Dal Vietnam alla Tailandia - 6 giorni di rotta verso Ovest

22 - 28 Giugno 2016

Siamo nel nord del Vietnam, tra le montagne, ed è giunta l’ora di fare la grande traversata verso Chiang Mai in Tailandia. Trasferimento che con gli aerei prenderebbe mezza giornata ma per come vogliamo farlo noi almeno cinque giorni. Da questa valle dove siamo infatti dobbiamo prendere un minibus per Ha Giang, che dista da qui solo 140km, ma su queste strade si traducono in 5-6 ore; poi un altro autobus per Lao Cai (altre 8 ore) dove speriamo di prendere un bus notturno per Dien Bien Phu, località scolpita nella storia recente di questo paese, ma per noi molto più semplicemente trampolino di lancio per Luang Prabang (altro autobus per almeno 12 ore). Dopo una giornata di meritato riposo dovrebbe quindi iniziare la risalita del mitico Mekong in barca per ben due giorni, con sosta per la notte in un villaggio lungo il percorso. Infine l’ultima tappa di 6 o 7 ore con arrivo a Chiang Mai. Credo che questa sia da considerare la prova più ardua che abbiamo dovuto affrontare a causa della nostra scelta di fare il viaggio tutto via terra. Ma è questo lo spirito che abbiamo voluto imporre al nostro tragitto: nessuna scorciatoia se non assolutamente necessaria alla continuazione. Ci dobbiamo vivere ogni km di questo cammino.

Ci svegliamo quindi alle 4 per prendere il primo minibus che collega Don Vang ad Ha Giang. Il nostro amico di qui ci ha detto che avrebbe chiamato l’autista per farci venire a prendere di fronte all’hotel ma noi ci fidiamo poco e andiamo lungo la strada come qualsiasi altro vietnamita che vuole prendere questi mezzi. Puntualissimi alle 5 sentiamo un motore rombante e subito ci viene incontro il nostro piccolo autobus. Scende l’aiutante dell’autista (ce n’è sempre uno in ogni minibus) ci prende gli zaini e ci imbarca anche a noi. La tipologia e il comfort di questi trasporti è sempre la stessa: spazio per le gambe assente e sovraffollamento ai limiti dell’inimmaginabile. Se condiamo il tutto con strade di montagna e deviazioni per andare a pescare possibili clienti nei paesini vicino la strada principale, il tutto diventa snervante. Ringraziando il cielo almeno stamattina non stiamo stretti come sardine quindi riusciamo a mettere le gambe un po’ in diagonale. Il viaggio dura 6 ore nelle quali dormire è praticamente impossibile; il guidatore è molto più prudente di quello dell’andata quindi abbiamo meno palpitazioni ma ovviamente ci mette anche un po’ più del previsto. Noi abbiamo l’altro autobus per Lao Cai alle 11 e speriamo di farcela: ogni tanto ci viene da sorridere pensando che partendo alle 5 e avendo da fare solo 140km possa esserci il rischio di non arrivare per le 11, ma qui è così.
Ci fermiamo anche una mezz’ora in una locanda per una bella zuppa di noodles alle 7 di mattina: oramai ci siamo abituati anche a questo (almeno io… Erika ha ancora qualche remora in proposito). Alle 10 vedendo che mancano ancora 30km all’arrivo provo a parlare con l’autista dicendogli gentilmente che noi dovremmo andare a Lao Cai con l’autobus delle 11. Fortunatamente funziona, lui pare prenderla come missione personale e inizia ad aumentare l’andatura come mai aveva fatto per le precedenti 5 ore. Ora le palpitazioni iniziamo ad avercele, ma comunque arriviamo sani e salvi e in tempo per la nostra “coincidenza”. Troviamo il nostro autobus (un altro minibus…) e proviamo a fare il biglietto ma la biglietteria ci dice che lo dobbiamo fare direttamente a bordo. Meno male che ci facciamo dire il prezzo perché ovviamente tentano di fregarci qualcosina, ma contrattando prima di salire riusciamo a pagare il giusto. Ci sediamo nei primi posti dietro il guidatore il che ci garantisce una libertà di movimento delle ginocchia che quasi ci commuove. In più c’è l’aria condizionata che funziona e delle tendine sui finestrini laterali che, seppur avendo visto tempi migliori, garantiscono un comfort da business class. Le strade anche sono molto più confortevoli fuori dalle montagne, se non fosse per 40 km di lavori in corso dei quali almeno 35 li facciamo su strada completamente sconnessa. Il viaggio quindi passa molto meglio del precedente e arriviamo a Lao Cai verso le 18. La vera sfida ora è trovare il night bus per Dien Bien Phu.
La stazione degli autobus è deserta e i pochi personaggi che sono all’esterno ci ispirano poca fiducia, oltre a non darci il minimo aiuto. Ci sono solo un paio di mototaxi che ci dicono che non è questa la stazione da cui partono i night-bus per Dien Bien Phu e che ovviamente loro ci porterebbero ma dobbiamo andare subito. A noi quando ci mettono fretta è il momento che dubitiamo e quindi decliniamo l’offerta e ci mettiamo a camminare verso la stazione dei treni, magari li ci sanno dare qualche informazione. Nel viale che percorriamo ci fermiamo anche a chiedere a qualche hotel o agenzia turistica ma tutti ci rimandano alla stazione degli autobus dalla quale proveniamo. Evidentemente ne sanno meno di noi.
Alla stazione dei treni nessuno ci sa dire niente, addirittura qualcuno ci dice che non esistono autobus per Dien Bien. Apposto. Io riesco a trovare un gestore di una guesthouse che parla più o meno inglese e che sembra disposto ad aiutarci, ma costui ci dice solamente il numero dell’autobus cittadino per andare all’autostazione fuori città: il n° 3 (sperando poi che VERAMENTE mi abbia capito). Mentre aspettiamo questo fantomatico autobus n° 3 Erika chiede anche a un tassista che all’inizio sembra il nostro uomo. Tira fuori sicuro il telefono e fa un paio di chiamate: finalmente qualcuno che ci aiuta!! Poi però fa come se non gli avessimo chiesto niente, si mette a parlare con un altro. E noi eravamo di fronte a lui!! Alla nostra richiesta se avesse novità ci risponde con la tariffa del taxi da qui a Dien Bien: mavaffanculo.
Siamo con i nervi a fior di pelle: ma possibile che nessuno possa aiutarci in questa cacchio di città?? Individuiamo poi un paio di ticket office di compagnie di autobus: entriamo nel primo che l’unica cosa che sa dire è il tanto amato “no, no, no” con la manina che rotea in aria, senza ulteriori spiegazioni; nel secondo un branco di ragazzotti ci dicono che ci portano con un minivan per 200000 Dong. Si, ma ci portano dove? All’autostazione (prezzo da furto) o a Dien Bien (prezzo troppo basso)?? Ovviamente l’inglese non aiuta. Non riusciamo a spiegarci, il tempo passa e noi non sappiamo veramente più cosa fare. Finalmente come un angelo, o come più probabilmente un lupo, si avvicina un ragazzo che ci spiega in un buon inglese che l’autobus è già partito e quindi se si vuole prenderlo occorre prendere un taxi e raggiungerlo in autostrada: circa una ventina di minuti. Ovviamente l’operazione è piuttosto costosa. Noi sperando di non aver capito chiamiamo anche il gestore della guesthouse a Don Vang che si offre di farci da traduttore ed effettivamente ci conferma tutta la storia. Ci conviene fermarci per la notte qui e domani mattina prendere il primo autobus: e indovina un po’ chi è che ha la guesthouse proprio a due passi?? Il nostro “angelo” o meglio il nostro “lupo”. Decidiamo di sentire quanto vuole e a sorpresa ci offre una stanza ad un prezzo molto conveniente. Decidiamo di affidarci a lui che ci può anche prenotare l’autobus per l’indomani mattina, anche in questo caso ad un prezzo accettabile. Lo zio, che ci viene presentato come il re dei venditori di biglietti degli autobus di tutta la città, gli dice che alle 6 dobbiamo esser pronti, quindi sveglia alle 5. Tutto quello che vuoi guarda.
Ci facciamo una doccia rilassante che ci scrolla via la delusione di non essere riusciti a prendere questo benedetto night-bus. Il tutto si traduce in un giorno di ritardo sulla tabella di marcia ma alla fine poco male. Forse se avessimo dato retta ai moto-taxi appena arrivati ci saremmo riusciti, ma con i “se” non si fa la storia. Preferisco avere come regola mentale che se non sono più che sicuro di dove voglio andare, non mi affido a un tipo a caso lungo la strada. E avanti così.
Nel frattempo ci accorgiamo che il piccolo problema che avevamo curato il giorno stesso della partenza e per tutta la prima settimana di viaggio si è ripresentato, ma ora non abbiamo i medicinali per curarlo, tra l’altro antibiotici. Ci preoccupiamo un po’ non essendo sicuri di poter risolvere questa situazione. Decidiamo di far lavorare la razionalità e provare comunque a procurarceli chiedendo alle farmacie il principio attivo nello stesso dosaggio delle medicine italiane. Scopriamo con nostro stupore che 1. Le farmacie qui in Vietnam sono aperte TUTTE fino a tardi 2. Conoscono benissimo il principio attivo di cui abbiamo bisogno ed hanno i farmaci generici che lo contengono nel giusto dosaggio 3. Gli frega una pippa della ricetta medica. In una sola parola: fantastico!
Giriamo un po’ di farmacie per diversi motivi: qualcuna ha finito il farmaco, qualcuna non ne ha abbastanza per le quantità che ci servono e ovviamente qualcuna ci chiede tre volte il prezzo reale. Riusciamo comunque a rifornircene di un numero sufficiente a coprire il periodo di cura e torniamo soddisfatti in hotel. Quello che ci era sembrato un problema insormontabile è stato spazzato via in un paio d’ore e questo ci regala spensieratezza e buon umore.
Alla reception troviamo solo il ragazzo dell’hotel che ci dice che possiamo tranquillamente svegliarci alle 7 che l’autobus ci sarà alle 8. Commentiamo che come al solito il Vietnam non si smentisce mai in fatto di programmazioni quantomeno approssimate e andiamo a letto. Non avevamo ancora idea che la saga era appena iniziata.
Alle 5 infatti sentiamo bussare violentemente alla porta, noi ancora dormivamo, avendo rimesso la sveglia, secondo le ultime disposizioni, alle 7. Ci alziamo di soprassalto e aprendo la porta troviamo la madre del ragazzo che con un gran sorriso ci dice “wake up, wake up!!”. Inutile cercare di fargli capire che il figlio ieri sera, quando lei non era presente, ci aveva detto un orario diverso. “wake up, wake up!!”. Commentiamo un “questi so scemi” e di corsa prepariamo gli zaini. Dopo 10 minuti scendo di sotto per cercare di parlare con il ragazzo in modo da essere sicuri (vana speranza) dell’orario ma incontro la madre che mi fa capire con qualche parola di essersi sbagliata e di tornare a dormire “seven, seven o’clock”. Ok, respiriamo, cerchiamo di non arrabbiarci.
A questo punto pensiamo che potremmo quasi andare a correre ma poi il pensiero di tirare fuori tutto dallo zaino di nuovo ci fa desistere e ci buttiamo a letto vestiti. Meno male! Dopo mezz’ora veniamo di nuovo svegliati di soprassalto da qualcuno che sembra voglia buttare giù la porta a pugni. Ci guardiamo increduli con Erika: staremo sognando dai, non ci posso credere. Apriamo e invece troviamo lo zio che visibilmente affannato ci dice “down down NOW!! autobus!!”. Allora “down NOW” un par de ciufoli (versione notevolmente edulcorata di quello che ho detto in quel momento), se ve sete bevuti il cervello non è colpa nostra, mo 5 minuti aspetta. Ovviamente tutto ciò detto in ternano stretto che non è proprio la lingua ufficiale del Vietnam. Comunque il messaggio passa e l’autobus (altro minibus scassato) aspetta. Paghiamo allo zio il biglietto, lui ovviamente se ne tiene una buona parte e dà il resto all’autista. Ma pur di andarsene da questa città stamattina pure un taxi prenderei.
Da Lao Cai la strada sale verso Sapa, famosissima località turistica delle montagne del Vietnam, che noi abbiamo volutamente evitato dopo i racconti di altri ragazzi che c’erano stati. I sentieri sono così pieni di gruppi organizzati che alla fine questi si uniscono fino a creare un unico indistinto serpentone di persone, come formiche, sul fianco delle montagne. Niente a che vedere con i nostri giorni a Don Vang!!
Le vallate che attraversiamo sono bellissime ma la strada cosi grande, qualche cartellone pubblicitario di troppo e più di un paio di edifici arditi rovinano la sensazione di genuinità che ha reso tanto famosa questa località. Da un certo punto di vista gli “scempi” che si vedono qui e la completa alterazione della cultura locale dovuta all’arrivo di moltitudini di turisti, sono in qualche modo giustificate dalla sicurezza che almeno tutto questo sia concentrato, lasciando al resto di questa stupenda regione, la sua autenticità e non contaminazione. Passiamo anche dentro al paesino che però non ci regala nessuna emozione particolare.
Il viaggio prosegue poi lento tra qualche scorcio ancora degno di nota fino a Lai Chau dove ci viene detto di scendere per cambiare minivan con l’assicurazione di un “no money, no money”. Speriamo!
Ci prendiamo un tè e ripartiamo per un altro lunghissimo spostamento, senza particolari emozioni, fino a Dien Bien Phu dove arriviamo alle 16.
Sentiamo il costo di un paio di guesthouse per poi tornare alla prima, meno costosa di tutte. Facciamo subito anche il biglietto diretto per Luang Prabang in modo di esser certi di riuscire ad arrivare la sera di domani, L’altra opzione di dirigersi ad una città intermedia in Laos, seppur più economica secondo la Lonely Planet, non ci dava le dovute sicurezze dopo due giorni di viaggio.
Prima di cena ci andiamo a sgranchire un po’ le gambe tra le stradine di questa piccola cittadina, posta in una grande vallata pianeggiante, dove nel 1954 le truppe francesi subirono la sconfitta che portò alla fine della loro avventura coloniale in Indocina. Una grandissima vittoria per Ho Chi Min e il generalissimo Giap, ricordata da un modesto (ironico) quanto piccolo (molto ironico) monumento su di una collina che domina il centro. Ci prendiamo anche il nostro ultimo Cafè Sua Da, l’iced coffee che ci ha accompagnato nel viaggio in questa particolarissima terra, così vicina alla Cina nelle tradizioni ma con un suo spirito così indipendente che ha tramutato in odio questa contiguità (va detto che forse anche i 1000 anni di dominazione potrebbero aver contribuito ad acuire il sentimento negativo). Mangiamo un “dimenticabile” riso con carne e verdure e andiamo a dormire.
Partiamo da Dien Bien alle 7 in un altro piccolo minibus pieno all’inverosimile e in un paio d’ore siamo al confine. L’uscita dal Vietnam è veloce e senza intoppi il Laos invece ci fa penare qualcosa in più. Come arriviamo alle modeste casupole che segnano la dogana laotiana iniziano a susseguirsi tasse, pagamenti e balzelli che superano il comune concetto di ridicolo. Ai primi siamo sufficientemente abituati: tassa turistica 2$, service fee 1,5$ (2$ di domenica), servizio fototessera 5$ (noi l’avevamo), oltre i 35$ per il visto. Quindi paghiamo, compiliamo moduli e arriviamo in fondo velocemente. Manca solo il timbro nel passaporto. Io sono davanti, il serioso militare allo sportello mi chiede altri 2 dollari. Mi giro verso Erika scuotendo la testa chiedendogli questi ulteriori soldi (lei aveva la valuta locale nel portafoglio), li do al militare e ottengo indietro il passaporto. Anche lei prepara i soldi ma prima di avvicinarsi mi dice “Io gli devo chiedere per cosa sono questi”, si accosta e dopo essersi sentita rispondere svogliatamente “stamp service fee” (tassa per il timbro), considerando che nessun cartello lo annunciava, e che in 10 dogane non avevamo mai sentito nulla del genere, tutta la frustrazione accumulata in Vietnam (sentirsi trattati come portafogli ambulanti) arriva di nuovo al culmine e dandogli i soldi Erika mostra apertamente tutto il suo disappunto. Di tutta risposta il militare gli lancia indietro i due dollari e mette via il suo passaporto. Erika a questo punto cerca di dirgli pacatamente di prendere la banconota e farsi ridare il passaporto ma non c’è verso. Nel frattempo arriva tutta la coda di turisti e locali del nostro minibus che, venuti a conoscenza della storia, pagano come pecore con i migliori ossequi e passano indenni. Solo una coppia dalla repubblica ceca, anche loro stanchi di tutta questa corruzione, provano a chiedere una ricevuta del pagamento (come per la tassa turistica ad esempio) e per tutta risposta anche a loro viene trattenuto il passaporto. Figli di grandissima buona donna. Periodicamente torniamo allo sportello cercando di farci ridare sto benedetto passaporto ma senza risultato. Dopo una mezz’ora viene ridato, dietro pagamento, il passaporto ai ragazzi cechi, ma ad Erika no. Oramai il suo gesto è stato visto come un grave affronto: la vostra corruzione è invece legittima vero?
Attendiamo, parliamo anche con l’aiutante autista che prova a fare da mediatore, l’autobus infatti ci sta aspettando per ripartire, ma non serve. Alla fine Sua Grazia si ricorda della sua immensa magnanimità e dopo aver preso i soldi ci dà indietro il passaporto: spero che ti vadano tutti in medicine.
Erika è decisamente su di giri e per calmarla ci metto una buona mezz’ora, nel frattempo l’autobus riprende la sua corsa.
Ci fermiamo a pranzo a Muang Khua dove chi ha scelto solo la tratta intermedia scende, quindi nell’autobus rimaniamo in pochi. Mangiamo per l’ultima volta piatti vietnamiti, in quanto il locale è gestito chiaramente da una famiglia proveniente dall’altra parte del confine.
Il viaggio prosegue poi per tutto il pomeriggio, a tratti sembra di non sentire più le gambe da quanto tempo siamo seduti. Si riesce a malapena a dormire su questi sedili così striminziti. Arriviamo a Luang Prabang alle 21e30, prendiamo un tuk tuk per il centro e ci dirigiamo verso la guesthouse dove ci eravamo trovati benissimo l’ultima volta. Un cartello “FULL” alla reception ci invita però a non entrare. Oggi non ce ne dice bene una!
Ne troviamo un'altra con una stanza libera nello stesso vicolo, poco più in giù. Andiamo a mangiare della carne arrosto al night market e poi una bella crepe alla nutella per rifarci della giornata pesante.
Il giorno seguente ce lo prendiamo di riposo, girando per le vie di questa splendida piccola cittadina, facendo qualche piccola compera, cercando una scuola di cucina per la sera (senza riuscirci) e rilassandoci in qualche locale del centro. Compriamo anche i biglietti per i due trasferimenti in barca dei prossimi giorni e facciamo spesa per pranzi, in quanto non compresi, non essendo queste delle crociere bensì il servizio pubblico Luan Prabang – Pakbeng e Pakbeng – Houxay. A cena ci coccoliamo un po’ e andiamo in uno dei migliori ristoranti per una seratina romantica che difficilmente dimenticheremo. Dopo cena come degno saluto al Laos, una bella Laobeer e una crepe alla nutella al night market.

Luang Prabang Temples
Un ultimo giro tra i templi di Luang Prabang

 

Luang Prabang Temples
Un sacro scorcio

 

Luang Prabang Temples
Arrivederci Laos!

La mattina un tuk-tuk ci porta al molo da cui partono queste long-boat che risalgono il Mekong, distante qualche kilometro dal centro.

Luang Prabang Tuk Tuk
Mezzi di trasporto esotici!

Saliamo e nonostante quello che avevamo letto su internet la barca non è sovraffollata e soprattutto i sedili sono molto comodi e non panche di legno come da qualcuno descritto. I vantaggi di viaggiare in bassa stagione.

Mekong Cruise
Una traversata rilassante!

Pur essendoci solo l’essenziale, nel viaggio in barca il comfort è decisamente più elevato. Vuoi per la mancanza di curve o buche nella strada, vuoi per la possibilità di alzarsi e sgranchirsi le gambe, vuoi per la presenza del bagno non si accusano tutte quei piccoli inconvenienti che invece rendono duro un viaggio in autobus. Inoltre la velocità molto più bassa e l’assenza di finestrini ti fanno godere il paesaggio con un altro spirito. E che paesaggio!! Questo grande fiume carico d’acqua che ha già attraversato o lambito 4 paesi, dà vita a un microcosmo sulle sue rive traboccante di vita, tra continui villaggi, piccole coltivazioni, bufali d’acqua, uccelli e una lussureggiante, straripante vegetazione (dove l’uomo non è arrivato con le motoseghe…).

Mekong Cruise
Il nostro punto fermo: il Mekong!

Ogni tanto una piccola imbarcazione coloratissima ci supera a tutta velocità: sono le cosiddette speed boat. In un giorno ti possono far fare il tragitto Luang Prabang – Houxay ma a rischio della vita. La Lonely planet sconsiglia vivamente di servirsi di questi mezzi e a vederli in azione si capisce il perché: la sensazione di precarietà è palpabile. In più i caschi integrali che i guidatori indossano non fanno presagire nulla di buono.
Il nostro viaggio scorre invece lento ma ce lo gustiamo e arriviamo verso le 18 a Pakbeng.

Pakbeng
La prima sosta

Qui una decina di gestori di guesthouse ci aspettano “famelici” al molo. Una ragazza mi avvicina e ci propone una camera ad un ottimo prezzo; gli diciamo che senza impegno la andiamo a vedere volentieri. Lei ci carica sul camioncino del padre che parte subito in direzione della guesthouse: che servizio!
La camera è pulita e tanto ci basta: la prendiamo! A cena dopo una lunga passeggiata con una BeerLao in mano ci fermiamo in un ristorante indiano per cambiare un po’ sapori. Niente di che.
La mattina seguente, dopo una colazione con cornetto al cioccolato e cappuccino, alle 8e30 riprendiamo la barca per altre 10 ore di navigazione. Lo spettacolo sulle rive è simile a quello del giorno precedente ma a noi non dispiace rilassarci guardando distrattamente questo fiume, che ci ha accompagnato per così tanto tempo, scorrere sotto di noi.

Mekong Cruise
In contemplazione della bellezza

Poco prima di arrivare a destinazione il Mekong diventa la linea di confine tra la Tailandia e il Laos ed è qui che si manifesta tutta la grande diversità dei due paesi. Dietro una grande curva, improvvisamente appare una enorme bandiera Tailandese, spuntano costruzioni moderne, prati curatissimi si stendono sulle rive, grandi argini di pietre sono eretti nei tratti più esposti all’erosione. E poi auto, barche e persone. Questo sulla riva sinistra. Sulla destra invece la vita continua lenta, placida, secondo un altro ritmo ma, al contrario di qualche decennio fa, con il desiderio di emulazione per quella vita così “moderna” di là del fiume. Tanto che oggi il famoso dubbio di Terzani “su quale sponda la felicità?” ha più poco senso in quanto oramai entrambe le sponde sono sullo stesso binario, solo a stadi diversi di evoluzione. Il Laos, come tutta l’Asia, ha perso la scommessa di trovare una sua via allo sviluppo, mettendosi sulla strada del modello occidentale. Ma ora trovandosi qui e potendo guardare simultaneamente queste due sponde una piccola stretta al cuore viene. Sì, perché anche non rinnegando il progresso umano e non volendo fare del facile sentimentalismo quella sponda destra è così meravigliosamente intatta e perfetta nella suo modo di essere selvaggia.

Mekong Cruise
Secondo giorno sul Mekong

Questi pensieri vengono rapidamente interrotti dall’arrivo al molo di Houxay. Qui ci attendono una decina di tuk-tuk che subito ci informano che siamo lontani dal centro città ma che loro possono portarci. Noi controlliamo sul telefono e verifichiamo che sono un paio di kilometri. Assolutamente alla nostra portata quindi salutiamo tutti e ci incamminiamo. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto troviamo anche una guesthouse di recente apertura che ha camere a un prezzo ottimo. Ci facciamo una bella passeggiata lungo il fiume, troviamo un trasporto per Chiang Mai, ceniamo e andiamo a dormire.
L’indomani partiamo presto e ci dirigiamo in frontiera, qui tutto va liscio e in poco tempo siamo al di là del “ponte dell’amicizia” con altri 30 giorni di visto: proprio quello che ci serviva.

Laos-Thailand border
Ci mancherai Mekong!

 

Thailand 7 Eleven
Le certezze della Tailandia: il 7 Eleven!!

Un minivan ci aspetta subito oltre il confine e con un servizio da prima classe in poco più che 6 ore ci porta a Chiang Mai. Oramai ci accorgiamo che per noi 6 ore di spostamento in mezzi di fortuna sono quasi la normalità mentre prima 4 ore su un freccia rossa impazzivamo: il cambio di prospettiva.
A Chiang Mai l’autista ci lascia poco fuori le mura della porta est, mentre il nostro albergo, prenotato su booking, è all’angolo sud-est, il che si traduce in un altro paio di km a piedi con gli zaini, ma noi mica siamo femminucce!! Arriviamo stanchi e provati, non dalla recente camminata, quanto dai 6 giorni trascorsi per raggiungere questa camera d’albergo. Ora il piano è quello di riposarci, annoiarci, rilassarci per 6 giorni, prima di intraprendere il cammino del corso di meditazione. Non abbiamo voglia di vedere nulla, dobbiamo prenderci una pausa dall’essere viaggiatori: vogliamo costruirci la nostra routine e questo sembra un posto perfetto per farlo. La ragazza che gestisce la guesthouse e il suo boyfriend ci fanno sentire come a casa e a parte qualche zanzara di troppo ci troviamo subito a nostro agio.

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