Langmusi - Una religione da capire

01 - 02 Marzo 2016

Il viaggio da Zhangye a Lanzhou ce lo ricorderemo sempre come “il viaggio con le pecore”! Eh si, nel bagagliaio dell’autobus, quello di solito adibito a contenere le valigie dei passeggeri, c’era un intero gregge di pecore! Oltretutto, inizialmente, l’autista ci voleva far mettere i nostri zaini li sotto insieme alle pecore, ma dopo aver pensato che quei poveri animali non avrebbero avuto altro posto per fare i loro bisogni se non li per terra, abbiamo pregato l’assistente dell’autista a portare di sopra gli zaini. Sorprendentemente è stato più facile del previsto e abbiamo potuto viaggiare con un pensiero in meno…ma sempre in compagnia dei belati incessanti delle pecore!
Arriviamo di buon mattino a Lanzhou e ci dobbiamo subito trasferire in un altro terminal dell’autobus per poter prendere il mezzo per raggiungere Langmusi, il primo villaggio tibetano del nostro viaggio! Ci arrendiamo a prendere un taxi dato che non abbiamo molto tempo e dopo aver affrontato un bel po’ di traffico arriviamo in autostazione, compriamo il biglietto e dopo poco più di mezz’ora ripartiamo di nuovo.

Nel tragitto cominciamo a vedere panorami montani e veniamo fermati varie volte da mandrie di yak che sono riversate in mezzo alla strada a leccare il sale gettato per evitare che la neve si trasformi in ghiaccio (o almeno questa è la spiegazione che ci diamo noi sul perché uno yak dovrebbe leccare l’asfalto!). Finalmente facciamo conoscenza con questo animale così tanto descritto nei racconti dei viaggiatori, soprattutto in Kirghizistan! Marco, che mi aveva tempo addietro paragonato ad uno yak, dopo averne visto le reali fattezze ritratta…meglio per lui !
La fermata di Langmusi ci coglie impreparati: noi eravamo impegnati a lavorare al sito nell’autobus, tanto sapevamo che doveva arrivare verso le 16 a destinazione, invece alle 14:30 l’autista si ferma gridando Langmusi e di fretta recuperiamo tutta la nostra roba e scendiamo…quasi tutta, il cappello di Marco rimane lì! Quando scendiamo capiamo che non siamo al terminal di Langmusi, ma in mezzo alla statale a 10 km dal paese! Ottimo! Fermiamo allora un’auto che sta svoltando verso Langmusi e tre ragazzi, senza dubbio del luogo, ci caricano e ci portano a destinazione.
Già iniziamo a sentire l’aria tibetana, vediamo monaci coperti dalle loro tuniche arancioni vagare per il paese o seduti a tavolini a mangiare. La cittadina è tranquilla e molto piccola, ci sono tanti localini per mangiare e altrettanti negozi di souvenir…il turismo è arrivato anche qui ovviamente, ma noi godiamo ancora della “off season”, in questo periodo il villaggio è abitato solo da gente del luogo, noi siamo le uniche facce occidentali.
Prima di andare alla scoperta dei templi buddisti abbiamo ancora un task da svolgere, il più arduo da quando siamo arrivati in Cina…trovare un hotel!! Andiamo diretti a cercare l’ostello consigliato dalla Lonely Planet e…strano!!...lo troviamo chiuso. Torniamo nella strada principale che taglia il paese, in cui avevamo visto insegne di hotel, ma non c’è verso, non troviamo niente di aperto, niente che possa accogliere due viaggiatori così “intrepidi” da viaggiare fuori stagione. Alla fine troviamo l’unico hotel aperto, ovviamente il “Grand Hotel” in cui la receptionist, tra l’altro non molto interessata alle nostre richieste, ci spara un prezzo sconvolgente! Io e Marco ci guardiamo e in pochi secondi siamo già fuori, decidendo che abbiamo ancora le forze per trovare qualcosa di più economico, se poi il tentativo fallisce pagheremo questo hotel. Dopo pochi minuti, mentre siamo intenti a guardarci intorno per scovare hotel nascosti, una signora dalla faccia dolcemente tibetana ci fa dei cenni come per chiederci se stiamo cercando un posto per dormire. Dopo averle risposto di sì ci indica di seguirla…non ci pensiamo due volte. La signora ci porta a casa sua, dove ha due stanze disponibili tra cui possiamo scegliere e ci offre di restare a dormire per 100yuan (un buon affare!) quindi accettiamo di buon grado, non solo per l’economicità di questa soluzione, ma anche perché è proprio un posto in cui ogni tanto ci piace andare: una casetta tipica, abitata da gente del posto, coloratissima, in cui ci sentiamo di star facendo una esperienza in più rispetto allo stare in una normale stanza di albergo. Come sempre accade in queste occasione, ovviamente la stanza è fredda, il bagno è un capanno fuori alla casa con un buco al centro e la doccia non esiste…ma è un buon prezzo da pagare per provare a stare in mezzo a persone autentiche!

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Io e la signora tibetana

Portata a termine la missione, possiamo iniziare ad esplorare Langmusi e la sua aria monastica. Non abbiamo più molto tempo prima che faccia buio, ma le distanze sono così brevi che riusciamo ad avere un primo assaggio di questo villaggetto! Facciamo una passeggiata nel quartiere musulmano, da cui si vede il contrasto con il mondo tibetano nell’altra porzione di paese. Da qui ci dirigiamo verso uno dei due monasteri buddisti di Langmusi, anche se abbiamo evidenti problemi a capire quale è l’uno e quale è l’altro. Proviamo ad avvicinare un monaco per capire se siamo nella giusta strada ma scappa a testa bassa, come fosse spaventato da noi! Sinceramente non me l’aspettavo, avevo sempre letto che i monaci tibetani sono molto aperti alla condivisione con gli stranieri, mi viene quindi da pensare che forse sono stata io ad averlo approcciato nella maniera sbagliata…anche se non ho neanche avuto il tempo di “approcciarlo”! Superato lo smarrimento dell’accaduto proviamo a salire verso una costruzione che sembra un luogo di culto e li chiediamo ad un ragazzo se è il monastero che stavamo cercando, ma gentilmente ci indica un’altra direzione! Mentre riscendiamo dalla collina sentiamo il fruscio del vento che risuona in quel luogo così poco rumoroso. A evidenziare il fruscio del vento ci sono migliaia di pezzi di carta sparsi per terra per tutta la collina che al passare del vento si librano in aria. Ne raccogliamo uno e vediamo che ci sono delle raffigurazioni, molto probabilmente religiose, ma ancora non sappiamo decifrare nulla del mondo buddista…quanto sarebbe bello avere qualcuno con noi che ci possa spiegare tutti i nostri dubbi!
Sperando di carpire qualcosa di più, andiamo verso il monastero che ci ha indicato il ragazzo e, vedendo che tutto è chiuso, chiediamo timorosi ad un altro ragazzo lì davanti se possiamo entrare. Ci fa cenno di aspettare e dopo pochi minuti la porta del monastero si apre e un corteo composto dal ragazzo, un monaco, una donna e noi a chiudere le fila avanza verso l’interno. Il ragazzo porge a Marco un pezzo di stoffa bianca che poi il monaco gli indicherà di offrire alla statua di Buddha deponendolo sopra all’altare. L’interno del monastero è coloratissimo, ma il rosso è il colore che domina.

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Il porticato del tempio

Camminiamo in questo stanzone pieno di colonne e di pianali con cuscini che si trovano in mezzo alla sala. Seguendo il nostro piccolo corteo, giriamo in senso orario nella parte perimetrale della stanza, senza mai addentrarci in quella centrale, fino ad arrivare alla parete ricoperta di statue, raffigurazioni, altari con incensi. Ancora a bocca aperta, increduli di questa possibilità che ci è stata data e inconsapevoli di quello che abbiamo fatto, usciamo dal monastero e salutiamo le nostre “guide”. Siamo pieni di domande a cui vorremmo trovare delle risposte, ci rendiamo conto di aver fatto una cosa particolare ma non riusciamo a decifrarla!!

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I tetti dei templi

Con ancora la speranza e una voglia sempre maggiore di trovare le risposte, decidiamo di spingerci fino all’altro monastero, dall’altra parte del paese. Superiamo un gate dalle forme tipiche cinesi e entriamo nel mondo tibetano. In questa parte di villaggio ci sono solo monaci che vagano per le strade, entrano ed escono da edifici tutti in stile tibetano. Capire quale tra tanti edifici sia il monastero è impossibile! Capiremo poi che tutta quella zona è il monastero, composto dalle case dei monaci e da vari luoghi di preghiera e di istruzione.

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Il villaggio tibetano

Ogni tanto vediamo dei porticati lunghissimi con all’interno una miriade di cilindri di varie dimensioni, alcuni colorati e alcuni dorati, che i fedeli fanno girare su loro stessi uno ad uno. Su internet leggiamo che è un loro modo di pregare: i fedeli percorrono tutti i porticati in senso orario e ogni cilindro che fanno girare è come una preghiera detta!

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I cilindri di preghiera

L’edificio posto più in alto di tutti forse è il punto più religioso, in quanto uno stuolo di fedeli gira intorno alle sue mura incessantemente, fermandosi ogni tanto solo per prostrarsi dinnanzi al portone principale.
Questo mondo ci è totalmente nuovo e noi restiamo più del solito imbambolati a carpire qualsiasi segreto ci venga “svelato” dai gesti di quella gente. Siamo bramosi di sapere! L’edificio è però impenetrabile, proviamo a chiedere se è possibile visitarlo e crediamo di capire dai gesti di un ragazzo che il giorno dopo sarà aperto al pubblico. Scendiamo allora verso il centro del paese, perdendoci tra i porticati con i “cilindri che si girano” e proviamo anche noi a farli girare…chissà se così avremo anche la protezione di Buddha per questo viaggio!

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I cilindri sono di ogni dimensione

Prima di ritirarci a casa della nostra signora tibetana, andiamo a mangiare un boccone in un locale in cui nel pomeriggio ci eravamo fermati a prendere un tè. Il locale è rialzato ed è carinissimo, anche questo tutto colorato e frequentato quasi solo da monaci. Il proprietario, che ormai avevamo conquistato nel pomeriggio, ci serve una zuppa di carne e riso e ci offre una costosissima brocca di latte di yak, gratis per noi! Il latte di yak ha un sapore particolarissimo, con un retrogusto di tutte le erbe che lo yak si è mangiato!
E’ arrivata l’ora di coricarsi, le strade sono già tutte completamente buie e desolate (non ci sono molti lampioni) e la signora ci aspetta intrepida alla porta di casa…forse pensava ci fossimo persi! La stanza è gelata, non abbiamo il coraggio di metterci gli abiti da notte! Prima di tutto mettiamo sopra al letto qualsiasi coperta e piumone che troviamo nella stanza e poi con movimenti rapidi ci spogliamo con una gamba già sotto al piumone! Durante la notte dobbiamo coprirci la testa con il cappello in pile a causa degli spifferi di aria gelida!
Al mattino ripetiamo al contrario i movimenti rapidi per rivestirci e la signora ci invita a fare colazione nella sua stanza…in cui sembra di stare ai tropici!!! La signora c’aveva DUE stufe accese nella sua stanza di 5 m2 mentre noi tremavamo come foglie in quella degli ospiti!! Dal caldo che c’è mi devo anche allontanare dalla stufa dopo 10 minuti!!! Nella stanza oltre alla signora (che forse ha la mia stessa età, ma sembra abbia almeno 50 anni), c’è una signora più anziana (forse la madre?) e un bambino piccolissimo con la testa tutta rasata (forse il figlio?). Mentre noi beviamo il tè, la nostra padrona di casa si fa la toeletta del mattino: non riesco a toglierle gli occhi di dosso per studiare i suoi movimenti e le sue routine. Si lava la faccia con un panno e un catino di acqua riscaldata sulla stufa (acqua corrente non ce n’è), si lava i denti e si mette un’infinità di creme picchiettandosi sul viso con le dite, come a farsi un massaggio! Con Marco scrutiamo poi anche la stanza, è piccola, essenziale, ma c’è tutto: un piano rialzato in legno in cui ci sono due materassi ai lati e tra i due materassi un piccolo tavolo. Il piano quindi serve sia da letto sia da sala da pranzo. Il tavolo continua poi al di fuori del piano rialzato con una stufa, sopra alla quale c’è sempre almeno una pentola per scaldare acqua. Nella parete opposta c’è una credenza con piatti e pentole e un armadietto con tutti i prodotti da bagno. In un angolino c’è poi un comodino. Fantastico!! E noi immagazziniamo tutte le idee per la nostra futura casina…che, se continuiamo così, non avremo mai :P
Dopo colazione è tempo di fare un ultimo giro tra i monasteri tibetani prima di prendere l’autobus al pomeriggio per Xiahe. Riproviamo ad andare al monastero in cima alla collina dove ieri non siamo riusciti ad entrare: anche stamattina ci sono decine di persone che ci girano intorno in preghiera ma non c’è modo di accedere.

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Donne tibetane in preghiera

Arriva anche un pullman di fedeli che assalgono il monastero per compiere i loro riti, sono solo donne, di tutte le età, alcune con abiti più occidentali, altre con l’abito tipico tibetano, ma tutte coloratissime…e tutte munite di selfie stick! Speriamo che il monastero venga aperto per loro in modo da poterci imbucare, ma niente! Va beh, ci rinunciamo, e iniziamo a passeggiare per il monastero per cercare di scrutare qualche altro “segreto” della vita monastica buddista. Tra foto, riflessioni e domande che ancora ci poniamo la mattina passa e cominciamo quindi a riscendere in paese.

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Fedeli in pellegrinaggio

Prima di andare a riprendere gli zaini facciamo qualche spesuccia in un negozio di souvenir gestito da un monaco, compriamo le bandiere tibetane e la sciarpa come quella che ieri hanno fatto portare a Marco dentro al monastero per porgerla in dono a Buddha. Ci serve poi anche un laccetto per riparare il bracciale più importante di Marco che si sta rompendo, ne vediamo uno nel negozio e un altro monaco che nel frattempo è entrato nel negozio ci soffia sopra e ce lo porge. Non sappiamo cosa significa quel soffio, ma ci piace pensare che sia un gesto di buon augurio e siamo grati di ricerverlo…speriamo che ci aiuti a continuare il viaggio!
Contenti andiamo a mangiare e poi a riprendere gli zaini ed è l’ora di prendere l’autobus, ma un tassista ci ferma facendoci segno che l’autobus non c’è. Dapprima pensiamo che sia il solito stratagemma per farci prendere il costoso taxi verso la destinazione, ma quando vediamo la determinazione dell’uomo il dubbio che davvero non ci sia l’autobus ci prende. Portiamo allora il tassista verso il locale in cui abbiamo pranzato dato che il gestore parla inglese e ci traduce che siccome non c’era abbastanza domanda per questa tratta oggi l’autobus è stato cancellato…fantastico, e adesso?? Prendiamo il taxi ad una cifra folle? Restiamo un’altra notte a Langmusi e speriamo nell’autobus di domani? Una terza opzione inizia a farsi spazio nella mia testa…autostop!! Ho sempre sognato farlo!! Marco è d’accordo, alla fine ancora è presto quindi se non riusciamo ad ottenere nulla possiamo sempre tornare al paese e prendere il taxi. Ci diamo un’ora per provarci. Prendiamo un taxi fino alla statale (in paese è impossibile fare autostop, ci sono solo taxi), ma il tassista non si accontenta, ci vuole per forza vendere il passaggio fino a Xiahe, era partito da 500 yuan e poi sceso a 200. Siamo tentati di accettare perché andremo a spendere poco più che con l’autobus, ma vogliamo comunque divertirci un po’ e provare anche l’esperienza dell’autostop. Scendiamo e iniziamo a camminare sulla statale, ma il tassista ci insegue senza ritegno nonostante gli intimiamo non più gentilmente di andarsene. Riusciamo a fermare una macchina con due ragazzi che ci possono lasciare in un punto intermedio, stiamo per salire quando si avvicina alla macchina il tassista, dice qualcosa in cinese ai due ragazzi e magicamente loro cambiano idea e non vogliono più portarci…la rabbia mi sale istantaneamente e inizio ad urlargli di andarsene e lasciarci in pace!!! Lui rimane parcheggiato dall’altro lato della strada…adesso non me ne frega più niente della tariffa accettabile che ci ha fatto e se non troviamo nessun passaggio preferisco dare il doppio ad un altro taxi, ma lui non avrà nessun soldo da me!!!!
Proviamo ad allontanarci da lui, passano una decina di macchine ma nessuna si ferma, quando improvvisamente una si accosta, l’uomo ci dice che anche lui va a Xiahe e non vuole soldi…un sorriso pieno ci invade la faccia, ce l’abbiamo fatta…prima di salire un ultimo sguardo va al tassista che stava aspettando il nostro fallimento dall’altra parte della strada!

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Iscrizioni tibetane

 

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