’acqua corrente produce un calmo rumore di sottofondo. Delle passerelle elicoidali ci conducono quindi alla sala di meditazione. Entrando il “muro del silenzio” è impressionante. All’inizio i timpani sembrano scoppiare dalla mancanza di onde sonore che li colpiscono. Una sensazione difficile da provare nella vita normale. Ci sediamo tutti in circolo in corrispondenza di un colonnato esterno. Qui è tutto tremendamente ed integralmente bianco. Al centro un fascio di luce naturale viene incanalato dall’alto, fino a colpire una sfera di vetro appoggiata su un piccolo altare. La sola fonte luminosa presente è rifrazione della luce attraverso questa. Però c’è l’aria condizionata. Qui non si può neanche tossire, se proprio si deve si è pregati di uscire. Il tutto ci sembra come al solito esagerato. Non occorre scappare dal mondo per meditare e seppur ammettendo che il tutto ha un suo fascino, ci sembra troppo vicino ad un fondamentalismo per poterlo apprezzare.
Il quarto d’ora di meditazione passa bene anche se mi accorgo che la mia mente è molto meno allenata di quando sono uscito dal corso. Usciamo di nuovo all’esterno e decidiamo di non addentrarci ad esplorare la cittadina. Primo perché Erika ancora non si sente troppo bene e poi perché siamo più interessati ad altro.
Oggi è il mio compleanno quindi, dopo l’ottima cenetta di ieri, voglio sfondarmi di schifezze: si pranza al KFC! Tornati in guesthouse andiamo nel rooftop a riposarci un po’ e nonostante le panche di legno ci spariamo una dormita niente male. Oramai siamo abituati anche a quello.
La sera ci concediamo anche un pizza per cena e poi è il tempo di partire. Sebbene le rimostranze di Erika per la separazione decidiamo di utilizzare il motorino per portare gli zaini in stazione. Poi io riporto il mezzo alla guesthouse mentre lei rimane con i nostri bagagli.

Puducherry
Che sonno!!

  L’autobus di stasera è un semi-sleeper governativo che non abbiamo mai preso quindi siamo un po’ in apprensione. Quando arriva invece vediamo che i sedili sono belli larghi, morbidi e reclinabili il giusto: secondo noi sarà anche più comodo dei normali sleeper!! Alle 21 partiamo per Madurai rimettendoci in marcia dopo quattro giorni bellissimi.

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Il nostro “Luxury bus”!

 

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