Battambong - Una farfalla, un bufalo e un bastone magico

11 - 15 Maggio 2016

Arriviamo alla stazione degli autobus poco prima dell’ora di pranzo. Ovviamente siamo lontani dal centro città e di trasporto locale in Cambogia non ce n’è neanche l’ombra. Dobbiamo prendere un tuk tuk.
Gli altri passeggeri del nostro autobus sono già tutti saliti su uno di questi, noi siamo sempre un po’ restii a prendere mezzi costosi per muoverci ma stavolta non abbiamo scelta. Anzi dobbiamo fare in fretta perché sono quasi tutti partiti. Per fortuna il nostro amico olandese di stamattina, Raul, partito dalla nostra stessa guesthouse di Siem Riep, è ancora lì e ci aggreghiamo a lui. Il tassista è anche molto onesto e per un solo dollaro ci porta in centro.

Noi non abbiamo prenotato niente come al solito, quindi ci facciamo lasciare di fronte alla guesthouse dove pernotterà Raul, la “Lux Guesthouse”. Già dall’esterno ci sembra costosa, e lui ci ha detto che pagherà 16 dollari, troppo per noi, quindi salutiamo il nostro amico e proseguiamo alla ricerca. Li vicino c’è una guesthouse economica molto gettonata ma le stanze senza finestre e caldissime ci fanno rinunciare.
Ripassiamo di fronte alla Lux e decidiamo di entrare: chiedere non costa nulla. Capendo che non abbiamo molta voglia di spendere ci offrono una stanza per 12$. Noi gli diciamo che siamo disposti a spendere massimo 10$ e loro ci dicono di andare a vedere la stanza prima. Ci immaginiamo il peggio. Invece, a parte il fatto di essere trapezoidale in quanto ricavata nell’angolo finale del palazzo, ha una enorme finestra, un bel letto matrimoniale, bagno in camera, è pulitissima e con caratteristiche da hotel di fascia media; ha pure l’aria condizionata! Perfetta!! la prendiamo senza pensarci su per 10$.
Poi ci accorgiamo che non ha il lavandino. Ci facciamo una grossa risata perché quello non pensavamo proprio di doverlo controllare, ma ci saremmo comunque fermati lo stesso: la doccia c’è e i denti ce li laveremo dal rubinetto che esce dal muro. Scopriamo anche che compreso nel prezzo c’è l’ingresso ad una piscina in una guesthouse li vicina: e chi se ne va più da qui??
Andiamo a mangiare un boccone in una tavola calda vegetariana in centro, trovata per caso camminando. Il paese è veramente caratteristico, si nota l’influsso francese nell’architettura delle case. Si respira un aria coloniale vagamente decadente, che mista al caldo torpore tropicale crea un mix pieno di fascino.

”Battambong"
Un giro al mercato

Seduti al tavolo vediamo passare Raul e lo invitiamo a mangiare con noi. Il suo piano è di contattare un agenzia turistica creata da studenti e che dà lavoro a loro e gli insegna come gestire un business: la “Butterfly Tour”. Questa organizza tour guidati nelle campagne in bicicletta. Gli diciamo che siamo interessati anche noi e decidiamo quindi di andare a sentire insieme cosa ci propongono.
Lui ha il punto dove l’agenzia ha la sede su Google Maps ed effettivamente è un po’ distante ma decidiamo di farla a piedi; fare questo alle 2 di pomeriggio ai tropici non è l’idea più sensata che uno possa avere e difatti si dimostra una sfacchinata incredibile. Arriviamo li provati ma troviamo un ragazzo molto gentile che ci accoglie stupito di come noi potessimo essere arrivati li, a piedi per giunta! Ci offre dell’acqua e ci dice che ci potevamo rivolgere a un bar nel centro per organizzare i tour, lì per lì ci diciamo “chi poteva saperlo?”, ma poi scopriremo che era scritto anche sulla Lonely Planet e malediremo scherzosamente Raul.
Contrattiamo a lungo uno sconto ed Erika aggiunge alla trattativa anche la possibilità di avere le bici per noi alla fine del tour per andare al famoso “bamboo train”. Io non so manco che è, ma Raul ed Erika, che ne hanno letto sulla guida, non se lo vogliono far scappare. Raggiungiamo un accordo con il ragazzo visibilmente in difficoltà a gestire gente abituata ad aver a che fare coi lupi di tassisti, ma che alla fine è contento di mettersi in tasca i 15$ a testa del nostro tour.
Tornando in città ci godiamo un tuk tuk per un dollaro e mezzo che ci lascia davanti alla Lux Guesthouse. Salutiamo Raul dandoci appuntamento per l’indomani e ci andiamo a riposare un po’ in camera. Per cena decidiamo di coccolarci in un bel ristorante Khmer dove mangiamo un superbo Amok (curry latte di cocco e pesce) e un delizioso Loc Lac (spezzatino di manzo in salsa agrodolce).

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Le luci del tramonto

Mentre torniamo nella nostra stanza intraprendiamo la decisione di iniziare un allenamento giornaliero. Ma lascio la parola ad Erika per raccontare questo momento.

ERIKA
La serata poteva concludersi benissimo con la deliziosa cenetta e invece una frase è uscita dalla mia bocca prima che riuscissi a pensare alle conseguenze: “da domani iniziamo ad allenarci!!” Che cosa??? La mia voce mi è risuonata in testa, ma ormai quelle parole erano uscite e non si poteva tornare indietro.
Era da un po’ di tempo che ogni tanto buttavamo là l’idea di andare a correre o trovare qualche altro esercizio fisico da fare. Marco lo pensava perché a lui piace fare sport e sentiva la mancanza di un qualcosa che ci somigliasse. Io invece sono sempre preoccupata della linea (che non ho), di solito cerco di controllare il più possibile l’alimentazione ma in un viaggio come questo è difficile, non sempre riusciamo a cucinarci da soli e mangiare fuori significa beccarsi la cucina più grassa che ci sia, in cui tutto è cotto in padella con due chili di olio di semi. L’unico modo che vedevo quindi non tanto per dimagrire quanto per riuscire a non diventare una palla era di introdurre un po’ di attività fisica. Ma ogni volta ricacciavo dentro questo piccolo seme, perché è più facile essere pigri. E invece stasera mi è uscito e il suono della mia voce è sembrato così tanto fermo che per un po’ ci ha creduto anche Marco che fossi determinata. Ho colto però questa occasione, queste parole sfuggite al mio controllo, per provare a non tornare indietro ed essere realmente determinata. E sapete cosa vuol dire questo? Alzarsi ogni mattina alle 5:30 o 6 (l’unico momento della giornata in cui la temperatura è sotto i 40°C), una mattina per correre e una mattina per fare esercizi per gambe e addominali. Allettante, no? NO…ma proviamo!


Il giorno seguente torniamo alla Butterfly Tour per il nostro giro in bicicletta. Qui conosciamo Song, l’esuberante “capetto” locale di questa agenzia. E’ anche lui ancora all’università, ma al contrario del timido ragazzo di ieri, lui è veramente portato per stare in mezzo alla gente e fare da guida. Oltre a noi tre c’è anche un ragazzo danese, bianchissimo e con dei capelli biondo pallido; sarà l’invidia di tutte le donne cambogiane che incontreremo: qui infatti il canone di bellezza è contrario al nostro, meno si è abbronzati e più si è belli.
Il tour in se per se, seppur interessante, non ci regala momenti indimenticabili. Ma quello che lo rende veramente speciale è la sincera allegria e disponibilità di Song. Come sempre la differenza la fa la bontà della guida.

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Pronti per la partenza…con gli appositi elmetti!!

Nella prima sosta, poco dopo la partenza, ascoltiamo la leggenda che dà il nome alla città, che tradotto significa “il bastone perduto”. Secondo questa leggenda un tempo viveva un uomo dagli straordinari poteri, datigli dal suo bastone. Questo sconfisse il tiranno locale e diventò il signore incontrastato. Poco tempo dopo, però sognò, di essere sconfitto da un monaco e, per questo motivo, fece sterminare tutti i monaci. Tutti tranne uno che era nella giungla ad addestrarsi con un grande maestro e quindi non presente alle esecuzioni. Quando questo monaco si accorse che anche suo padre era stato ucciso dal potente signore decise che avrebbe fatto di tutto per sconfiggerlo. Così un giorno piombò dal cielo sull’uomo con il bastone che, vedendolo, riconobbe il suo destino e per salvarsi scagliò lontano il bastone e scappò. Quel bastone non è mai stato trovato quindi è sempre bene testare tutti i bastoni che si trovano nelle campagne di Battambang, visto mai si fosse cosi fortunati da trovarlo.

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Ecco il signor Battambong

Questa storia, stranamente con una morale molto palese per essere una storia asiatica, ce l’ha raccontata di fronte alla enorme statua di questo omone tutto nero con il bastone in mano. Si perché, e qui si palesa l’asiaticità della storia in tutta la sua incomprensibilità, l’eroe non è il monaco ma l’omone con il bastone straordinario che prima uccide e poi viene battuto. Qui è venerato quasi come un dio e gli abitanti di Battambang vengono a fare offerte di fronte alla statua ogni volta che qualcosa li affligge. Noi dal canto nostro abbiamo trovato in questa storia una lezione per alcuni occidentali che con le varie ignobili “guerre preventive” creano, attraverso l’odio che generano, più nemici di quanti non ne eliminino.
Continuando visitiamo il villaggio della carta di riso, quella nella quale vengono arrotolati gli spring rolls. Qui entriamo in casa di una famiglia per vedere il processo produttivo. Song ci insegna come ci si comporta da bravi ospiti, le buone maniere e come si deve salutare. Noi ci divertiamo a fare i bravi allievi.

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La preparazione dei fogli di riso

 

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…per poi essere essiccati

Poi visitiamo una famiglia che produce frutta essiccata, come banane e manghi. Con le banane producono anche una sorta di snack fritti. Mangiamo di tutto un po’ e devo dire che è tutto delizioso!

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L’essiccatura della frutta

E’ poi il tempo della distilleria di “rice wine”, che più di un vino è una grappa: fortissima!! Song ci dice anche che se passiamo al suo locale in centro (quello da cui si potevano prenotare i tour della Butterfly) lui ha anche quello aromatizzato al serpente…Grazie Song, magari ti ci vengo anche a trovare, ma quello col serpente bevitelo te alla mia salute eh!

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Il ribollir dei tini…

Passiamo poi in un piccolissimo mercato dove facciamo anche colazione con dei noodles di riso in brodo. Ottimi anche questi.

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Il mercato del villaggio

 

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Spicy??

 

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La colazione cambogiana!

Continuiamo poi verso un capannone in cui viene prodotta la famosa fish paste, tipo la nostra pasta di acciughe, ma fatta con diversi tipi di pesce. L’odore è nauseante e Song ci confida che la qualità di questa pasta non è granché, infatti di solito i cambogiani se la producono da soli a casa, qui vengono a comprarla soltanto le persone che lavorano e non hanno tempo di prepararla da soli.

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Della gustosissima fish paste

Accanto al capannone, in dei graticci immensi ci sono infiniti filetti di pesce ad essiccare.

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La distesa di filetti

L’ultima sosta la facciamo per mangiare dello sticky rice dolce (all’infuori del Laos lo abbiamo sempre trovato solo dolce) cotto all’interno del bambù.
Rientriamo felici del bel giro, ringraziamo Song e gli promettiamo di andarlo a trovare al suo locale.

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Foto di gruppo

Poi prendiamo le bici e andiamo a scoprire questo “bamboo train”.

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Voi continuate a prendere il FrecciaRossa!!!

L’idea è semplicissima quanto geniale. C’è una ferrovia (molto sconnessa oggi) con un solo binario, sul quale si volevano trasportare delle merci in andata e in ritorno. Si sono costruiti, quindi, dei ripiani molto leggeri di bambù che è possibile appoggiare su degli assi provvisti delle ruote metalliche come quelle dei treni. E fin qui niente di speciale. Il “bello” viene quando due carrozze, che si muovono in direzioni opposte, si incontrano: quella che ha il carico minore viene letteralmente smontata. Il ripiano viene appoggiato di lato insieme ai due assi con le ruote, poi viene fatta passare l’altra carrozza e quindi rimontato il tutto. Fantastico.

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Treni in attesa alla stazione…

Saliamo su uno di questi convogli e si parte. Il motore che muove il tutto è simile a quello che montano sulle loro imbarcazioni e fa quindi un baccano infernale, ma ci lancia alla folle velocità di 15km/h. Che possono sembrare pochi ma su un trabiccolo di bambù su una ferrovia che è più malmessa della Salerno-Reggio Calabria vi posso assicurare che non lo è. I primi 5 minuti ti devi convincere che non sei un pioniere ma che l’omino dietro di te lo fa tutti i giorni più volte al giorno; quindi se è sempre sopravvissuto lui, ce la puoi fare anche tu.
Dopo aver capito che il pericolo è relativo ci si diverte un mondo, sembra di stare sulle montagne russe, complici anche i binari storti che ogni tanto danno delle pacche alla struttura che sembra che da un momento all’altro tutto si possa sfasciare sotto le tue chiappe.

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Chi va più veloce??

Attraversiamo un bel tratto di campagna non troppo lussureggiante e arriviamo in una stazione composta esclusivamente di souvenir shop. Non acquistiamo nulla ma facciamo due chiacchiere con un simpatico vecchietto che ci spiega che lui questa ferrovia l’ha costruita e ci ha lavorato per decenni. Prima dell’avvento di questi motorini si spingeva tutto a mano, con un bastone, ma non era così disconnessa, tanto che con un colpo ben assestato si potevano fare decine e decine di metri.
Oltre a lui ci sono anche delle bambine che vendono braccialetti fatti a mano. Decidiamo di non comprare nulla neanche da loro per quanto i loro occhi siano dolci perché non vogliamo incentivare lo “sfruttamento” dei bambini a scapito della loro istruzione. La più piccola delle bambine, però, ci colpisce in particolare. Ci avvicina dicendo If you want to buy something come to me, ok? (se volete comprare qualcosa venite da me, ok?). Marco gli risponde che non vogliamo comprare e lei elabora una risposta a tono che ci fa capire quanto padroneggi l’inglese I said, IF you want to buy (ho detto, SE volete comprare). Rimaniamo senza parole: la ragazzina non solo ci ha fatto capire che la nostra risposta negativa era inappropriata rispetto alla sua domanda, ma lo ha fatto anche con un perfetto inglese!!

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La piccola venditrice smaliziata

Torniamo poi indietro e finalmente incontriamo qualcuno in senso opposto e quindi si compie di fronte a noi “il miracolo” dello smontaggio e rimontaggio della carrozza. Comunque una bella faticaccia!

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Lo scambio “manuale”

Riportiamo le bici all’agenzia e poi ci andiamo a fare una meritatissima doccia.
Il pomeriggio andiamo a scoprire la piscina. Che dire? Fantastica! In un resort di un certo livello, con materassi su lettini in legno posti all’ombra sotto ampi gazebi. Ci rilassiamo per un bel po’ di tempo anche se il meteo non promette nulla di buono; tuttavia non piove e ci possiamo concedere anche qualche bel bagnetto.
A cena ci rifugiamo in un improvvisato ristorante sul lungo fiume, con tavolini e sedie di plastica sotto un tendone, mentre un piccolo temporale rinfresca l’aria.
Il giorno seguente leggiamo sulla guida di una consigliatissima “cooking class” a soli 10$ a testa, compresa anche la cena che tu stesso ti cucini. La prenotiamo per il pomeriggio visto che di solito il temporale arriva appena dopo pranzo, mentre la mattina la vogliamo passare a rilassarci di nuovo in piscina.

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Un tuffo dove l’acqua è più blu

Stamattina l’acqua è molto più fresca e pulita di ieri sera ed è un piacere stare a mollo. Dopo pranzo ci avviamo al ristorante dove insieme ad altri sei, parteciperemo a questo corso di cucina cambogiana.

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Un pranzo chic

Per prima cosa si va al mercato per comprare qualche ingrediente: il ginger, il taro (radice simile al ginger), il latte di cocco (che è una sorta di centrifugato della polpa di questo frutto), uova, banane e l’immancabile lemongrass (che ancora devo capire cosa è). Torniamo poi al ristorante e si inizia a fare sul serio. Il nostro chef è una sagoma: tutto immedesimato nella parte del professore, esige una concentrazione senza il minimo sgarro e, allo stesso modo, lui ci dedica un’attenzione maniacale. Il tutto condito da un inglese con un fortissimo accento e con la traduzione degli ingredienti nelle varie lingue.

”Battambong:
Impegnatissimi a seguire il maestro

Ci divertiamo un mondo a preparare l’Amok (il piatto preferito di Erika), il Loc Lac (il mio piatto preferito), gli spring rolls (boni ma grassi) e un dessert fatto con banane e latte di cocco (niente di che).

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Specialità in preparazione

Alla fine ci regala anche un libro con tutte le ricette preparate più molte altre, per divertirci a sperimentare a casa questa particolarissima cucina. Chissà chi saranno le nostre prime cavie una volta rientrati???

”Battambong:
Soddisfatti del risultato finale…e ora si mangia!!

L’esperienza ci entusiasma a tal punto che decidiamo che assolutamente dobbiamo trovare altre classi di cucina in Vietnam, Laos, Tailandia e India!!
Passiamo a salutare Song nel suo risto-pub (ma quanti business c’ha in ballo sto ragazzo di vent’anni??). Il locale è molto piccolo ed è arredato con un solo lungo tavolo, per favorire la conversazione tra tutti probabilmente. In più all’esterno ci sono due tavoli con poltroncine. Non essendoci nessuno ci mettiamo fuori e appena Song ci riconosce si precipita e si siede al tavolo con noi. Prendiamo un paio di birre e facciamo due chiacchiere con questo ragazzo dalle mille risorse. Poi, con la promessa di rivederci l’indomani, ci salutiamo e andiamo a dormire.
Il giorno seguente prendiamo a noleggio una motorella in modo da poter andare a scoprire la campagna circostante e alcuni templi nella zona.
Il primo che visitiamo è lontano una quindicina di km e per arrivarci occorre seguire la strada che costeggia un piccolo fiumiciattolo. L’antico “Wat (tempio khmer) Ek Phnom” è molto diroccato e fortunatamente riusciamo, entrando dal retro, a non pagare. Quando, ignari della presenza della biglietteria, capitiamo proprio di fronte all’ingresso diciamo al guardiano che non ci interessa entrare; dopo aver visto Siem Riep questo antico Wat è veramente poca cosa! Invece il tempio buddista tuttora in funzione ha dei colori bellissimi e una enorme statua di budda di fronte.

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Uno scatto rubato

Il secondo tempio, “Phnom Sampeau”, è dalla parte opposta della città quindi rifacciamo tutta la strada al contrario ma stavolta passando dalla parte del fiume non asfaltata e più caratteristica. Incontriamo, tra l’andata ed il ritorno, almeno cinque matrimoni di cui un paio che bloccano completamente la strada; riusciamo a passare solo grazie ad uno stretto sentiero in mezzo al fogliame. Qui infatti per sposarsi, come per i funerali, alzano grandi tendoni direttamente in strada, preparano una decina di tavoli e iniziano a cucinare come se non ci fosse un domani. Ciò che distingue il funerale dal matrimonio è la differente musica sparata a tutto volume dagli altoparlanti e il colore degli ornamenti: bianchi per il primo, sgargianti per il secondo.
Come dice il nome, il “Phnom Sampeau” è su di una collina (“Phnom” appunto), una delle pochissime che rompono la monotonia del piatto orizzonte cambogiano.

”Battambong:
L’ora della siesta

Oltre al tempio che di per se ha soltanto una bella vista su tutta la campagna circostante, la collina è stata anche protagonista di una brutta pagina di storia. I khmer rossi infatti dal ’75 al ’79 vi hanno installato uno dei loro centri di detenzione inumani. Si possono visitare anche queste prigioni e ci facciamo un salto. A noi interessa davvero capire quei quattro anni di orrori e commemorare tutti i morti che quella follia ha portato ma qui invece il tutto sembra più orientato alla spettacolarizzazione della morte e del dolore. Sembra non ci sia una reale comprensione di quello che è stato, dell’importanza di ricordare per fare in modo che non accada più. Basta che da bravo turista si lasci una lauta mancia per poter mangiare un piatto di riso domani, ma come biasimarli? (Poi a Pnhom Pehn l’atmosfera sarà completamente diversa, molto più contemplativa).
Discendendo troviamo anche il momento per fare delle foto stupide di fronte all’animale del nostro segno zodiacale cinese: io BUE ed Erika Tigre. Sottolineo BUE perché Erika dice sempre che è una Mucca, ma diamine mi è toccato pure l’animale sfigato, almeno fammelo essere bue e no mucca!!!

”Battambong:
La tigre e il……bue!!!

L’ultimo che visitiamo è Phnom Banan. Oh, ma tutti sulla cima della collina li dovevate costruire i templi??? 358 scalini di pietra, alti almeno 30 cm, che ogni passo è una mezza scalata, appena pranzato, con un caldo da morire. Abbiamo maledetto tutti gli architetti Khmer dalla prima dinastia all’ultima!!! C’erano anche dei bambini che in cerca di mancia facevano su e giù le scale per sventolare i visitatori con dei piccoli ventagli.

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Ancora scale!!

 

”Battambong:
L’ultima vetta raggiunta

 

”Battambong:
In preghiera

Dopo questa fatica è decisamente venuto il momento di rientrare in albergo a riposarci, godendoci l’inusuale comodità concessaci dall’aria condizionata. Dopo una doccia andiamo a salutare il nostro amico Song, questa volta con gli zaini, per farci lasciare una ricordo scritto su questi. Ci prendiamo anche qualcosa da mangiare e passiamo una bella serata in compagnia. Quando è ora di salutarsi un po’ di dispiacere sale; speriamo di rivedere questa simpatica canaglia un giorno.
L’indomani abbiamo l’autobus per Phnom Pen, vedremo finalmente questa perla asiatica, come la descrive la Lonely Planet, ma per ora nel cuore abbiamo questa piccola cittadina poco conosciuta, ma ricca di un fascino nascosto.

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